Questo lavoro ricostruisce le vicende che nel corso dell’800 hanno interessato l’amministrazione di Galatina, grosso centro rurale dell’antica provincia di Terra d’Otranto in cui funge da snodo commerciale e produttivo per la sua centralità geografica rispetto ai circuiti locali dello scambio e per le attività economiche, agricole e manifatturiere svolte da una popolazione in continua crescita. Fino al primo quindicennio postunitario, a Galatina le persone che contano, dal punto di vista economico, politico e sociale, sono poche, formano una élite chiusa che fonda prestigio e potere sul patrimonio fondiario e che governa su un sistema sociale bloccato, in cui non ha grosse difficoltà a contenere, utilizzando i meccanismi classici del paternalismo e del clientelismo, i tentativi di disarticolazione e ricomposizione dei fronti politici e sociali. Ma tra il 1861 e il 1876, le crescenti spinte provenienti dagli emergenti gruppi della borghesia imprenditoriale e delle professioni, rafforzate anche dagli impulsi dei processi di riconversione colturale che stanno fungendo da potenti catalizzatori della modernizzazione, cominciano a provocare profonde incrinature in questo microcosmo chiuso, arroccato nella difesa dei suoi equilibri sociali ed economici e poco permeabile alle sollecitazioni esogene. A metà anni Settanta, l’espansione delle attività manifatturiere e commerciali congiunta all’autonomizzazione degli strati medi della società galatinese rispetto all’influenza e agli interessi del tradizionale patriziato cittadino promuovono al ruolo di classe politica e di governo uomini nuovi, che porteranno al superamento dell’unanimismo politico, all’affermazione di una più dinamica dialettica politico-amministrativa e al superamento della concezione privatistica delle istituzioni municipali, preannunciando la forma di un apparato di governo locale efficiente e produttivo, capace di organizzare in senso sempre più urbano e moderno l’agrotown.

Galatina. Governo e trasformazioni di un'agrotown nel Mezzogiorno ottocentesco

Michele Romano
2021-01-01

Abstract

Questo lavoro ricostruisce le vicende che nel corso dell’800 hanno interessato l’amministrazione di Galatina, grosso centro rurale dell’antica provincia di Terra d’Otranto in cui funge da snodo commerciale e produttivo per la sua centralità geografica rispetto ai circuiti locali dello scambio e per le attività economiche, agricole e manifatturiere svolte da una popolazione in continua crescita. Fino al primo quindicennio postunitario, a Galatina le persone che contano, dal punto di vista economico, politico e sociale, sono poche, formano una élite chiusa che fonda prestigio e potere sul patrimonio fondiario e che governa su un sistema sociale bloccato, in cui non ha grosse difficoltà a contenere, utilizzando i meccanismi classici del paternalismo e del clientelismo, i tentativi di disarticolazione e ricomposizione dei fronti politici e sociali. Ma tra il 1861 e il 1876, le crescenti spinte provenienti dagli emergenti gruppi della borghesia imprenditoriale e delle professioni, rafforzate anche dagli impulsi dei processi di riconversione colturale che stanno fungendo da potenti catalizzatori della modernizzazione, cominciano a provocare profonde incrinature in questo microcosmo chiuso, arroccato nella difesa dei suoi equilibri sociali ed economici e poco permeabile alle sollecitazioni esogene. A metà anni Settanta, l’espansione delle attività manifatturiere e commerciali congiunta all’autonomizzazione degli strati medi della società galatinese rispetto all’influenza e agli interessi del tradizionale patriziato cittadino promuovono al ruolo di classe politica e di governo uomini nuovi, che porteranno al superamento dell’unanimismo politico, all’affermazione di una più dinamica dialettica politico-amministrativa e al superamento della concezione privatistica delle istituzioni municipali, preannunciando la forma di un apparato di governo locale efficiente e produttivo, capace di organizzare in senso sempre più urbano e moderno l’agrotown.
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