Le potenzialità archeologiche del sito di Torre S. Sabina sono sicuramente eccezionali. In accordo con la Soprintendenza per i Beni Archeologici della Puglia e con la Direzione del Museo Provinciale di Brindisi, si è condotto un lavoro di rilettura della documentazione relativa alle indagini degli anni ’70 e ’80 e ai successivi interventi e rinvenimenti occasionali, nonché una revisione completa dei materiali recuperati; questo “scavo dello scavo” ha prodotto eccellenti risultati, permettendo di comprendere e distinguere - almeno in parte - alcune evidenze e alcuni rapporti fisici e spaziali tra le stesse, di precisare l’arco cronologico della frequentazione, di puntualizzarne i picchi o gli iati, ma soprattutto, di aprire la discussione sulle problematiche. Tale lavoro voleva essere ed era necessariamente propedeutico ad una ripresa delle indagini, e quindi, a distanza di un quarto di secolo, all’applicazione delle nuove nuove strategie, delle nuove metodologie e delle nuove tecniche dell’archeologia dell paesaggio costiero, dell’archeologia stratigrafica, dell’archeologia navale. A ciò si aggiunga che questo scavo ha costituito la fase finale e altamente formativa di un Corso di Formazione per operatori tecnici per l’Archeologia Subacquea, riservato a laureati e laureandi in Beni Culturali, ai quali si sono aggiunti uditori e allievi della Laurea Specialistica in Archeologia dell’Università del Salento. La campagna ha visto un impegnativo lavoro di due équipes di scavo che operavano contemporaneamente in due punti distinti della baia. L’area B, ai piedi del banco roccioso occidentale (più vicino alla torre), coincide con la fascia sottostante la scarpata sommersa interessata dal deposito di materiale in parte recuperato tra gli anni ’70 e ’80 (oltre diecimila pezzi ), estremamente eterogeneo sia per la provenienza, sia per le fabbriche, sia, soprattutto, per la cronologia. Il raccordo che fu tentato nel 1983, tra le aree dei primi scavi ai piedi della scarpata rocciosa e quello più a nord, è stato completato e approfondito con uno scavo stratigrafico, che ha permesso di comprendere la sequenza delle giaciture e di cogliere alcune lacune. Il secondo obiettivo della campagna è stato il relitto spiaggiato Torre S. Sabina 1 (area A), che giace presso il costone orientale a soli 2,50 m di profondità. Lo scavo ha messo in luce parti dell’opera morta della nave, di eccezionale interesse, nonché resti del carico che permettono di circoscrivere il range cronologico del naufragio alla fine del III- inizi del IV sec.d.C.
Torre S. Sabina (Carovigno, Br). L’approdo ritrovato
R. Auriemma
2014-01-01
Abstract
Le potenzialità archeologiche del sito di Torre S. Sabina sono sicuramente eccezionali. In accordo con la Soprintendenza per i Beni Archeologici della Puglia e con la Direzione del Museo Provinciale di Brindisi, si è condotto un lavoro di rilettura della documentazione relativa alle indagini degli anni ’70 e ’80 e ai successivi interventi e rinvenimenti occasionali, nonché una revisione completa dei materiali recuperati; questo “scavo dello scavo” ha prodotto eccellenti risultati, permettendo di comprendere e distinguere - almeno in parte - alcune evidenze e alcuni rapporti fisici e spaziali tra le stesse, di precisare l’arco cronologico della frequentazione, di puntualizzarne i picchi o gli iati, ma soprattutto, di aprire la discussione sulle problematiche. Tale lavoro voleva essere ed era necessariamente propedeutico ad una ripresa delle indagini, e quindi, a distanza di un quarto di secolo, all’applicazione delle nuove nuove strategie, delle nuove metodologie e delle nuove tecniche dell’archeologia dell paesaggio costiero, dell’archeologia stratigrafica, dell’archeologia navale. A ciò si aggiunga che questo scavo ha costituito la fase finale e altamente formativa di un Corso di Formazione per operatori tecnici per l’Archeologia Subacquea, riservato a laureati e laureandi in Beni Culturali, ai quali si sono aggiunti uditori e allievi della Laurea Specialistica in Archeologia dell’Università del Salento. La campagna ha visto un impegnativo lavoro di due équipes di scavo che operavano contemporaneamente in due punti distinti della baia. L’area B, ai piedi del banco roccioso occidentale (più vicino alla torre), coincide con la fascia sottostante la scarpata sommersa interessata dal deposito di materiale in parte recuperato tra gli anni ’70 e ’80 (oltre diecimila pezzi ), estremamente eterogeneo sia per la provenienza, sia per le fabbriche, sia, soprattutto, per la cronologia. Il raccordo che fu tentato nel 1983, tra le aree dei primi scavi ai piedi della scarpata rocciosa e quello più a nord, è stato completato e approfondito con uno scavo stratigrafico, che ha permesso di comprendere la sequenza delle giaciture e di cogliere alcune lacune. Il secondo obiettivo della campagna è stato il relitto spiaggiato Torre S. Sabina 1 (area A), che giace presso il costone orientale a soli 2,50 m di profondità. Lo scavo ha messo in luce parti dell’opera morta della nave, di eccezionale interesse, nonché resti del carico che permettono di circoscrivere il range cronologico del naufragio alla fine del III- inizi del IV sec.d.C.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.