Lo sviluppo di doline da crollo nelle aree carsiche costiere ha un impatto significativo sull’ambiente naturale ed antropico determinando non solo cambiamenti nelle morfologie ma anche danni ingenti alle cose ed alle persone. Il Salento (Puglia meridionale) è un territorio che, in quanto costituito da rocce prevalentemente carbonatiche, è da sempre interessato da fenomeni di sprofondamento (sinkhole) i quali si manifestano solitamente con cedimenti improvvisi. Tra le zone più colpite vi è sicuramente quella adriatica leccese, compresa tra l’area delle Cesine a Sud e Casalabate a Nord: una fascia costiera estesa circa 35 km, caratterizzata da spiagge sabbiose di limitata estensione, delimitate lateralmente da piccoli promontori rocciosi e, nell’entroterra, da un sistema di dune, ampiamente erose dall’azione del mare e dalle attività antropiche. Questi sistemi di dune separano l’ambiente della spiaggia da vaste zone umide che occupano bassi morfologici più o meno stretti, allungati circa parallelamente alla linea di costa ed impostati in corrispondenza di depressioni tettoniche del substrato roccioso. Le aree umide sono state oggetto di interventi di bonifica svolti nella prima metà del secolo scorso e aventi l’obiettivo di debellare la malaria e restituire suolo utile per l’agricoltura. Negli anni 1960, e soprattutto nei decenni 1970 e 1980, queste aree, come tutte quelle costiere, sono state oggetto di un incontrollato sviluppo edilizio che ha portato a mascherare praticamente quasi del tutto le originarie depressioni. Il paesaggio originario è stato quindi frammentato e testimonianze delle aree umide presenti nei primi anni del 1900 si ritrovano esclusivamente in lembi variamenti estesi delle Cesine, di Acquatina e del Parco Regionale “Bosco e Paludi di Rauccio”. Le aree colmate sono invece sedi di allagamenti e dissesti che interessano anche l’edificato, con particolare riferimento a Casalabate, Torre Rinalda, Spiaggiabella e Torre Chianca. In questo lavoro si riportano i risultati preliminari di uno studio in atto sul bacino di Acquatina di Frigole (IT9150003), un sito di importanza comunitaria (SIC) dove negli ultimi 15 anni si sono formate numerose depressioni, il cui processo evolutivo è ancora in atto. Il bacino di Acquatina costituisce quindi un eccezionale laboratorio dove monitorare tali fenomeni e sviluppare modelli utili alla comprensione di ciò che avviene anche in altre aree, laddove le coperture antropiche rendono molto difficile fare studi di dettaglio.

Il Bacino di Acquatina (Frigole, Lecce), opportunità di ricerca sui sinkhole e implicazioni ecologiche

Maurizio Pinna
2020-01-01

Abstract

Lo sviluppo di doline da crollo nelle aree carsiche costiere ha un impatto significativo sull’ambiente naturale ed antropico determinando non solo cambiamenti nelle morfologie ma anche danni ingenti alle cose ed alle persone. Il Salento (Puglia meridionale) è un territorio che, in quanto costituito da rocce prevalentemente carbonatiche, è da sempre interessato da fenomeni di sprofondamento (sinkhole) i quali si manifestano solitamente con cedimenti improvvisi. Tra le zone più colpite vi è sicuramente quella adriatica leccese, compresa tra l’area delle Cesine a Sud e Casalabate a Nord: una fascia costiera estesa circa 35 km, caratterizzata da spiagge sabbiose di limitata estensione, delimitate lateralmente da piccoli promontori rocciosi e, nell’entroterra, da un sistema di dune, ampiamente erose dall’azione del mare e dalle attività antropiche. Questi sistemi di dune separano l’ambiente della spiaggia da vaste zone umide che occupano bassi morfologici più o meno stretti, allungati circa parallelamente alla linea di costa ed impostati in corrispondenza di depressioni tettoniche del substrato roccioso. Le aree umide sono state oggetto di interventi di bonifica svolti nella prima metà del secolo scorso e aventi l’obiettivo di debellare la malaria e restituire suolo utile per l’agricoltura. Negli anni 1960, e soprattutto nei decenni 1970 e 1980, queste aree, come tutte quelle costiere, sono state oggetto di un incontrollato sviluppo edilizio che ha portato a mascherare praticamente quasi del tutto le originarie depressioni. Il paesaggio originario è stato quindi frammentato e testimonianze delle aree umide presenti nei primi anni del 1900 si ritrovano esclusivamente in lembi variamenti estesi delle Cesine, di Acquatina e del Parco Regionale “Bosco e Paludi di Rauccio”. Le aree colmate sono invece sedi di allagamenti e dissesti che interessano anche l’edificato, con particolare riferimento a Casalabate, Torre Rinalda, Spiaggiabella e Torre Chianca. In questo lavoro si riportano i risultati preliminari di uno studio in atto sul bacino di Acquatina di Frigole (IT9150003), un sito di importanza comunitaria (SIC) dove negli ultimi 15 anni si sono formate numerose depressioni, il cui processo evolutivo è ancora in atto. Il bacino di Acquatina costituisce quindi un eccezionale laboratorio dove monitorare tali fenomeni e sviluppare modelli utili alla comprensione di ciò che avviene anche in altre aree, laddove le coperture antropiche rendono molto difficile fare studi di dettaglio.
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