I monumenti funebri delle chiese partenopee non sono certo una novità negli studi sulla scultura tra XV e XVII secolo: indagini di carattere documentario e filologico, con attenzione alla committenza e agli stili, hanno contribuito all’acquisizione di solide certezze, almeno per singoli e circoscritti segmenti. In queste pagine, l’analisi formale incrocia solo alcune delle strade che vengono individuate e percorse, poiché le questioni artistiche sono affrontate dando maggiore spazio al punto di vista sociale di fatti occorsi, con riguardo al tessuto relazionale di uomini e storie. Ciò nonostante, il punto di partenza rimane l’opera d’arte; l’oggetto materiale. Nel nostro caso gli oggetti sono manufatti meno sottoposti di altri al deterioramento perché realizzati in marmo, sebbene la durevolezza della materia non sempre ne abbia garantito la sopravvivenza. Nella visione d’insieme del copioso corpus che si presenta, organizzato su piani cronologici, storici e geografici, non manca il riconoscimento di importanti letture interpretative di studiosi come il compianto Yoni Ascher, il quale tra il 1995 e il 2011 ha proposto raffinate interpretazioni storico-sociali di molte sepolture del Rinascimento a Napoli, e di Tanja Michalsky che dal 2003 svolge trattazioni di carattere sociologico legate ai diversi significati di monumenti funebri in rapporto alla nobiltà che, almeno per certi versi, richiamano gli scritti di Maria Antonietta Visceglia. Pertanto, ogni singolo contributo è ‘depositato’ nella ponderosa schedatura, di Giacomo Perrone, dal 1470 al 1560 e, in forma più sintetica – per ragioni che spiegherò più avanti – nel censimento delle sepolture fino al 1623. Se qualche studio risulterà omesso, tale omissione andrà considerata un nostro puro errore umano e non interpretato come volontà di esclusione preconcetta poiché crediamo ancora nel metodo della fortuna critica come valore intellettuale e scientifico. La nostra ricerca si completerà con un secondo volume, previsto per l’inizio della prossima primavera, curato particolarmente da Alessandro Grandolfo (dall'Introduzione, di Letizia Gaeta)

Scultura funeraria napoletana 1470-1623. Forme nel tempo e nella società

Gaeta, Letizia
Primo
2024-01-01

Abstract

I monumenti funebri delle chiese partenopee non sono certo una novità negli studi sulla scultura tra XV e XVII secolo: indagini di carattere documentario e filologico, con attenzione alla committenza e agli stili, hanno contribuito all’acquisizione di solide certezze, almeno per singoli e circoscritti segmenti. In queste pagine, l’analisi formale incrocia solo alcune delle strade che vengono individuate e percorse, poiché le questioni artistiche sono affrontate dando maggiore spazio al punto di vista sociale di fatti occorsi, con riguardo al tessuto relazionale di uomini e storie. Ciò nonostante, il punto di partenza rimane l’opera d’arte; l’oggetto materiale. Nel nostro caso gli oggetti sono manufatti meno sottoposti di altri al deterioramento perché realizzati in marmo, sebbene la durevolezza della materia non sempre ne abbia garantito la sopravvivenza. Nella visione d’insieme del copioso corpus che si presenta, organizzato su piani cronologici, storici e geografici, non manca il riconoscimento di importanti letture interpretative di studiosi come il compianto Yoni Ascher, il quale tra il 1995 e il 2011 ha proposto raffinate interpretazioni storico-sociali di molte sepolture del Rinascimento a Napoli, e di Tanja Michalsky che dal 2003 svolge trattazioni di carattere sociologico legate ai diversi significati di monumenti funebri in rapporto alla nobiltà che, almeno per certi versi, richiamano gli scritti di Maria Antonietta Visceglia. Pertanto, ogni singolo contributo è ‘depositato’ nella ponderosa schedatura, di Giacomo Perrone, dal 1470 al 1560 e, in forma più sintetica – per ragioni che spiegherò più avanti – nel censimento delle sepolture fino al 1623. Se qualche studio risulterà omesso, tale omissione andrà considerata un nostro puro errore umano e non interpretato come volontà di esclusione preconcetta poiché crediamo ancora nel metodo della fortuna critica come valore intellettuale e scientifico. La nostra ricerca si completerà con un secondo volume, previsto per l’inizio della prossima primavera, curato particolarmente da Alessandro Grandolfo (dall'Introduzione, di Letizia Gaeta)
2024
9788867663026
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