L’assenza pressoché totale di ogni fonte primaria in grado di produrre energia ha condizionato costantemente lo sviluppo industriale e il ruolo internazionale dell'Italia, ripercuotendosi non solo sui costi della crescita economica, ma anche sull'autonomia delle iniziative politiche (problema ben presente ancora oggi, tanto da influenzare in parte le posizioni prese dal governo di Roma in questioni particolarmente delicate come l'attuale crisi tra Ucraina e Russia, uno dei maggiori fornitori di gas dell'Italia). Questa debolezza di fondo è stata all’origine del deciso intervento dello Stato nel settore energetico e in particolare in quello petrolifero, culminato nel secondo dopoguerra nell'istituzione dell'ENI, società pubblica incaricata di promuovere e attuare iniziative di interesse nazionale nel campo degli idrocarburi. Nel corso degli anni Cinquanta dello scorso secolo, l'ente fondato e guidato da Enrico Mattei ha tentato in vari modi, in concorrenza e spesso in contrapposizione con le potenti multinazionali anglo-americane e francesi, di sviluppare una politica energetica autonoma corrispondente sia alle esigenze produttive del paese, che alle aspirazioni politiche di giocare un ruolo centrale nello scacchiere mediterraneo e mediorientale. Su questo importante tratto di storia del nostro paese esiste ormai un'ampia letteratura, che ha analizzato vari aspetti, nazionali e internazionali, degli “anni ruggenti” dell'ENI. Il post-Mattei, invece, con le sue numerose criticità e contraddizioni, è stato oggetto solo di poche ricerche scientifiche e documentate. Al tentativo di colmare tale lacuna, è dedicato il numero monografico della «Nuova Rivista Storica» sugli sforzi dell'ENI per superare le crisi petrolifere degli anni Settanta e le conseguenti gravi difficoltà economiche e finanziare, stabilendo partnership particolari e preferenziali con i paesi produttori di greggio dell'area mediorientale e mediterranea, senza più ricorrere all'intermediazione delle grandi compagnie petrolifere occidentali. I saggi pubblicati nel numero monografico della NRS, infatti, prendono in esame un arco temporale - il decennio che va dalla fine degli anni Sessanta a quella degli anni Settanta - durante il quale il mercato petrolifero mondiale fu scosso da eventi di portata eccezionale prodottisi nella regione mediorientale: la guerra arabo-israeliana del Kippur, l’embargo petrolifero dei paesi arabi contro i paesi vicini allo Stato d’Israele, la decisione dei paesi produttori di aumentare a più riprese il prezzo del greggio causando veri e propri shock nelle dinamiche del mercato petrolifero mondiale, le nazionalizzazioni delle grandi concessioni petrolifere mediterranee e mediorientali, la rivoluzione libica di Gheddafi, quella islamista di Khomeini in Iran, la definitiva presa del potere da parte di Saddam Hussein in Iraq. Le conseguenze sull’andamento delle economie occidentali furono tali da causare una delle maggiori crisi economiche e finanziarie del Novecento, caratterizzata da inflazione galoppante, bassi tassi di crescita, livelli di disoccupazione sempre più elevati e instabilità monetaria. Tra i paesi industrializzati, l’Italia, protagonista, nei decenni precedenti, del “boom” economico, fu uno dei più colpiti a causa delle sue debolezze strutturali; l'aumento dei costi energetici, infatti, si andò ad aggiungere al forte incremento del costo del lavoro, al disavanzo pubblico sempre più incontrollato, al considerevole rialzo dei prezzi internazionali all'ingrosso e alla consistente svalutazione della lira, contribuendo in maniera determinante a innescare un processo inflazionistico senza precedenti nella storia dell'Italia postunitaria. Ne derivò un ciclo recessivo, segnato, nel biennio '73-’75, dalla diminuzione del 3,5% del PIL e dalla rapida caduta della produzione industriale. I saggi raccolti nel numero monografico analizzano le reazioni della politica italiana e dei vertici dell'ENI di fronte agli avvenimenti degli anni Settanta, ricostruendo le strategie elaborate e attuate in quei momenti di particolare complessità e difficoltà nella storia non solo dell'Italia, ma del mondo occidentale e industrializzato in generale. Il quadro che emerge è quello di una classe dirigente, che reagisce alla crisi non solo tentando di contenere le spese con un piano di razionalizzazione dei consumi energetici, che prevedeva, tra le altre cose, la limitazioni nell’uso delle auto private e la chiusura anticipata degli esercizi commerciali; ma anche rilanciando le iniziative e moltiplicando gli impegni, grazie a una serie di accordi diretti con i regimi dei paesi produttori mediorientali, le cui istituzioni non erano certo vicine a quelle del mondo occidentale, e con cospicui investimenti nelle ricerca mineraria in Italia e all’estero (decisione rivelatasi poi di fondamentale importanza per la definitiva affermazione dell'ENI tra le grandi multinazionali mondiali dell'energia). In sintesi, non solo rigore e austerità, forse utili e necessari nel breve periodo, ma anche investimenti e iniziative di sviluppo, indispensabili per la crescita economica e la stabilità sociale.

L'ENI e la fine dell’età dell’oro: La politica petrolifera dell’Ente Nazionale Idrocarburi in Medio oriente e nel Mediterraneo Negli anni delle grandi crisi energetiche

BUCARELLI, MASSIMO;
2014-01-01

Abstract

L’assenza pressoché totale di ogni fonte primaria in grado di produrre energia ha condizionato costantemente lo sviluppo industriale e il ruolo internazionale dell'Italia, ripercuotendosi non solo sui costi della crescita economica, ma anche sull'autonomia delle iniziative politiche (problema ben presente ancora oggi, tanto da influenzare in parte le posizioni prese dal governo di Roma in questioni particolarmente delicate come l'attuale crisi tra Ucraina e Russia, uno dei maggiori fornitori di gas dell'Italia). Questa debolezza di fondo è stata all’origine del deciso intervento dello Stato nel settore energetico e in particolare in quello petrolifero, culminato nel secondo dopoguerra nell'istituzione dell'ENI, società pubblica incaricata di promuovere e attuare iniziative di interesse nazionale nel campo degli idrocarburi. Nel corso degli anni Cinquanta dello scorso secolo, l'ente fondato e guidato da Enrico Mattei ha tentato in vari modi, in concorrenza e spesso in contrapposizione con le potenti multinazionali anglo-americane e francesi, di sviluppare una politica energetica autonoma corrispondente sia alle esigenze produttive del paese, che alle aspirazioni politiche di giocare un ruolo centrale nello scacchiere mediterraneo e mediorientale. Su questo importante tratto di storia del nostro paese esiste ormai un'ampia letteratura, che ha analizzato vari aspetti, nazionali e internazionali, degli “anni ruggenti” dell'ENI. Il post-Mattei, invece, con le sue numerose criticità e contraddizioni, è stato oggetto solo di poche ricerche scientifiche e documentate. Al tentativo di colmare tale lacuna, è dedicato il numero monografico della «Nuova Rivista Storica» sugli sforzi dell'ENI per superare le crisi petrolifere degli anni Settanta e le conseguenti gravi difficoltà economiche e finanziare, stabilendo partnership particolari e preferenziali con i paesi produttori di greggio dell'area mediorientale e mediterranea, senza più ricorrere all'intermediazione delle grandi compagnie petrolifere occidentali. I saggi pubblicati nel numero monografico della NRS, infatti, prendono in esame un arco temporale - il decennio che va dalla fine degli anni Sessanta a quella degli anni Settanta - durante il quale il mercato petrolifero mondiale fu scosso da eventi di portata eccezionale prodottisi nella regione mediorientale: la guerra arabo-israeliana del Kippur, l’embargo petrolifero dei paesi arabi contro i paesi vicini allo Stato d’Israele, la decisione dei paesi produttori di aumentare a più riprese il prezzo del greggio causando veri e propri shock nelle dinamiche del mercato petrolifero mondiale, le nazionalizzazioni delle grandi concessioni petrolifere mediterranee e mediorientali, la rivoluzione libica di Gheddafi, quella islamista di Khomeini in Iran, la definitiva presa del potere da parte di Saddam Hussein in Iraq. Le conseguenze sull’andamento delle economie occidentali furono tali da causare una delle maggiori crisi economiche e finanziarie del Novecento, caratterizzata da inflazione galoppante, bassi tassi di crescita, livelli di disoccupazione sempre più elevati e instabilità monetaria. Tra i paesi industrializzati, l’Italia, protagonista, nei decenni precedenti, del “boom” economico, fu uno dei più colpiti a causa delle sue debolezze strutturali; l'aumento dei costi energetici, infatti, si andò ad aggiungere al forte incremento del costo del lavoro, al disavanzo pubblico sempre più incontrollato, al considerevole rialzo dei prezzi internazionali all'ingrosso e alla consistente svalutazione della lira, contribuendo in maniera determinante a innescare un processo inflazionistico senza precedenti nella storia dell'Italia postunitaria. Ne derivò un ciclo recessivo, segnato, nel biennio '73-’75, dalla diminuzione del 3,5% del PIL e dalla rapida caduta della produzione industriale. I saggi raccolti nel numero monografico analizzano le reazioni della politica italiana e dei vertici dell'ENI di fronte agli avvenimenti degli anni Settanta, ricostruendo le strategie elaborate e attuate in quei momenti di particolare complessità e difficoltà nella storia non solo dell'Italia, ma del mondo occidentale e industrializzato in generale. Il quadro che emerge è quello di una classe dirigente, che reagisce alla crisi non solo tentando di contenere le spese con un piano di razionalizzazione dei consumi energetici, che prevedeva, tra le altre cose, la limitazioni nell’uso delle auto private e la chiusura anticipata degli esercizi commerciali; ma anche rilanciando le iniziative e moltiplicando gli impegni, grazie a una serie di accordi diretti con i regimi dei paesi produttori mediorientali, le cui istituzioni non erano certo vicine a quelle del mondo occidentale, e con cospicui investimenti nelle ricerca mineraria in Italia e all’estero (decisione rivelatasi poi di fondamentale importanza per la definitiva affermazione dell'ENI tra le grandi multinazionali mondiali dell'energia). In sintesi, non solo rigore e austerità, forse utili e necessari nel breve periodo, ma anche investimenti e iniziative di sviluppo, indispensabili per la crescita economica e la stabilità sociale.
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