Il saggio ricostruisce la genealogia del rapporto tra natura, diritto e migrazioni nel lungo passaggio tra Sette e Ottocento, dal determinismo ambientale delle origini illuministiche alla formazione di una modernità giuridica fondata sulla vulnerabilità. Muovendo dal trauma del terremoto di Lisbona del 1755, la catastrofe è letta come evento epistemico che dissolve la fiducia in un ordine naturale armonico e apre alla razionalità amministrativa e preventiva del diritto moderno. Da Montesquieu a Rousseau fino a Romagnosi, la legge si misura con la necessità di tradurre il disordine in forma normativa, ridefinendo i propri confini rispetto alla natura e alla storia. Le migrazioni, sospese tra carestie, epidemie e trasformazioni economiche, diventano il luogo in cui la modernità giuridica sperimenta la propria capacità di governare l’ingovernabile. Il saggio mostra come, nell’Ottocento, il diritto assuma la fisionomia di un’“organizzazione storica della vulnerabilità”, elaborando una sovranità del limite che trova nella contemporaneità nuove espressioni nei principi di precauzione, di giustizia ambientale e di tutela dei migranti climatici.

Determinismo ambientale, diritto e migrazioni tra Sette e Ottocento

Eliana Augusti
In corso di stampa

Abstract

Il saggio ricostruisce la genealogia del rapporto tra natura, diritto e migrazioni nel lungo passaggio tra Sette e Ottocento, dal determinismo ambientale delle origini illuministiche alla formazione di una modernità giuridica fondata sulla vulnerabilità. Muovendo dal trauma del terremoto di Lisbona del 1755, la catastrofe è letta come evento epistemico che dissolve la fiducia in un ordine naturale armonico e apre alla razionalità amministrativa e preventiva del diritto moderno. Da Montesquieu a Rousseau fino a Romagnosi, la legge si misura con la necessità di tradurre il disordine in forma normativa, ridefinendo i propri confini rispetto alla natura e alla storia. Le migrazioni, sospese tra carestie, epidemie e trasformazioni economiche, diventano il luogo in cui la modernità giuridica sperimenta la propria capacità di governare l’ingovernabile. Il saggio mostra come, nell’Ottocento, il diritto assuma la fisionomia di un’“organizzazione storica della vulnerabilità”, elaborando una sovranità del limite che trova nella contemporaneità nuove espressioni nei principi di precauzione, di giustizia ambientale e di tutela dei migranti climatici.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11587/564466
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