Il saggio intende tracciare un sentiero che metta in relazione progettualità formativa, concetto di “opera” e narrazione. In tale direzione sono state recuperate innanzitutto suggestioni che hanno informato la pedagogia novecentesca a partire dal saldo riferimento di Giovanni Maria Bertin e del suo “Problematicismo pedagogico”. Questo perché la sua teoresi, in particolare, ha avuto l’indubbio merito di promuovere una intenzionalità del pensare-fare pedagogia che superasse di ogni possibile determinazione o riduzione dogmatica. Particolarmente rilevante, in tale direzione, è il ruolo che spetta alla relazione che lega soggetto progettante e mondo. Ben oltre una rappresentazione semplicemente biologica di questo vincolo è, invece, necessario spingersi verso una rivalutazione dei modi attraverso i quali tali due poli si integrano vicendevolmente dando luogo ogni volta a “eventi produttivi” di senso, di realtà, di interpretazione, di vita e di esperienza. Un legame che, pensato radicalmente e praticato responsabilmente, esclude che l’antidogmatismo conduca ad esiti scettici per produrre, invece, “opera”. È, questa, un’opera che per prodursi ha bisogno di realizzare un diverso modo di entrare in relazione con la terra ed il mondo, a partire dal riconoscimento dei “mille piani” che sottostanno a quanto noi possiamo “chiamare vita” e rendere “racconto della vita”. Dunque, produrre opera significa sapersi narrare, e decidere di narrarsi significa, a sua volta, scegliere di “coltivare e curare la propria soggettività come possibilità interpretativa riflessivamente e creativamente orientata, invincibile rispetto alle logiche sovraordinanti il pensiero e l’azione, l’etica e la relazione”. Gli effetti di una formazione che renda i soggetti competenti nel narrarsi sono, dunque, da interpretare alla luce della consapevolezza che ogni atto creativo, poietico, produttivo di opera è già sempre un produrre nuove, aperte, dialogiche e dai “bordi sottili” cornici per “‘iniziare a governare’ una storia, una emozione, una crisi”.

Identità narrative e progettazione dell’“opera”

ANNACONTINI, Giuseppe
2016-01-01

Abstract

Il saggio intende tracciare un sentiero che metta in relazione progettualità formativa, concetto di “opera” e narrazione. In tale direzione sono state recuperate innanzitutto suggestioni che hanno informato la pedagogia novecentesca a partire dal saldo riferimento di Giovanni Maria Bertin e del suo “Problematicismo pedagogico”. Questo perché la sua teoresi, in particolare, ha avuto l’indubbio merito di promuovere una intenzionalità del pensare-fare pedagogia che superasse di ogni possibile determinazione o riduzione dogmatica. Particolarmente rilevante, in tale direzione, è il ruolo che spetta alla relazione che lega soggetto progettante e mondo. Ben oltre una rappresentazione semplicemente biologica di questo vincolo è, invece, necessario spingersi verso una rivalutazione dei modi attraverso i quali tali due poli si integrano vicendevolmente dando luogo ogni volta a “eventi produttivi” di senso, di realtà, di interpretazione, di vita e di esperienza. Un legame che, pensato radicalmente e praticato responsabilmente, esclude che l’antidogmatismo conduca ad esiti scettici per produrre, invece, “opera”. È, questa, un’opera che per prodursi ha bisogno di realizzare un diverso modo di entrare in relazione con la terra ed il mondo, a partire dal riconoscimento dei “mille piani” che sottostanno a quanto noi possiamo “chiamare vita” e rendere “racconto della vita”. Dunque, produrre opera significa sapersi narrare, e decidere di narrarsi significa, a sua volta, scegliere di “coltivare e curare la propria soggettività come possibilità interpretativa riflessivamente e creativamente orientata, invincibile rispetto alle logiche sovraordinanti il pensiero e l’azione, l’etica e la relazione”. Gli effetti di una formazione che renda i soggetti competenti nel narrarsi sono, dunque, da interpretare alla luce della consapevolezza che ogni atto creativo, poietico, produttivo di opera è già sempre un produrre nuove, aperte, dialogiche e dai “bordi sottili” cornici per “‘iniziare a governare’ una storia, una emozione, una crisi”.
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