La letteratura erotica è costituita da una serie di circa 125 «capitoli in lode», componimenti in terza rima dedicati all’elogio paradossale di oggetti assolutamente banali e impoetici (le anguille, le pesche, l’orinale, la salsiccia, e cosí via). Scritti da personaggi illustri dedlla letteratura del XVI secolo (Francesco Berni, Giovanni, Mauro, Giovanni Della Casa, Francesco Maria Molza, Anton Francesco Grazzini, detto il Lasca, Annibal Caro, solo per citarne alcuni), questi testi erano genericamente confusi con la poesia burlesca, tant’è vero che quasi tutti (tranne i 28 componimenti del Grazzini, che videro la luce in una generica sezione di Capitoli dell’edizione dell sue Rime, curata da Carlo Verzone nel 1882) sono stati raccolti, senza alcuna distinzione, nelle piú importanti miscellanee cinquecentesche e settecentesche di rime burlesche. L’elemento peculiare e distintivo della poesia erotica è costituito dall’uso equivoco della lingua, in forza del quale il significato osceno dell’intero testo viene abilmente mascherato sotto un discorso che sul piano letterale appare assolutamente ingenuo e rispettoso delle regole della decenza. L’erotismo non è mai conclamato o esibito, ma accuratamente nascosto a un livello semantico profondo. E lo strumento piú efficace er costruire testi apparentemente innocenti, in realtà pieni di sottintesi riferimenti a una materia scabrosa, è senz’altro l’eufemismo. Qui è la fonte del gioco funambolico che caratterizza la poesia erotica come pure il suo punto critico. Infatti, il doppio senso di questi componimenti era chiaramente e immediatamente compreso dai contemporanei, che ridevano divertiti. Il tempo, però, ha progressivamente e inesorabilmente offuscato la trasparente allusività dei testi erotici, per cui il lettore moderno, di fronte ad essi, ha finito per trovarli noiosi e insignificanti o, nel migliore dei casi, stravaganti. Ne sono derivati inevitabilmente errori di valutazione e di inquadramento storico-letterario. Per prima cosa occorre, perciò, riappropriarsi dell’originario codice linguistico che garantisca innanzitutto una corretta interpretazione dei testi equivoci, gustandone il caleidoscopico gioco espressivo, l’inesauribile susseguirsi di anfibologie, la sorprendente capacità di trovare sempre nuovi modi di dare rappresentazione letteraria all’eros. In tal modo, si potrà lavorare per aprire la strada al riconoscimento della letteratura erotica come uno dei campi si è manifestato con maggior vigore lo sperimentalismo tecnico ed espressivo del XVI secolo, che però a sua volta non si riduce a un puro esercizio retorico fine a se stesso, ma è una risorsa sapientemente messa al servizio di un preciso programma letterario anticlassicistico, e in particolare antipetrarchesco.

La lingua come distintivo di genere: il caso della letteratura erotica del Cinquecento

MARZO, Antonio
1997-01-01

Abstract

La letteratura erotica è costituita da una serie di circa 125 «capitoli in lode», componimenti in terza rima dedicati all’elogio paradossale di oggetti assolutamente banali e impoetici (le anguille, le pesche, l’orinale, la salsiccia, e cosí via). Scritti da personaggi illustri dedlla letteratura del XVI secolo (Francesco Berni, Giovanni, Mauro, Giovanni Della Casa, Francesco Maria Molza, Anton Francesco Grazzini, detto il Lasca, Annibal Caro, solo per citarne alcuni), questi testi erano genericamente confusi con la poesia burlesca, tant’è vero che quasi tutti (tranne i 28 componimenti del Grazzini, che videro la luce in una generica sezione di Capitoli dell’edizione dell sue Rime, curata da Carlo Verzone nel 1882) sono stati raccolti, senza alcuna distinzione, nelle piú importanti miscellanee cinquecentesche e settecentesche di rime burlesche. L’elemento peculiare e distintivo della poesia erotica è costituito dall’uso equivoco della lingua, in forza del quale il significato osceno dell’intero testo viene abilmente mascherato sotto un discorso che sul piano letterale appare assolutamente ingenuo e rispettoso delle regole della decenza. L’erotismo non è mai conclamato o esibito, ma accuratamente nascosto a un livello semantico profondo. E lo strumento piú efficace er costruire testi apparentemente innocenti, in realtà pieni di sottintesi riferimenti a una materia scabrosa, è senz’altro l’eufemismo. Qui è la fonte del gioco funambolico che caratterizza la poesia erotica come pure il suo punto critico. Infatti, il doppio senso di questi componimenti era chiaramente e immediatamente compreso dai contemporanei, che ridevano divertiti. Il tempo, però, ha progressivamente e inesorabilmente offuscato la trasparente allusività dei testi erotici, per cui il lettore moderno, di fronte ad essi, ha finito per trovarli noiosi e insignificanti o, nel migliore dei casi, stravaganti. Ne sono derivati inevitabilmente errori di valutazione e di inquadramento storico-letterario. Per prima cosa occorre, perciò, riappropriarsi dell’originario codice linguistico che garantisca innanzitutto una corretta interpretazione dei testi equivoci, gustandone il caleidoscopico gioco espressivo, l’inesauribile susseguirsi di anfibologie, la sorprendente capacità di trovare sempre nuovi modi di dare rappresentazione letteraria all’eros. In tal modo, si potrà lavorare per aprire la strada al riconoscimento della letteratura erotica come uno dei campi si è manifestato con maggior vigore lo sperimentalismo tecnico ed espressivo del XVI secolo, che però a sua volta non si riduce a un puro esercizio retorico fine a se stesso, ma è una risorsa sapientemente messa al servizio di un preciso programma letterario anticlassicistico, e in particolare antipetrarchesco.
1997
8881144514
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