I lavoratori delle "industrie creative" sono soggetti paradigmatici del processo di "frammentazione lavoro" nell'era post-fordista. Superando le categorie dicotomiche che tradizionalmente hanno regolato vita e lavoro, occupazione e disoccupazione, lo spettacolo è per molti versi un laboratorio di flessibilità del lavoro che presenta accordi contrattuali e traiettorie professionali innovativi. Dati empirici ricavati sia da una survey quantitativa sia da interviste in profondità con artisti, tecnici e organizzatori che lavorano nei campi del teatro, della musica, della danza, e video-making, vengono qui utilizzati per mappare la molteplicità di queste forme di lavoro, il cui status ibrido è esemplificato dalla condizione paradossale di quello che abbiamo definito il "datore di lavoro salariato". L'obiettivo è quello di fornire un'analisi multilivello delle interazioni reciproche tra le condizioni socio-economiche, lo sviluppo della carriera, e gli aspetti culturali, cioè le aspettative, la reputazione, la percezione di sé e il riconoscimento sociale di questi posti di lavoro. Di conseguenza, questi tipi di lavoro sono studiati come strategie di lavoro autonomo sulla base della diversificazione delle attività e competenze e, allo stesso tempo, come tentativi per mettere a punto nuove configurazioni spaziali e temporali di lavoro. Da questo punto di vista la precarietà emerge come un terreno in cui affiorano soggettività ambivalenti. Da una parte, la forza lavoro è mobilitata spontaneamente e organizzata autonomamente dalla sollecitazione del desiderio, espressione e realizzazione di sé, al di là di meri benefici economici. D'altra parte, il lavoro diventa sempre più intrecciato con la vita e diventa incommensurabile, in quanto il tempo perde la sua funzione di unità di misura della compensazione (cioè le opere sono retribuite con un importo forfettario). Questa situazione porta spesso a uno spread del lavoro in altre sfere della vita e a un rischio di auto-sfruttamento. Per concludere, l'analisi dei dati quantitativi mostra come la diversificazione dei tipi di lavoro e datori di lavoro sia proporzionale alla soddisfazione sul lavoro. La precarietà deve essere considerata, al di là del mito del lavoro a tempo indeterminato, come condizione del lavoro contemporaneo. (The workers of the “creative industries” are paradigmatic subjects of the process of “work fragmentation” in the post-Fordist era. Cutting across any division between life and work, employment and unemployment, performing arts are, in many ways, a laboratory of job flexibility, where innovative contractual arrangements and professional trajectories have been advanced. Empirical data from a combined method based on both a quantitative survey and in-depth interviews with artists, technicians, and organizers working in the fields of theatre, music, dance, and video-making are used to map the multiplicity of these forms of labour, whose hybrid status is epitomized by the paradoxical condition of what we have defined as the “salaried employer”. The aim is to provide a multi-layered analysis of the mutual interactions between socio-economic conditions, career development, and cultural aspects, i.e. expectations, reputation, self-perception and social recognition of these jobs. Accordingly, these patterns of work are studied as self-employment strategies based on diversification of activities and expertise, and at the same time, as attempts to devise new spatial and temporal configurations of labour. From this perspective, precariousness emerges as a generative terrain of ambivalent subjectivities. On the one hand, the workforce is mobilized spontaneously and organized autonomously by the mobilization of desire, expression, and self-fulfilment, beyond mere economic rewards. On the other hand, labour becomes increasingly intertwined with life and becomes immeasurable, since time loses its function of measurement unit for compensation (i.e. works are rewarded by fixed rates). This situation frequently leads to a spread of labour into other spheres of life and to the risk of self-exploitation. To conclude, an analysis of quantitative data shows how job and employers diversification is proportionally related to job satisfaction. Precariousness has to be considered, beyond the myth of permanent employment, as a condition of contemporary work.)

Soggettività intermittenti tra passione e disagio: un’inchiesta sulla scomposizione del lavoro nell’ambito delle industrie creative

SAVIOLI, MARCO;
2014-01-01

Abstract

I lavoratori delle "industrie creative" sono soggetti paradigmatici del processo di "frammentazione lavoro" nell'era post-fordista. Superando le categorie dicotomiche che tradizionalmente hanno regolato vita e lavoro, occupazione e disoccupazione, lo spettacolo è per molti versi un laboratorio di flessibilità del lavoro che presenta accordi contrattuali e traiettorie professionali innovativi. Dati empirici ricavati sia da una survey quantitativa sia da interviste in profondità con artisti, tecnici e organizzatori che lavorano nei campi del teatro, della musica, della danza, e video-making, vengono qui utilizzati per mappare la molteplicità di queste forme di lavoro, il cui status ibrido è esemplificato dalla condizione paradossale di quello che abbiamo definito il "datore di lavoro salariato". L'obiettivo è quello di fornire un'analisi multilivello delle interazioni reciproche tra le condizioni socio-economiche, lo sviluppo della carriera, e gli aspetti culturali, cioè le aspettative, la reputazione, la percezione di sé e il riconoscimento sociale di questi posti di lavoro. Di conseguenza, questi tipi di lavoro sono studiati come strategie di lavoro autonomo sulla base della diversificazione delle attività e competenze e, allo stesso tempo, come tentativi per mettere a punto nuove configurazioni spaziali e temporali di lavoro. Da questo punto di vista la precarietà emerge come un terreno in cui affiorano soggettività ambivalenti. Da una parte, la forza lavoro è mobilitata spontaneamente e organizzata autonomamente dalla sollecitazione del desiderio, espressione e realizzazione di sé, al di là di meri benefici economici. D'altra parte, il lavoro diventa sempre più intrecciato con la vita e diventa incommensurabile, in quanto il tempo perde la sua funzione di unità di misura della compensazione (cioè le opere sono retribuite con un importo forfettario). Questa situazione porta spesso a uno spread del lavoro in altre sfere della vita e a un rischio di auto-sfruttamento. Per concludere, l'analisi dei dati quantitativi mostra come la diversificazione dei tipi di lavoro e datori di lavoro sia proporzionale alla soddisfazione sul lavoro. La precarietà deve essere considerata, al di là del mito del lavoro a tempo indeterminato, come condizione del lavoro contemporaneo. (The workers of the “creative industries” are paradigmatic subjects of the process of “work fragmentation” in the post-Fordist era. Cutting across any division between life and work, employment and unemployment, performing arts are, in many ways, a laboratory of job flexibility, where innovative contractual arrangements and professional trajectories have been advanced. Empirical data from a combined method based on both a quantitative survey and in-depth interviews with artists, technicians, and organizers working in the fields of theatre, music, dance, and video-making are used to map the multiplicity of these forms of labour, whose hybrid status is epitomized by the paradoxical condition of what we have defined as the “salaried employer”. The aim is to provide a multi-layered analysis of the mutual interactions between socio-economic conditions, career development, and cultural aspects, i.e. expectations, reputation, self-perception and social recognition of these jobs. Accordingly, these patterns of work are studied as self-employment strategies based on diversification of activities and expertise, and at the same time, as attempts to devise new spatial and temporal configurations of labour. From this perspective, precariousness emerges as a generative terrain of ambivalent subjectivities. On the one hand, the workforce is mobilized spontaneously and organized autonomously by the mobilization of desire, expression, and self-fulfilment, beyond mere economic rewards. On the other hand, labour becomes increasingly intertwined with life and becomes immeasurable, since time loses its function of measurement unit for compensation (i.e. works are rewarded by fixed rates). This situation frequently leads to a spread of labour into other spheres of life and to the risk of self-exploitation. To conclude, an analysis of quantitative data shows how job and employers diversification is proportionally related to job satisfaction. Precariousness has to be considered, beyond the myth of permanent employment, as a condition of contemporary work.)
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