Una rilettura pressoché integrale dell'opera galileiana ha messo in evidenza la pervasiva incidenza del codice paradossale, di lontana ascendenza classica e umanistica, ora riproposto dallo Scienziato per dare icastica espressione al ribaltamento epistemologico. In questo senso Galileo si è rivelato geniale frequentatore di una tradizione retorica pienamente radicata nell'ambito dell'Accademia fiorentina della Crusca, specializzata nel genere delle dicerie e cicalate paradossali. L'insistenza sulla lode di oggetti umili o futili, presente anche nei severi testi scientifici, introduce una nota dissacrante del sapere aristotelico ormai svuotato di qualunque valenza ermeneutica, e apre a inedite associazioni con la pittura di natura morta dell'ambito fiorentino, in particolare con le cosiddette 'cucine' dell'Empoli, coeve alle opere più celebri di Galileo, di cui è documentata la frequentazione dell'artista. Il pittore introduce frutti, carni, verdure in una lucida e austera sintesi ottica, vicina alla pagina galileana. Non è un caso che in una pala d'altare eseguita dall'Empoli, tra il 1615 e il 1616, per la cappella Usimbardi nella chiesa di Santa Trinita, l'autore abbia riconosciuto le fattezze di Galileo, in veste di san Paolo. La pala, con la scena della Consegna delle chiavi a san Pietro, risulta coeva alle prime accuse di eresia, lanciate a Firenze contro Galileo e i suoi seguaci dai pulpiti domenicani. Galileo si presenta quindi come apostolo di una nuova rivelazione alla stretta cerchia dei suoi sodali: tra questi alcuni membri della famiglia Medici, del cui governo gli Usimbardi erano fedeli funzionari.
La Crusca nell'occhio: l'Empoli tra Galileo e Michelangelo il Giovane
ROSSI, Massimiliano
2007-01-01
Abstract
Una rilettura pressoché integrale dell'opera galileiana ha messo in evidenza la pervasiva incidenza del codice paradossale, di lontana ascendenza classica e umanistica, ora riproposto dallo Scienziato per dare icastica espressione al ribaltamento epistemologico. In questo senso Galileo si è rivelato geniale frequentatore di una tradizione retorica pienamente radicata nell'ambito dell'Accademia fiorentina della Crusca, specializzata nel genere delle dicerie e cicalate paradossali. L'insistenza sulla lode di oggetti umili o futili, presente anche nei severi testi scientifici, introduce una nota dissacrante del sapere aristotelico ormai svuotato di qualunque valenza ermeneutica, e apre a inedite associazioni con la pittura di natura morta dell'ambito fiorentino, in particolare con le cosiddette 'cucine' dell'Empoli, coeve alle opere più celebri di Galileo, di cui è documentata la frequentazione dell'artista. Il pittore introduce frutti, carni, verdure in una lucida e austera sintesi ottica, vicina alla pagina galileana. Non è un caso che in una pala d'altare eseguita dall'Empoli, tra il 1615 e il 1616, per la cappella Usimbardi nella chiesa di Santa Trinita, l'autore abbia riconosciuto le fattezze di Galileo, in veste di san Paolo. La pala, con la scena della Consegna delle chiavi a san Pietro, risulta coeva alle prime accuse di eresia, lanciate a Firenze contro Galileo e i suoi seguaci dai pulpiti domenicani. Galileo si presenta quindi come apostolo di una nuova rivelazione alla stretta cerchia dei suoi sodali: tra questi alcuni membri della famiglia Medici, del cui governo gli Usimbardi erano fedeli funzionari.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.