L’ingresso dell’Italia nella prima guerra mondiale, al fianco dell’Intesa, lungi dall'essere motivo di collaborazione con il Regno di Serbia, in funzione della vittoria finale contro il comune nemico austro-ungarico, fu, invece, la causa di una sorta di “guerra fredda” diplomatica tra i due Regni. Nonostante facessero parte dello stesso schieramento e combattessero contro lo stesso nemico, i rapporti tra i due paesi furono caratterizzati da un’evidente e reciproca mancanza di fiducia: sfiducia italiana nei confronti della Serbia per l’appoggio alle rivendicazioni slovene e croate in Istria e Dalmazia e per le iniziative unilaterali in Albania; sfiducia serba verso l’Italia per le mire espansionistiche su territori abitati da popolazioni jugoslave, per le ambizioni egemoniche sull'intera regione e anche per il prolungato negoziato con l’Austria-Ungheria nel periodo della neutralità italiana, il cui esito avrebbe potuto rivelarsi esiziale per la sopravvivenza stessa del Regno balcanico. Nel corso della guerra, il governo italiano e quello serbo non agirono certo come alleati nella grande lotta per la liberazione dei propri connazionali oppressi dal dominio asburgico, ma come rivali pronti a raggiungere i propri obiettivi l’uno a spese dell’altro e, talvolta, l’uno contro l’altro; una rivalità destinata ad aggravarsi e a trasformarsi in aperto contrasto anche in sede di Conferenza della pace e negli anni successivi, fino alla drammatica resa dei conti della seconda guerra mondiale.
Il problema dell’intervento italiano in guerra e la questione nazionale serba
BUCARELLI, MASSIMO
2016-01-01
Abstract
L’ingresso dell’Italia nella prima guerra mondiale, al fianco dell’Intesa, lungi dall'essere motivo di collaborazione con il Regno di Serbia, in funzione della vittoria finale contro il comune nemico austro-ungarico, fu, invece, la causa di una sorta di “guerra fredda” diplomatica tra i due Regni. Nonostante facessero parte dello stesso schieramento e combattessero contro lo stesso nemico, i rapporti tra i due paesi furono caratterizzati da un’evidente e reciproca mancanza di fiducia: sfiducia italiana nei confronti della Serbia per l’appoggio alle rivendicazioni slovene e croate in Istria e Dalmazia e per le iniziative unilaterali in Albania; sfiducia serba verso l’Italia per le mire espansionistiche su territori abitati da popolazioni jugoslave, per le ambizioni egemoniche sull'intera regione e anche per il prolungato negoziato con l’Austria-Ungheria nel periodo della neutralità italiana, il cui esito avrebbe potuto rivelarsi esiziale per la sopravvivenza stessa del Regno balcanico. Nel corso della guerra, il governo italiano e quello serbo non agirono certo come alleati nella grande lotta per la liberazione dei propri connazionali oppressi dal dominio asburgico, ma come rivali pronti a raggiungere i propri obiettivi l’uno a spese dell’altro e, talvolta, l’uno contro l’altro; una rivalità destinata ad aggravarsi e a trasformarsi in aperto contrasto anche in sede di Conferenza della pace e negli anni successivi, fino alla drammatica resa dei conti della seconda guerra mondiale.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.