Fin dalla sua emanazione l’art. 5 l. div. è stato oggetto di interpretazioni giurisprudenziali contrastanti, che hanno evidenziato la difficoltà di rendere l’applicazione dei parametri dettati dalla norma operativamente appagante. La giurisprudenza che per cinquant’anni ha dato luogo ad un’opera di vera e propria riscrittura della disciplina dell’assegno di divorzio, rimodellandone natura, funzione, presupposti e modalità di accertamento, ha reputato di alzare le mani dinanzi all’apparato rimediale, invocando l’intervento del legislatore. Ne è seguito che la sostanza della tutela è cambiata restando imbrigliata nella sua immutata forma. Al contrario, anche la struttura rimediale deve adeguarsi all’interpretazione evolutiva che ha interessato la disciplina dei rapporti postconiugali in conseguenza del mutato costume sociale e del superamento dei tradizionali concetti di famiglia e matrimonio: oggi, tecniche e modalità di erogazione della tutela a favore del coniuge debole devono essere ricercate dal giudice, tenuto conto del caso concreto ed in tale contesto la loro individuazione diviene essenziale ai fini del giudizio sull’adeguatezza del rimedio. Nel primato della iurisdictio la dottrina non può limitarsi al controcanto. Lo sforzo dell’interprete deve essere di sollecitare de iure condendo, ma anche di ricercare e promuovere, de iure condito, nuove soluzioni interpretative capaci di offrire il giusto rimedio alla definizione dei rapporti postconiugali. Sullo sfondo la necessità rivedere il contenuto della solidarietà postconiugale, ritrovando nell’ottica del rispetto della dignità della persona, il valore dell’impegno matrimoniale che la corsa ad una malintesa tutela dei diritti individuali ha fatto smarrire. Soltanto in questa prospettiva può darsi un senso sistematicamente coerente al principio di autoresponsabilità, principio che impone la soggezione di entrambi i coniugi agli effetti giuridici delle scelte compiute.
Il divorzio giusto. Alla ricerca di un'equa sistemazione dei rapporti postconiugali
Dell'Anna Misurale, Francesca
2023-01-01
Abstract
Fin dalla sua emanazione l’art. 5 l. div. è stato oggetto di interpretazioni giurisprudenziali contrastanti, che hanno evidenziato la difficoltà di rendere l’applicazione dei parametri dettati dalla norma operativamente appagante. La giurisprudenza che per cinquant’anni ha dato luogo ad un’opera di vera e propria riscrittura della disciplina dell’assegno di divorzio, rimodellandone natura, funzione, presupposti e modalità di accertamento, ha reputato di alzare le mani dinanzi all’apparato rimediale, invocando l’intervento del legislatore. Ne è seguito che la sostanza della tutela è cambiata restando imbrigliata nella sua immutata forma. Al contrario, anche la struttura rimediale deve adeguarsi all’interpretazione evolutiva che ha interessato la disciplina dei rapporti postconiugali in conseguenza del mutato costume sociale e del superamento dei tradizionali concetti di famiglia e matrimonio: oggi, tecniche e modalità di erogazione della tutela a favore del coniuge debole devono essere ricercate dal giudice, tenuto conto del caso concreto ed in tale contesto la loro individuazione diviene essenziale ai fini del giudizio sull’adeguatezza del rimedio. Nel primato della iurisdictio la dottrina non può limitarsi al controcanto. Lo sforzo dell’interprete deve essere di sollecitare de iure condendo, ma anche di ricercare e promuovere, de iure condito, nuove soluzioni interpretative capaci di offrire il giusto rimedio alla definizione dei rapporti postconiugali. Sullo sfondo la necessità rivedere il contenuto della solidarietà postconiugale, ritrovando nell’ottica del rispetto della dignità della persona, il valore dell’impegno matrimoniale che la corsa ad una malintesa tutela dei diritti individuali ha fatto smarrire. Soltanto in questa prospettiva può darsi un senso sistematicamente coerente al principio di autoresponsabilità, principio che impone la soggezione di entrambi i coniugi agli effetti giuridici delle scelte compiute.File | Dimensione | Formato | |
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