«I due filosofi che influenzarono in modo decisivo gli inizi della teoria critica furono Schopenhauer e Marx». Così Max Horkheimer nello scritto del 1969 dal titolo Teoria critica ieri ed oggi. Qualche tempo prima, ripubblicando col titolo Teoria critica i suoi contributi apparsi sulla «Zeitschrift für Sozialforschung» prima della guerra, aveva dichiarato: «Il pessimismo metafisico, momento implicito di ogni pensiero materialistico genuino, mi è sempre stato familiare. Il mio primo contatto con la filosofia lo devo all’opera di Schopenhauer; il rapporto con la dottrina di Hegel e Marx, la volontà di comprendere e di modificare la realtà sociale, non hanno – nonostante il contrasto politico – cancellato l’esperienza che ho tratto dalla sua filosofia». Queste due affermazioni di Horkheimer consentono di rimettere in discussione l’interpretazione tradizionale secondo la quale l’influsso di Schopenhauer sarebbe circoscritto all’ultima fase del pensiero horkheimeriano e l’approdo a Schopenhauer sarebbe l’esito di un ripiegamento pessimistico, successivo alla catastrofe del nazifascismo e della guerra. Secondo questa interpretazione, dopo Auschwitz, dopo la bomba atomica e a partire dalla Dialettica dell’Illuminismo, Horkheimer, preso atto del fallimento di tutte le speranze rivoluzionarie, si sarebbe rifugiato in una sorta di rivisitazione del lukacsiano Grand Hotel Abgrund, rassegnandosi a contemplare «la vista giornaliera dell’abisso, fra piacevoli festini e produzioni artistiche». E addirittura, secondo alcuni interpreti, avrebbe spinto la propria autocritica fino ad operare una sorta di conversione ed approdare, infine, ad una «fase tardo-religiosa» Ben diversa è, invece, la ricostruzione offerta dal discepolo di Horkheimer Alfred Schmidt, il quale ha sostenuto la tesi secondo la quale il ruolo svolto da Schopenhauer non è limitato soltanto all’ultima produzione di Horkheimer, ma è fondamentale sin dagli anni della sua formazione intellettuale ed è decisivo finanche nella formulazione dell’idea stessa della teoria critica. Ha scritto Schmidt: «Critica è la teoria di Horkheimer, in quanto vede nel materialismo storico non una Weltanschauung definitiva, ma la denuncia di uno stato – da superarsi – in cui gli uomini invece di plasmare coscientemente i loro rapporti economici, si lasciano degradare a ciechi organi di esecuzione. Critica – e questo viene ancora più raramente riconosciuto – è poi in quanto essa con Schopenhauer coraggiosamente afferma che la specie umana, quand’anche fosse più sapientemente organizzata, rimane ancorata ad una radicale finitezza: essa è qualche cosa di misero nel cosmo»6. Lo stesso Schmidt ha messo in evidenza come questa tesi sia oggi avvalorata e rafforzata dallo studio degli scritti giovanili di Horkheimer e dei materiali d’archivio ancora in gran parte inediti, sulla base dei quali emerge sempre più che «nel pensiero di Horkheimer la dottrina della volontà di Schopenhauer rappresenta il malum metaphysicum, il materialismo storico il malum physicum».

Il male fisico e il male metafisico. Max Horkheimer: un eretico della Scuola di Schopenhauer

Domenico Fazio
2023-01-01

Abstract

«I due filosofi che influenzarono in modo decisivo gli inizi della teoria critica furono Schopenhauer e Marx». Così Max Horkheimer nello scritto del 1969 dal titolo Teoria critica ieri ed oggi. Qualche tempo prima, ripubblicando col titolo Teoria critica i suoi contributi apparsi sulla «Zeitschrift für Sozialforschung» prima della guerra, aveva dichiarato: «Il pessimismo metafisico, momento implicito di ogni pensiero materialistico genuino, mi è sempre stato familiare. Il mio primo contatto con la filosofia lo devo all’opera di Schopenhauer; il rapporto con la dottrina di Hegel e Marx, la volontà di comprendere e di modificare la realtà sociale, non hanno – nonostante il contrasto politico – cancellato l’esperienza che ho tratto dalla sua filosofia». Queste due affermazioni di Horkheimer consentono di rimettere in discussione l’interpretazione tradizionale secondo la quale l’influsso di Schopenhauer sarebbe circoscritto all’ultima fase del pensiero horkheimeriano e l’approdo a Schopenhauer sarebbe l’esito di un ripiegamento pessimistico, successivo alla catastrofe del nazifascismo e della guerra. Secondo questa interpretazione, dopo Auschwitz, dopo la bomba atomica e a partire dalla Dialettica dell’Illuminismo, Horkheimer, preso atto del fallimento di tutte le speranze rivoluzionarie, si sarebbe rifugiato in una sorta di rivisitazione del lukacsiano Grand Hotel Abgrund, rassegnandosi a contemplare «la vista giornaliera dell’abisso, fra piacevoli festini e produzioni artistiche». E addirittura, secondo alcuni interpreti, avrebbe spinto la propria autocritica fino ad operare una sorta di conversione ed approdare, infine, ad una «fase tardo-religiosa» Ben diversa è, invece, la ricostruzione offerta dal discepolo di Horkheimer Alfred Schmidt, il quale ha sostenuto la tesi secondo la quale il ruolo svolto da Schopenhauer non è limitato soltanto all’ultima produzione di Horkheimer, ma è fondamentale sin dagli anni della sua formazione intellettuale ed è decisivo finanche nella formulazione dell’idea stessa della teoria critica. Ha scritto Schmidt: «Critica è la teoria di Horkheimer, in quanto vede nel materialismo storico non una Weltanschauung definitiva, ma la denuncia di uno stato – da superarsi – in cui gli uomini invece di plasmare coscientemente i loro rapporti economici, si lasciano degradare a ciechi organi di esecuzione. Critica – e questo viene ancora più raramente riconosciuto – è poi in quanto essa con Schopenhauer coraggiosamente afferma che la specie umana, quand’anche fosse più sapientemente organizzata, rimane ancorata ad una radicale finitezza: essa è qualche cosa di misero nel cosmo»6. Lo stesso Schmidt ha messo in evidenza come questa tesi sia oggi avvalorata e rafforzata dallo studio degli scritti giovanili di Horkheimer e dei materiali d’archivio ancora in gran parte inediti, sulla base dei quali emerge sempre più che «nel pensiero di Horkheimer la dottrina della volontà di Schopenhauer rappresenta il malum metaphysicum, il materialismo storico il malum physicum».
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