L’Open Source Seed Inititative è un’iniziativa nata negli Stati Uniti nel 2014 che consiste nell’applicazione della logica open source ai semi. Con l’espressione ‘sementi open source’ si intendono le sementi non brevettate e riseminabili a cui può accedere chiunque ne faccia richiesta, a patto che si impegni contrattualmente a non trasformare il prodotto e i suoi derivati in beni su cui vantare diritti commerciali esclusivi. La logica è quella tipica dei software open source, fondati sulla gratuità, condivisione e co–creazione dei contenuti. Questi principi hanno da sempre caratterizzato l’attività agricola, facendo dell’agricoltore quel custode della biodiversità da ultimo riconosciuto, in Italia, dalla legge 194/2015. L’iniziativa si colloca in una dimensione giuridica parallela al sistema closed shop dei diritti di proprietà intellettuale sulle risorse biologiche, nel quale l’agricoltore è spesso il passivo acquirente delle risorse biologiche e biotecnologiche di proprietà delle multinazionali. Nel contributo si evidenzia il valore socio–ecologico degli strumenti di open innovation e si esamina l’iniziativa dalla prospettiva della tutela giuridica dell’ambiente, interpretandone i contenuti alla luce dei principi dello sviluppo sostenibile e dell’uguaglianza sostanziale e indagandone le relazioni con i diritti alla diversità e sovranità alimentare dei popoli
Open Innovation e tutela giuridica dell’ambiente. Il caso dell’Open Source Seed Inititiative
Roberto Franco Greco
2017-01-01
Abstract
L’Open Source Seed Inititative è un’iniziativa nata negli Stati Uniti nel 2014 che consiste nell’applicazione della logica open source ai semi. Con l’espressione ‘sementi open source’ si intendono le sementi non brevettate e riseminabili a cui può accedere chiunque ne faccia richiesta, a patto che si impegni contrattualmente a non trasformare il prodotto e i suoi derivati in beni su cui vantare diritti commerciali esclusivi. La logica è quella tipica dei software open source, fondati sulla gratuità, condivisione e co–creazione dei contenuti. Questi principi hanno da sempre caratterizzato l’attività agricola, facendo dell’agricoltore quel custode della biodiversità da ultimo riconosciuto, in Italia, dalla legge 194/2015. L’iniziativa si colloca in una dimensione giuridica parallela al sistema closed shop dei diritti di proprietà intellettuale sulle risorse biologiche, nel quale l’agricoltore è spesso il passivo acquirente delle risorse biologiche e biotecnologiche di proprietà delle multinazionali. Nel contributo si evidenzia il valore socio–ecologico degli strumenti di open innovation e si esamina l’iniziativa dalla prospettiva della tutela giuridica dell’ambiente, interpretandone i contenuti alla luce dei principi dello sviluppo sostenibile e dell’uguaglianza sostanziale e indagandone le relazioni con i diritti alla diversità e sovranità alimentare dei popoli| File | Dimensione | Formato | |
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