Dalla metà del XIX secolo si cominciarono ad analizzare ossa e conchiglie da scavi archeologici per avere ulteriori informazioni del modo di vita delle popolazioni preistoriche e sull’ambiente in cui vivevano. La prima vera archeozoologia, nel senso di studi specialistici dei resti archeofaunistici è di solito associata al lavoro dello svizzero Rütimeyer, che influenzò la storia di questa disciplina con il suo lavoro del 1861 “Die Fauna der Pfahlbauten der Schweiz”, che spinse negli anni successivi gli studiosi italiani ad analizzare le faune di insediamenti preistorici italiani, soprattutto quelle delle palafitte e delle terramare; tra questi Coppi, Canestrini, Strobel e altri. Nel 1870, in occasione della V sessione del Congresso Internazionale di antropologia e archeologia preistorica tenutosi l’anno seguente a Bologna, Generali scrisse una nota nel volume sulle terramare del Modenese di C. Boni, nel quale sottolineava “l’incontrastabile utilità dello studio delle varie specie e razze animali nelle epoche più antiche e meno conosciute, e l’importanza che questo studio ha nelle vive quistioni sulla origine e trasformazione delle specie...”. Questo fruttuoso spirito di collaborazione tra archeologi e naturalisti continuò fino ai primi anni del XX secolo, periodo in cui si accentuò la separazione tra studi storico-filologici e studi naturalistici.

Le prime ricerche sulle faune dei siti dell’età del Bronzo in Italia

DE GROSSI MAZZORIN, Jacopo
2014-01-01

Abstract

Dalla metà del XIX secolo si cominciarono ad analizzare ossa e conchiglie da scavi archeologici per avere ulteriori informazioni del modo di vita delle popolazioni preistoriche e sull’ambiente in cui vivevano. La prima vera archeozoologia, nel senso di studi specialistici dei resti archeofaunistici è di solito associata al lavoro dello svizzero Rütimeyer, che influenzò la storia di questa disciplina con il suo lavoro del 1861 “Die Fauna der Pfahlbauten der Schweiz”, che spinse negli anni successivi gli studiosi italiani ad analizzare le faune di insediamenti preistorici italiani, soprattutto quelle delle palafitte e delle terramare; tra questi Coppi, Canestrini, Strobel e altri. Nel 1870, in occasione della V sessione del Congresso Internazionale di antropologia e archeologia preistorica tenutosi l’anno seguente a Bologna, Generali scrisse una nota nel volume sulle terramare del Modenese di C. Boni, nel quale sottolineava “l’incontrastabile utilità dello studio delle varie specie e razze animali nelle epoche più antiche e meno conosciute, e l’importanza che questo studio ha nelle vive quistioni sulla origine e trasformazione delle specie...”. Questo fruttuoso spirito di collaborazione tra archeologi e naturalisti continuò fino ai primi anni del XX secolo, periodo in cui si accentuò la separazione tra studi storico-filologici e studi naturalistici.
2014
9788860450555
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