L’idea di questo intervento nasce dall’iniziativa promossa dalla Società Dante Alighieri per mezzo del periodico Madrelingua, in collaborazione con Folia Magazine, che, tra l’agosto e il novembre 2013, in occasione dei 700 anni dalla nascita di Boccaccio, promosse un concorso denominato Decameron in 100 tweet. Per ogni novella si richiedevano tweet, o meglio due twoosh, ossia tweet da 140 caratteri esatti.. Obiettivo degli organizzatori del concorso era quello di avviare un processo di riscrittura sintetico dell’opera boccacciana che viene vista come una tweet-community. In questa sede verranno analizzati i tweet inviati per la seconda giornata, dove si ragiona di chi, da diverse cose infestato, sia oltre alla sua speranza riuscito a lieto fine. I tweet sono raccolti in uno Storify, una banca data virtuale che mette insieme tutti i tweet contrassegnati dallo stesso hastag . Obiettivo della ricerca è quello di studiare il sistema interpuntivo utilizzato dai twittanti, che spesso hanno affidato parte della narrazione a potenti segni di punteggiatura, risemantizzandoli e sovraestendendone la funzione semantica, per compensare le limitazioni di battute imposte dal mezzo. Ci si è chiesto fino a che punto gli usi meno convenzionali dell'interpunzione sono legati al compito specifico e fino a che punto annunciano una futura ristrutturazione del sistema nello scritto contemporaneo (magari trainato dallo scritto-parlato della comunicazione via computer). Anche se non è possibile fare confronti tra i segni interpuntivi utilizzati dal Certaldese e quelli della nostra tradizione interpuntiva corrente, si può osservare con Letizia Lala che qui, come in generale “nell’italiano contemporaneo le scelte interpuntive tendono a dipendere in maniera sempre maggiore da ragioni di ordine testuale, realizzando impieghi non convocati dalla struttura linguistica ma che si spiegano a partire dai legami semantico-pragmatici che il contenuto dell’unità testuale posta a ridosso del segno intrattiene con il cotesto, e che assicurano il mantenimento del testo come unità coerente” (Lala 2011, p. 42). Alla luce di ciò, si studieranno le occorrenze dei differenti segni d’interpunzione, verificando l’eventuale relazione tra le diverse funzioni e i loro usi, valutando la possibilità di riscrittura di una grammatica della punteggiatura altra, rispetto a quella codificata dalla tradizione. Da un primo carotaggio, per esempio, è risultato un ipertrofico uso della virgola che, oltre a segmentare i periodi in frasi che contengono nuclei informativi autonomi, contribuisce alla scansione e progressione degli eventi, frammenta l’unità della frase, per la messa in rilievo anche di un singolo costituente, conferendogli autonomia testuale. I due punti, invece, costituiscono una risorsa preziosa: contribuiscono al dinamismo della narrazione e creano una sorta di scivolamento graduale lungo l’asse sintagmatico, evitando le brusche fratture, per esempio, del punto fermo ed eludono l’uso dei connettivi che saturerebbero ben presto il numero dei caratteri a disposizione. I due punti assumono diverse funzioni, da quella causativa a quella motivazionale, di specificazione/illustrazione. Il grande assente nei toosh analizzati risulta, invece, il punto e virgola. Così come i puntini di sospensione, i punti esclamativi ed interrogativi che eccedono e caratterizzano proprio la comunicazione mediata dal computer. Un caso, dunque, di punteggiatura ibrida - a metà strada tra quella tradizionale e quella dei social - che probabilmente è condizionata anche, ma non solo, dal tipo di testo e dai contenuti, segno di una duttilità del sistema che camaleonticamente si adatta ad esigenze scrittorie, ridefinendone di volta in volta usi e specializzandone funzioni.
La punteggiatura nei tweet letterari: specificità di genere o ristrutturazione del sistema?
Annarita Miglietta
2019-01-01
Abstract
L’idea di questo intervento nasce dall’iniziativa promossa dalla Società Dante Alighieri per mezzo del periodico Madrelingua, in collaborazione con Folia Magazine, che, tra l’agosto e il novembre 2013, in occasione dei 700 anni dalla nascita di Boccaccio, promosse un concorso denominato Decameron in 100 tweet. Per ogni novella si richiedevano tweet, o meglio due twoosh, ossia tweet da 140 caratteri esatti.. Obiettivo degli organizzatori del concorso era quello di avviare un processo di riscrittura sintetico dell’opera boccacciana che viene vista come una tweet-community. In questa sede verranno analizzati i tweet inviati per la seconda giornata, dove si ragiona di chi, da diverse cose infestato, sia oltre alla sua speranza riuscito a lieto fine. I tweet sono raccolti in uno Storify, una banca data virtuale che mette insieme tutti i tweet contrassegnati dallo stesso hastag . Obiettivo della ricerca è quello di studiare il sistema interpuntivo utilizzato dai twittanti, che spesso hanno affidato parte della narrazione a potenti segni di punteggiatura, risemantizzandoli e sovraestendendone la funzione semantica, per compensare le limitazioni di battute imposte dal mezzo. Ci si è chiesto fino a che punto gli usi meno convenzionali dell'interpunzione sono legati al compito specifico e fino a che punto annunciano una futura ristrutturazione del sistema nello scritto contemporaneo (magari trainato dallo scritto-parlato della comunicazione via computer). Anche se non è possibile fare confronti tra i segni interpuntivi utilizzati dal Certaldese e quelli della nostra tradizione interpuntiva corrente, si può osservare con Letizia Lala che qui, come in generale “nell’italiano contemporaneo le scelte interpuntive tendono a dipendere in maniera sempre maggiore da ragioni di ordine testuale, realizzando impieghi non convocati dalla struttura linguistica ma che si spiegano a partire dai legami semantico-pragmatici che il contenuto dell’unità testuale posta a ridosso del segno intrattiene con il cotesto, e che assicurano il mantenimento del testo come unità coerente” (Lala 2011, p. 42). Alla luce di ciò, si studieranno le occorrenze dei differenti segni d’interpunzione, verificando l’eventuale relazione tra le diverse funzioni e i loro usi, valutando la possibilità di riscrittura di una grammatica della punteggiatura altra, rispetto a quella codificata dalla tradizione. Da un primo carotaggio, per esempio, è risultato un ipertrofico uso della virgola che, oltre a segmentare i periodi in frasi che contengono nuclei informativi autonomi, contribuisce alla scansione e progressione degli eventi, frammenta l’unità della frase, per la messa in rilievo anche di un singolo costituente, conferendogli autonomia testuale. I due punti, invece, costituiscono una risorsa preziosa: contribuiscono al dinamismo della narrazione e creano una sorta di scivolamento graduale lungo l’asse sintagmatico, evitando le brusche fratture, per esempio, del punto fermo ed eludono l’uso dei connettivi che saturerebbero ben presto il numero dei caratteri a disposizione. I due punti assumono diverse funzioni, da quella causativa a quella motivazionale, di specificazione/illustrazione. Il grande assente nei toosh analizzati risulta, invece, il punto e virgola. Così come i puntini di sospensione, i punti esclamativi ed interrogativi che eccedono e caratterizzano proprio la comunicazione mediata dal computer. Un caso, dunque, di punteggiatura ibrida - a metà strada tra quella tradizionale e quella dei social - che probabilmente è condizionata anche, ma non solo, dal tipo di testo e dai contenuti, segno di una duttilità del sistema che camaleonticamente si adatta ad esigenze scrittorie, ridefinendone di volta in volta usi e specializzandone funzioni.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.