Trapiantato nel codice penale l'art. 131-bis, con il compito di definire struttura e ambito applicativo dell’istituto - riconducibile, al pari dei suoi antesignani, al fenomeno della depenalizzazione in concreto -, il legislatore delegato ha dovuto coordinare il congegno sostanziale con le dinamiche processuali, cercando di raggiungere un non facile equilibrio tra l’esigenza di una applicazione sufficientemente agile e anticipata della causa di non punibilità nell’iter accertativo e l’adeguata tutela dei contrapposti interessi dell’indagato/imputato e della persona offesa. La specificità della verifica sottesa alla tenuità del fatto e la tipologia di sentenza deputata ad ospitarla all’esito del giudizio hanno poi reso necessario disciplinare gli effetti extrapenali del giudicato “di tenuità” e ritoccare le norme in materia di casellario giudiziale. Il risultato dello sforzo profuso dal legislatore è nel complesso deludente. La “specialità” della nuova causa di non punibilità è scarsamente valorizzata. Le modalità di accertamento sono solo rapsodicamente indicate. La disciplina, scarna e talvolta ambigua, presenta evidenti corrività tecniche e difetti di coordinamento. Ampi sono i vuoti di tutela. Restano nell’ombra i rapporti con i microsistemi periferici. Così, quell’«adeguamento processuale» imposto dal delegante è rimasto, in parte, lettera morta. È affidato all’interprete il compito di foggiare e collocare le tessere mancanti nel mosaico di una disciplina invocata da studiosi e operatori del processo penale da più di vent’anni e che, ancora una volta, reca il sigillo di un legislatore troppo frettoloso e distratto.
«Tenuità del fatto» e processo penale
TURCO, Elga
2020-01-01
Abstract
Trapiantato nel codice penale l'art. 131-bis, con il compito di definire struttura e ambito applicativo dell’istituto - riconducibile, al pari dei suoi antesignani, al fenomeno della depenalizzazione in concreto -, il legislatore delegato ha dovuto coordinare il congegno sostanziale con le dinamiche processuali, cercando di raggiungere un non facile equilibrio tra l’esigenza di una applicazione sufficientemente agile e anticipata della causa di non punibilità nell’iter accertativo e l’adeguata tutela dei contrapposti interessi dell’indagato/imputato e della persona offesa. La specificità della verifica sottesa alla tenuità del fatto e la tipologia di sentenza deputata ad ospitarla all’esito del giudizio hanno poi reso necessario disciplinare gli effetti extrapenali del giudicato “di tenuità” e ritoccare le norme in materia di casellario giudiziale. Il risultato dello sforzo profuso dal legislatore è nel complesso deludente. La “specialità” della nuova causa di non punibilità è scarsamente valorizzata. Le modalità di accertamento sono solo rapsodicamente indicate. La disciplina, scarna e talvolta ambigua, presenta evidenti corrività tecniche e difetti di coordinamento. Ampi sono i vuoti di tutela. Restano nell’ombra i rapporti con i microsistemi periferici. Così, quell’«adeguamento processuale» imposto dal delegante è rimasto, in parte, lettera morta. È affidato all’interprete il compito di foggiare e collocare le tessere mancanti nel mosaico di una disciplina invocata da studiosi e operatori del processo penale da più di vent’anni e che, ancora una volta, reca il sigillo di un legislatore troppo frettoloso e distratto.File | Dimensione | Formato | |
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