La codificazione penale francese (e, di conseguenza quella italiana, tramite i codici napoletano del 1819 e sardo del 1839) è tributaria dell’immenso lavoro svolto dall’Assemblea Costituente tra il 1789 e il 1791. È anche probabile che senza la svolta rivoluzionaria, che il 10 agosto 1792 provocò la caduta della Monarchia retta dalla costituzione del 3 settembre 1791, quei codici sarebbero rimasti in vigore (con gli opportuni ritocchi) per molti lustri. Invece, la dinamica rivoluzionaria impose la coabitazione di tre differenti “logiche” all’interno del ventennio 1789-1810: 1) la logica garantista, dagli articoli VII, VIII e IX della Déclaration des droits (1789) al codice penale del 25 settembre 1791, 2) la logica dell’eccezione introdotta dalla legislazione emergenziale votata dalla Convenzione Nazionale (1792-95), 3) la logica della restaurazione della legalità, passata al filtro del principio d’intimidazione generale: codificazione penale napoleonica (1808-10). Il processo al re Luigi XVI introdusse un primo vulnus all’edificio garantista; tale ferita fu resa poi irreversibile dalla legislazione penale speciale varata dalla Convenzione per colpire l’emigrazione, la falsificazione degli assegnati e tutti quei comportamenti antigiuridici indotti dallo stato di guerra interno ed esterno. La moltiplicazione delle fattispecie politiche (sanzionate con la pena di morte) lasciò in ombra i crimini comuni; si tenga presente che, abusando di creduloneria e connivenze molti criminali ammantavano di finalità patriottiche i propri comportamenti delittuosi: valga per tutti il riferimento a furti e rapine spacciati per sequestri a danno di contro-rivoluzionari, o il saccheggio di abitazioni private qualificato come perquisizione o visita domiciliare di sospetti contro-rivoluzionari. La codificazione penale napoleonica degli anni 1808-10 chiuse il ciclo, trattenendo nella misura del possibile la scala delle infrazioni messa a punto dalla Costituente, arricchendola con un puntuale riferimento alle varie condotte criminose ordinarie, introducendo infine la moderna nozione di una pena variabile da un minimo a un massimo edittale, in luogo della fallimentare esperienza della pena fissa.

Logiche della transizione penale. Indirizzi di politica criminale e codificazione in Francia dalla Rivoluzione all’Impero (1789-1810)

MARTUCCI, ROBERTO
2007-01-01

Abstract

La codificazione penale francese (e, di conseguenza quella italiana, tramite i codici napoletano del 1819 e sardo del 1839) è tributaria dell’immenso lavoro svolto dall’Assemblea Costituente tra il 1789 e il 1791. È anche probabile che senza la svolta rivoluzionaria, che il 10 agosto 1792 provocò la caduta della Monarchia retta dalla costituzione del 3 settembre 1791, quei codici sarebbero rimasti in vigore (con gli opportuni ritocchi) per molti lustri. Invece, la dinamica rivoluzionaria impose la coabitazione di tre differenti “logiche” all’interno del ventennio 1789-1810: 1) la logica garantista, dagli articoli VII, VIII e IX della Déclaration des droits (1789) al codice penale del 25 settembre 1791, 2) la logica dell’eccezione introdotta dalla legislazione emergenziale votata dalla Convenzione Nazionale (1792-95), 3) la logica della restaurazione della legalità, passata al filtro del principio d’intimidazione generale: codificazione penale napoleonica (1808-10). Il processo al re Luigi XVI introdusse un primo vulnus all’edificio garantista; tale ferita fu resa poi irreversibile dalla legislazione penale speciale varata dalla Convenzione per colpire l’emigrazione, la falsificazione degli assegnati e tutti quei comportamenti antigiuridici indotti dallo stato di guerra interno ed esterno. La moltiplicazione delle fattispecie politiche (sanzionate con la pena di morte) lasciò in ombra i crimini comuni; si tenga presente che, abusando di creduloneria e connivenze molti criminali ammantavano di finalità patriottiche i propri comportamenti delittuosi: valga per tutti il riferimento a furti e rapine spacciati per sequestri a danno di contro-rivoluzionari, o il saccheggio di abitazioni private qualificato come perquisizione o visita domiciliare di sospetti contro-rivoluzionari. La codificazione penale napoleonica degli anni 1808-10 chiuse il ciclo, trattenendo nella misura del possibile la scala delle infrazioni messa a punto dalla Costituente, arricchendola con un puntuale riferimento alle varie condotte criminose ordinarie, introducendo infine la moderna nozione di una pena variabile da un minimo a un massimo edittale, in luogo della fallimentare esperienza della pena fissa.
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