La zona di confine tra il Regno di Sicilia e lo Stato della Chiesa era nel Medioevo una vera e propria ‘fabbrica dei santi’ dove operavano dei personaggi della levatura di san Benedetto, di san Tommaso d’Aquino o di san Bernardino da Siena, per non fare che pochi esempi. Escludendo i culti importati, possiamo enumerare una quarantina di beati, santi, o delle persone considerate come tali, che hanno vissuto e agito in queste terre. Questa proliferazione di culti e di tradizioni agiografiche scaturiva da tre circostanze. Per primo, le terre di confine, per una gran parte deserte e spopolate, attiravano un considerevole numero di eremiti e movimenti eremitici, ma interessa- vano anche le congregazioni monastiche, il che spiega la presenza di molti santi e beati eremiti e di santi fondatori di abbazie. Per secondo, vi fu un numero piuttosto consistente di centri abitati di piccole e medie dimensioni, alla ricerca di un’affermazione e di un santo patrono. Infine, per terzo, troviamo in questo territorio, che era anche una zona di passaggio dall’Italia centrale verso il Mezzogiorno, un certo numero di ‘santi viaggiatori’, tra cui un gruppo di pellegrini o crociati inglesi. Abbiamo a che fare, nel nostro caso, con un modello particolare di ‘santità di frontiera’ che si distingue da quello tradizionale proposto dagli specialisti della Reconquista iberica. Nel nostro caso, i santi avevano da svolgere il ruolo di costruttore e di pacificatore in una società violenta e conflittuale. Pertanto, il caso dei santi e beati e dei loro culti, diffusi in entrambi i lati della frontiera, è anche una prova della non impermeabilità del confine tra il Regno e lo Stato della Chiesa.

La santità di frontiera: i culti dei santi e beati sul confine tra il Regno di Sicilia e lo Stato della Chiesa

Toomaspoeg K.
2022-01-01

Abstract

La zona di confine tra il Regno di Sicilia e lo Stato della Chiesa era nel Medioevo una vera e propria ‘fabbrica dei santi’ dove operavano dei personaggi della levatura di san Benedetto, di san Tommaso d’Aquino o di san Bernardino da Siena, per non fare che pochi esempi. Escludendo i culti importati, possiamo enumerare una quarantina di beati, santi, o delle persone considerate come tali, che hanno vissuto e agito in queste terre. Questa proliferazione di culti e di tradizioni agiografiche scaturiva da tre circostanze. Per primo, le terre di confine, per una gran parte deserte e spopolate, attiravano un considerevole numero di eremiti e movimenti eremitici, ma interessa- vano anche le congregazioni monastiche, il che spiega la presenza di molti santi e beati eremiti e di santi fondatori di abbazie. Per secondo, vi fu un numero piuttosto consistente di centri abitati di piccole e medie dimensioni, alla ricerca di un’affermazione e di un santo patrono. Infine, per terzo, troviamo in questo territorio, che era anche una zona di passaggio dall’Italia centrale verso il Mezzogiorno, un certo numero di ‘santi viaggiatori’, tra cui un gruppo di pellegrini o crociati inglesi. Abbiamo a che fare, nel nostro caso, con un modello particolare di ‘santità di frontiera’ che si distingue da quello tradizionale proposto dagli specialisti della Reconquista iberica. Nel nostro caso, i santi avevano da svolgere il ruolo di costruttore e di pacificatore in una società violenta e conflittuale. Pertanto, il caso dei santi e beati e dei loro culti, diffusi in entrambi i lati della frontiera, è anche una prova della non impermeabilità del confine tra il Regno e lo Stato della Chiesa.
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