Il contributo indaga un problema non affrontato in precedenza dalla dottrina amministrativistica: il rapporto tra i criteri di interpretazione giuridica (in particolare, delle prescrizioni degli strumenti urbanistici) e il fenomeno dell’abusivismo edilizio. Tra il momento della creazione della regola di diritto per preordinare le condotte edilizie ed i successivi momenti della vigilanza sull’osservanza e della sanzione per l’inosservanza della regola medesima, vi è un momento intermedio, ulteriore e distinto, caratterizzato da una marcata autonomia: quello della corretta interpretazione della regola posta (a monte) ma ancora da applicare (a valle). Questo momento è sempre necessario, per quanto l’operatore pratico del diritto spesso non riservi adeguata attenzione alla delicatezza dell’operazione interpretativa che è presupposta a qualsiasi attività di applicazione di comandi. E’ evidente, infatti, che vi sarà una distorta applicazione della regola se vi è una scorretta interpretazione della stessa da parte dei soggetti pubblici istituzionalmente deputati a farla rispettare. E l'impropria applicazione (da parte delle amministrazioni) rappresenta uno dei fattori “nascosti” che facilitano la violazione (da parte degli attori dell’abusivismo). Emergono due nodi: la crucialità dell’interpretazione rispetto all’applicazione e, perciò, ai fini dell’accertamento circa la sussistenza stessa di una violazione; la conseguente crucialità della scelta di quali criteri di interpretazione reggano lo svolgimento dell’interpretazione-attività, perché solo l’utilizzo di tali criteri consente di discernere tra interpretazioni-prodotto ammissibili e inammissibili. Il contributo tenta di individuare i criteri per una corretta interpretazione degli atti di pianificazione urbanistica. La tesi prospettata è articolata sulla base dei seguenti assunti: (1) può argomentarsi, sotto più profili, la preminenza, nei pur differenti atti di pianificazione urbanistica, della natura amministrativa; (2) da tale preminenza, per ragioni di certezza, discende la necessaria attrazione dei piani urbanistici nell’alveo del regime giuridico dell’atto amministrativo e la loro sottrazione al regime dell’atto normativo; (3) muovendo dal presupposto che i piani urbanistici abbiano natura (almeno prevalente) di atti amministrativi, i criteri fondamentali di interpretazione da applicare alla species dei piani devono essere quelli propri del genus degli atti amministrativi; (4) rispetto agli atti amministrativi, è da decenni consolidato in dottrina e in giurisprudenza il paradigma della mutuazione, secondo cui i criteri di interpretazione degli atti amministrativi, in assenza di una disciplina legale, dovrebbero essere i medesimi criteri tipizzati dagli artt. 1362-1371 cod. civ. per l'interpretazione dei contratti, salva la necessità di alcuni adattamenti; (5) tuttavia, il paradigma della mutuazione presta il fianco a decisive obiezioni e merita di essere superato, per una pluralità di argomenti che nel contributo vengono sviluppati; (6) nel segno di un trapasso dalla prospettiva della mutuazione a quella dell'autonomia, dovrebbero enuclearsi, dall’interno del sistema di diritto amministrativo e dunque in coerenza con i principî fondamentali che governano l’azione amministrativa per come desumibili soprattutto dalla L. 241/1990, criteri di interpretazione propri del provvedimento amministrativo in quanto foggiati sul peculiare statuto giuridico di quest’ultimo, in grado di intessersi in un sistema organico ed autosufficiente di canoni ermeneutici affrancati dall’ipoteca giusprivatistica. Il contributo propone, nelle conclusioni, di individuare quattro criteri “basici” di interpretazione, concorrenti e non alternativi, propri del provvedimento amministrativo. Con riferimento al testo del provvedimento, la centralità della motivazione espressa rispetto a tutti gli altri indici, per il particolare valore assegnato a tale elemento dalla disciplina positiva. Con riferimento al contesto del provvedimento, la coerenza con il procedimento amministrativo che ha necessariamente preceduto l’adozione della decisione. Con riferimento alla funzione di cui è espressione il provvedimento amministrativo, il criterio teleologico, che ricerca la coerenza con gli obiettivi/valori di interesse pubblico prefissati dal coacervo delle disposizioni normative, censite ed assiologicamente ricostruite in sistema dall’interprete, che attribuiscono o disciplinano il potere amministrativo concretamente esercitato. Infine, come criterio “di chiusura”, il criterio dell’interpretazione secondo proporzionalità.

Interpretazione e violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici

MONTEDURO, MASSIMO
2010-01-01

Abstract

Il contributo indaga un problema non affrontato in precedenza dalla dottrina amministrativistica: il rapporto tra i criteri di interpretazione giuridica (in particolare, delle prescrizioni degli strumenti urbanistici) e il fenomeno dell’abusivismo edilizio. Tra il momento della creazione della regola di diritto per preordinare le condotte edilizie ed i successivi momenti della vigilanza sull’osservanza e della sanzione per l’inosservanza della regola medesima, vi è un momento intermedio, ulteriore e distinto, caratterizzato da una marcata autonomia: quello della corretta interpretazione della regola posta (a monte) ma ancora da applicare (a valle). Questo momento è sempre necessario, per quanto l’operatore pratico del diritto spesso non riservi adeguata attenzione alla delicatezza dell’operazione interpretativa che è presupposta a qualsiasi attività di applicazione di comandi. E’ evidente, infatti, che vi sarà una distorta applicazione della regola se vi è una scorretta interpretazione della stessa da parte dei soggetti pubblici istituzionalmente deputati a farla rispettare. E l'impropria applicazione (da parte delle amministrazioni) rappresenta uno dei fattori “nascosti” che facilitano la violazione (da parte degli attori dell’abusivismo). Emergono due nodi: la crucialità dell’interpretazione rispetto all’applicazione e, perciò, ai fini dell’accertamento circa la sussistenza stessa di una violazione; la conseguente crucialità della scelta di quali criteri di interpretazione reggano lo svolgimento dell’interpretazione-attività, perché solo l’utilizzo di tali criteri consente di discernere tra interpretazioni-prodotto ammissibili e inammissibili. Il contributo tenta di individuare i criteri per una corretta interpretazione degli atti di pianificazione urbanistica. La tesi prospettata è articolata sulla base dei seguenti assunti: (1) può argomentarsi, sotto più profili, la preminenza, nei pur differenti atti di pianificazione urbanistica, della natura amministrativa; (2) da tale preminenza, per ragioni di certezza, discende la necessaria attrazione dei piani urbanistici nell’alveo del regime giuridico dell’atto amministrativo e la loro sottrazione al regime dell’atto normativo; (3) muovendo dal presupposto che i piani urbanistici abbiano natura (almeno prevalente) di atti amministrativi, i criteri fondamentali di interpretazione da applicare alla species dei piani devono essere quelli propri del genus degli atti amministrativi; (4) rispetto agli atti amministrativi, è da decenni consolidato in dottrina e in giurisprudenza il paradigma della mutuazione, secondo cui i criteri di interpretazione degli atti amministrativi, in assenza di una disciplina legale, dovrebbero essere i medesimi criteri tipizzati dagli artt. 1362-1371 cod. civ. per l'interpretazione dei contratti, salva la necessità di alcuni adattamenti; (5) tuttavia, il paradigma della mutuazione presta il fianco a decisive obiezioni e merita di essere superato, per una pluralità di argomenti che nel contributo vengono sviluppati; (6) nel segno di un trapasso dalla prospettiva della mutuazione a quella dell'autonomia, dovrebbero enuclearsi, dall’interno del sistema di diritto amministrativo e dunque in coerenza con i principî fondamentali che governano l’azione amministrativa per come desumibili soprattutto dalla L. 241/1990, criteri di interpretazione propri del provvedimento amministrativo in quanto foggiati sul peculiare statuto giuridico di quest’ultimo, in grado di intessersi in un sistema organico ed autosufficiente di canoni ermeneutici affrancati dall’ipoteca giusprivatistica. Il contributo propone, nelle conclusioni, di individuare quattro criteri “basici” di interpretazione, concorrenti e non alternativi, propri del provvedimento amministrativo. Con riferimento al testo del provvedimento, la centralità della motivazione espressa rispetto a tutti gli altri indici, per il particolare valore assegnato a tale elemento dalla disciplina positiva. Con riferimento al contesto del provvedimento, la coerenza con il procedimento amministrativo che ha necessariamente preceduto l’adozione della decisione. Con riferimento alla funzione di cui è espressione il provvedimento amministrativo, il criterio teleologico, che ricerca la coerenza con gli obiettivi/valori di interesse pubblico prefissati dal coacervo delle disposizioni normative, censite ed assiologicamente ricostruite in sistema dall’interprete, che attribuiscono o disciplinano il potere amministrativo concretamente esercitato. Infine, come criterio “di chiusura”, il criterio dell’interpretazione secondo proporzionalità.
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