Nell’ambito del Progetto Basilica Iulia751, l’analisi dei macroresti vegetali presentata in questa sede vuole offrire un contributo alla rilettura e ricomposizione in chiave multidisciplinare delle evidenze archeologiche indagate negli anni’60 del secolo scorso all’interno della Basilica augustea. I materiali archeobotanici, conservati per oltre cinquant’anni nei magazzini della Soprintendenza Archeologica di Roma, ora Parco Archeologico del Colosseo, furono recuperati dalle stratigrafie messe in luce nel corso degli anni 1960-1964 da Laura Fabbrini752 all’interno dei due ampi saggi di scavo realizzati nella navata centrale della Basilica, al di sotto del pavimento augusteo dell’edificio. La documentazione delle indagini archeologiche condotte allora, molto ricca e accurata, consente di associare i materiali recuperati alle strutture e agli strati, permettendo così un’analisi critica delle sequenze stratigrafiche con l’individuazione delle cinque Fasi di trasformazione dell’area comprese tra il V sec. a.C. ed il I sec. d.C., corrispondenti alla prima metà del V sec. a.C. (Fase I), alla prima metà del IV sec. a.C., alla costruzione della Basilica Sempronia (169 a.C.) (Fase III), alla realizzazione della Basilica Iulia di Cesare (Fase IV) e alla ricostruzione augustea (Fase V)753. L’attenta metodologia di scavo ed il recupero di tutte le evidenze archeologiche, compresi gli ecofatti, in uno scavo di archeologia classica effettuato nei primi anni Sessanta, sono elementi da sottolineare in una prospettiva storiografica. Tale sensibilità verso i resti di natura bioarcheologica, che contrassegnerà l’archeologia italiana solo decenni dopo, trova probabilmente ispirazione nel lavoro di Hans Helbeak, il padre dell’archeobotanica, che negli anni Cinquanta effettuò le prime analisi archeobotaniche in diversi contesti del Foro Romano nell’ambito delle ricerche di Einer Gjerstad754. La possibilità di analizzare i sedimenti e macroresti vegetali allora campionati risulta tanto più significativa in quanto in anni recenti quest’area del Foro prossima al Velabrum è stata oggetto di indagini paleoambientali da parte di Albert Ammerman e Filippi755 grazie a una ricca serie di carotaggi. Questi studi hanno dato modo di comprendere il carattere naturale piuttosto dinamico dell’area prima dell’intervento antropico che ha profondamente modificato la sua fisionomia, oltre che datare l’inizio dei lavori di pavimentazione della piazza forense.

I resti vegetali dai contesti pre-augustei e augustei

Milena Primavera
2023-01-01

Abstract

Nell’ambito del Progetto Basilica Iulia751, l’analisi dei macroresti vegetali presentata in questa sede vuole offrire un contributo alla rilettura e ricomposizione in chiave multidisciplinare delle evidenze archeologiche indagate negli anni’60 del secolo scorso all’interno della Basilica augustea. I materiali archeobotanici, conservati per oltre cinquant’anni nei magazzini della Soprintendenza Archeologica di Roma, ora Parco Archeologico del Colosseo, furono recuperati dalle stratigrafie messe in luce nel corso degli anni 1960-1964 da Laura Fabbrini752 all’interno dei due ampi saggi di scavo realizzati nella navata centrale della Basilica, al di sotto del pavimento augusteo dell’edificio. La documentazione delle indagini archeologiche condotte allora, molto ricca e accurata, consente di associare i materiali recuperati alle strutture e agli strati, permettendo così un’analisi critica delle sequenze stratigrafiche con l’individuazione delle cinque Fasi di trasformazione dell’area comprese tra il V sec. a.C. ed il I sec. d.C., corrispondenti alla prima metà del V sec. a.C. (Fase I), alla prima metà del IV sec. a.C., alla costruzione della Basilica Sempronia (169 a.C.) (Fase III), alla realizzazione della Basilica Iulia di Cesare (Fase IV) e alla ricostruzione augustea (Fase V)753. L’attenta metodologia di scavo ed il recupero di tutte le evidenze archeologiche, compresi gli ecofatti, in uno scavo di archeologia classica effettuato nei primi anni Sessanta, sono elementi da sottolineare in una prospettiva storiografica. Tale sensibilità verso i resti di natura bioarcheologica, che contrassegnerà l’archeologia italiana solo decenni dopo, trova probabilmente ispirazione nel lavoro di Hans Helbeak, il padre dell’archeobotanica, che negli anni Cinquanta effettuò le prime analisi archeobotaniche in diversi contesti del Foro Romano nell’ambito delle ricerche di Einer Gjerstad754. La possibilità di analizzare i sedimenti e macroresti vegetali allora campionati risulta tanto più significativa in quanto in anni recenti quest’area del Foro prossima al Velabrum è stata oggetto di indagini paleoambientali da parte di Albert Ammerman e Filippi755 grazie a una ricca serie di carotaggi. Questi studi hanno dato modo di comprendere il carattere naturale piuttosto dinamico dell’area prima dell’intervento antropico che ha profondamente modificato la sua fisionomia, oltre che datare l’inizio dei lavori di pavimentazione della piazza forense.
2023
978-625-8056-42-6
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