L’autrice affronta un testo di Paolo Bagnoli, L’idea dell’Italia 1815-1861 (Diabasis, Reggio Emilia 2007, pp. 360). Il volume in oggetto, osserva Forcina, è una mappa esaustiva delle elaborazioni ideologiche che hanno contribuito al movimento unitario. Ma unità di cosa? Il volume di Bagnoli delinea il rapporto esistente tra ciò che l’Italia era, o poteva essere, come nazione e la sua espressione culturale, vale a dire la sua idea nella mente e nelle testimonianze di coloro che ne hanno promosso e costruito la storia dal Congresso di Vienna all’unità. Il lavoro comporta – ed è dichiarato – strumenti disciplinari diversi: storici, giuridici, filosofico-ideologici, politico-dottrinari, sociologici “oppure genericamente dottrinari”. Le conclusioni che Forcina trae da questo è che quella italiana è una “identità melliflua”, secondo la definizione data da Giorgio Rumi. Se fu il fascismo a portare ad una identità lo Stato, non più solo unitario ma nazionale, perché, in quella logica, nazione e patria coincidevano, l’altra unificazione fu in parte rappresentata dai valori dell’antifascismo. La tesi di Paolo Bagnoli è giudicata precisa: se l’unità fu piemontese e sabauda, con la sua realizzazione, la discussione sull’idea dell’Italia venne archiviata, ma non fu risolto il problema che essa portava in sé. Però, guardando alla difficile storia nazionale, si deve rilevare che a tali ‘responsabilità’, si è dato più volte dimostrazione di corrispondere, ed è proprio in quei passaggi che l’idea dell’Italia si è manifestata al di là di ogni ambiguità”. Forcina conclude che la cosiddetta “eterogenesi dei fini” emerge nella storia: l’idea dell’Italia si è progressivamente costruita nelle prassi e nelle coscienze storiche dei suoi cittadini.

L'idea d'Italia tra pensiero politico e storia civile

FORCINA, Marisa
2008-01-01

Abstract

L’autrice affronta un testo di Paolo Bagnoli, L’idea dell’Italia 1815-1861 (Diabasis, Reggio Emilia 2007, pp. 360). Il volume in oggetto, osserva Forcina, è una mappa esaustiva delle elaborazioni ideologiche che hanno contribuito al movimento unitario. Ma unità di cosa? Il volume di Bagnoli delinea il rapporto esistente tra ciò che l’Italia era, o poteva essere, come nazione e la sua espressione culturale, vale a dire la sua idea nella mente e nelle testimonianze di coloro che ne hanno promosso e costruito la storia dal Congresso di Vienna all’unità. Il lavoro comporta – ed è dichiarato – strumenti disciplinari diversi: storici, giuridici, filosofico-ideologici, politico-dottrinari, sociologici “oppure genericamente dottrinari”. Le conclusioni che Forcina trae da questo è che quella italiana è una “identità melliflua”, secondo la definizione data da Giorgio Rumi. Se fu il fascismo a portare ad una identità lo Stato, non più solo unitario ma nazionale, perché, in quella logica, nazione e patria coincidevano, l’altra unificazione fu in parte rappresentata dai valori dell’antifascismo. La tesi di Paolo Bagnoli è giudicata precisa: se l’unità fu piemontese e sabauda, con la sua realizzazione, la discussione sull’idea dell’Italia venne archiviata, ma non fu risolto il problema che essa portava in sé. Però, guardando alla difficile storia nazionale, si deve rilevare che a tali ‘responsabilità’, si è dato più volte dimostrazione di corrispondere, ed è proprio in quei passaggi che l’idea dell’Italia si è manifestata al di là di ogni ambiguità”. Forcina conclude che la cosiddetta “eterogenesi dei fini” emerge nella storia: l’idea dell’Italia si è progressivamente costruita nelle prassi e nelle coscienze storiche dei suoi cittadini.
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