Il contributo offre un resoconto ragionato e interpretativo del grande convegno internazionale «La mente di Dante. Visioni, percezioni e rappresentazioni», svoltosi nell’autunno del 2021 presso l’Università del Salento, patrocinato e finanziato dal Consiglio della Regione Puglia e di cui lo scrivente ha coordinato l’organizzazione. Vi si mostra come il rapporto fra i saperi, da Dante convocati ed esplorati a difesa di un passato immaginario e che viene raffrontato a quel che il poeta stimava lo sfacelo della contemporaneità, sia un rapporto dinamico, onde anche tutte le relazioni dei convegnisti e il dibattito suscitato hanno avuto carattere trasversale. Non sorprende pertanto che, per esempio, alle relazioni dei filosofi rispondessero domande e integrazioni soprattutto di italianisti o a quelle dei giuristi facessero sponda, nel dibattito, gli storici. In effetti questa unità, in un costante dialogo interno e multicamerale, era già nella mente di Dante: chi studia oggi Dante non fa che mimarla interpretandola. Il sottotitolo del convegno del resto alludeva a un occhio della mente, rinnovatore per sé per gli altri, per la posterità che copre un arco ormai di settecento anni: un occhio quindi dell’opera, uno sguardo che crea la propria poesia ma anche un terzo occhio che quest’ultima ha procurato a noi lettori. Ogni tradizione ricevuta si fa, in Dante, bifida, si sdoppia e si complica, rimpalla su un altro sapere per trovare specchio e coerenza superiore e insomma rende costantemente meticcia la parola del maggior poeta dell’Occidente.

La mente di Dante. Bilancio di un convegno internazionale di studi

Valter Leonardo Puccetti
2023-01-01

Abstract

Il contributo offre un resoconto ragionato e interpretativo del grande convegno internazionale «La mente di Dante. Visioni, percezioni e rappresentazioni», svoltosi nell’autunno del 2021 presso l’Università del Salento, patrocinato e finanziato dal Consiglio della Regione Puglia e di cui lo scrivente ha coordinato l’organizzazione. Vi si mostra come il rapporto fra i saperi, da Dante convocati ed esplorati a difesa di un passato immaginario e che viene raffrontato a quel che il poeta stimava lo sfacelo della contemporaneità, sia un rapporto dinamico, onde anche tutte le relazioni dei convegnisti e il dibattito suscitato hanno avuto carattere trasversale. Non sorprende pertanto che, per esempio, alle relazioni dei filosofi rispondessero domande e integrazioni soprattutto di italianisti o a quelle dei giuristi facessero sponda, nel dibattito, gli storici. In effetti questa unità, in un costante dialogo interno e multicamerale, era già nella mente di Dante: chi studia oggi Dante non fa che mimarla interpretandola. Il sottotitolo del convegno del resto alludeva a un occhio della mente, rinnovatore per sé per gli altri, per la posterità che copre un arco ormai di settecento anni: un occhio quindi dell’opera, uno sguardo che crea la propria poesia ma anche un terzo occhio che quest’ultima ha procurato a noi lettori. Ogni tradizione ricevuta si fa, in Dante, bifida, si sdoppia e si complica, rimpalla su un altro sapere per trovare specchio e coerenza superiore e insomma rende costantemente meticcia la parola del maggior poeta dell’Occidente.
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