Destinazione è termine non univoco. In senso assai ampio si può forse dire che vi è destinazione quale fenomeno rilevante per il diritto ogni qual volta l’individuazione – da parte dei privati o della legge – di un interesse non coincidente con quello preso in considerazione nella costruzione della disciplina dei rapporti aventi quale terminale oggettivo un bene produca una modificazione di tale disciplina. Ancora, da altra angolatura ma sempre in termini generalissimi, si può forse dire che vi è destinazione quando la mutazione dell’interesse induce una correlativa modificazione della consistenza di bene sub specie juris di una cosa o di una utilità. Tuttavia, l’ampiezza descrittiva porta con sé una sostanziale inutilità costruttiva. Segnatamente, le ipotesi di destinazione esibite dal codice civile in misura cospicua non possono essere comprese nella logica di una categoria unitaria. La destinazione dell’art. 2645 ter si colloca in un novero di fenomeni caratterizzati: dall’individuazione di un interesse diverso da quello fondante la situazione giuridica di partenza; da un conseguente mutamento dello statuto giuridico del patrimonio destinato; in particolare, dalla conseguente irrilevanza degli statuti proprietari e delle discipline ritagliate sulla titolarità; dal rilievo, invece, oggettivo dell’interesse quale dato unificante del patrimonio: non attributo del soggetto, con funzione di garanzia, ma esso stesso centro d’interesse; dalla programmazione di un’attività attuativa della destinazione, e dalla determinazione delle sua regole. Più sinteticamente, nell’ampia ed eterogenea accezione di destinazione è possibile delimitare una categoria di fenomeni caratterizzata da ciò, che prendono vita a mezzo di atti di organizzazione. Ribaltando i termini: gli atti finalizzati a destinare, nel senso (anche) dell’art. 2645 ter , assumono rilievo per il diritto soltanto allorché siano idonei a produrre l’effetto di modificazione del diritto oggettivo che è proprio degli atti di organizzazione. La destinazione senza tale effetto o è mera programmazione (non vincolante) della modalità di esercizio della facoltà di godere da parte del titolare del diritto sul patrimonio, o è programmazione di una destinazione futura.

Considerazioni sull'art. 2645 ter cod. civ.: destinazione di patrimoni e categorie dell'iniziativa privata

DI RAIMO, Raffaele
2007-01-01

Abstract

Destinazione è termine non univoco. In senso assai ampio si può forse dire che vi è destinazione quale fenomeno rilevante per il diritto ogni qual volta l’individuazione – da parte dei privati o della legge – di un interesse non coincidente con quello preso in considerazione nella costruzione della disciplina dei rapporti aventi quale terminale oggettivo un bene produca una modificazione di tale disciplina. Ancora, da altra angolatura ma sempre in termini generalissimi, si può forse dire che vi è destinazione quando la mutazione dell’interesse induce una correlativa modificazione della consistenza di bene sub specie juris di una cosa o di una utilità. Tuttavia, l’ampiezza descrittiva porta con sé una sostanziale inutilità costruttiva. Segnatamente, le ipotesi di destinazione esibite dal codice civile in misura cospicua non possono essere comprese nella logica di una categoria unitaria. La destinazione dell’art. 2645 ter si colloca in un novero di fenomeni caratterizzati: dall’individuazione di un interesse diverso da quello fondante la situazione giuridica di partenza; da un conseguente mutamento dello statuto giuridico del patrimonio destinato; in particolare, dalla conseguente irrilevanza degli statuti proprietari e delle discipline ritagliate sulla titolarità; dal rilievo, invece, oggettivo dell’interesse quale dato unificante del patrimonio: non attributo del soggetto, con funzione di garanzia, ma esso stesso centro d’interesse; dalla programmazione di un’attività attuativa della destinazione, e dalla determinazione delle sua regole. Più sinteticamente, nell’ampia ed eterogenea accezione di destinazione è possibile delimitare una categoria di fenomeni caratterizzata da ciò, che prendono vita a mezzo di atti di organizzazione. Ribaltando i termini: gli atti finalizzati a destinare, nel senso (anche) dell’art. 2645 ter , assumono rilievo per il diritto soltanto allorché siano idonei a produrre l’effetto di modificazione del diritto oggettivo che è proprio degli atti di organizzazione. La destinazione senza tale effetto o è mera programmazione (non vincolante) della modalità di esercizio della facoltà di godere da parte del titolare del diritto sul patrimonio, o è programmazione di una destinazione futura.
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