L’analisi comincia dalle ombre rosa che si addensano sulla rappresentanza e comincia una serie di domande problematiche le cui risposte sono via via sviluppate nel saggio. La tesi è che la questione di un riequilibrio solo quantitativo della rappresentanza politica, con una più adeguata e paritaria presenza femminile, non è di per sé sinonimo di riequilibrio del deficit di democrazia, deficit che è sempre più evidente e che in modo sempre più ampio si presenta ai nostri gli occhi. Inoltre, se una serie di procedure giuridiche legislative, definite azioni positive, per esempio quelle ottenute con la modifica nel 2003 dell’art. 51 della costituzione, sembrano tendere a realizzare un riequilibrio della rappresentanza politica, e sembrano correggere la tradizionale prassi di governo e di potere, in realtà omologano assimilando le differenze entro una presupposta e anche astratta identità dei ruoli politici, che conservano e riproducono le medesime procedure nella presenza governativa. L’ironia con cui l’autrice si chiede quando cominceremo a interrogarci, oltre che sulla opportunità storica di riservare delle quote alla rappresentanza femminile, sulla urgente necessità di ripensare la rappresentanza politica , che non può essere tale, se non è pari al 50% di presenza femminile, visto che le donne di fatto costituiscono poco più del 50% della popolazione, trova il suo sbocco nella necessità di interrogarci più analiticamente sulle opportunità storiche e simboliche che hanno consentito agli uomini di essere presenti nella rappresentanza politica con quote che oscillano dall’85 al 100% e continuano a strutturare un governo, che può essere definito mal-governo nella duplice accezione del termine che nel senso inglese corrisponde a maschile e in quello italiano di cattivo?. Forcina sostiene che prima ancora che sulla legittima necessità di un riequilibrio della rappresentanza politica forse dobbiamo cominciare a riesaminare la struttura della democrazia che, oggi più di ieri, non può essere solo, come sosteneva Schumpeter “quell’accorgimento istituzionale per arrivare a decisioni politiche nel quale alcune persone acquistano il potere di decidere mediante una lotta competitiva per il voto popolare”. La democrazia, sostiene M.F. non è affatto la prassi del governo decisionale gestito dal potere di alcune persone, anche se tale potere sia stato acquistato mediante la delega e la rappresentanza politica, perché la democrazia si nutre dei bisogni consapevoli, della partecipazione condivisa, dell’ uguaglianza di opportunità, della progettualità partecipe di tutti i cittadini: uomini e donne. E, in particolare le donne hanno mostrato che la loro presenza come cittadine consapevoli e attive è indispensabile per connotare lo spazio pubblico come spazio democratico.

Donne e riequilibrio della rappresentanza politica: bastano le quote?

FORCINA, Marisa
2009-01-01

Abstract

L’analisi comincia dalle ombre rosa che si addensano sulla rappresentanza e comincia una serie di domande problematiche le cui risposte sono via via sviluppate nel saggio. La tesi è che la questione di un riequilibrio solo quantitativo della rappresentanza politica, con una più adeguata e paritaria presenza femminile, non è di per sé sinonimo di riequilibrio del deficit di democrazia, deficit che è sempre più evidente e che in modo sempre più ampio si presenta ai nostri gli occhi. Inoltre, se una serie di procedure giuridiche legislative, definite azioni positive, per esempio quelle ottenute con la modifica nel 2003 dell’art. 51 della costituzione, sembrano tendere a realizzare un riequilibrio della rappresentanza politica, e sembrano correggere la tradizionale prassi di governo e di potere, in realtà omologano assimilando le differenze entro una presupposta e anche astratta identità dei ruoli politici, che conservano e riproducono le medesime procedure nella presenza governativa. L’ironia con cui l’autrice si chiede quando cominceremo a interrogarci, oltre che sulla opportunità storica di riservare delle quote alla rappresentanza femminile, sulla urgente necessità di ripensare la rappresentanza politica , che non può essere tale, se non è pari al 50% di presenza femminile, visto che le donne di fatto costituiscono poco più del 50% della popolazione, trova il suo sbocco nella necessità di interrogarci più analiticamente sulle opportunità storiche e simboliche che hanno consentito agli uomini di essere presenti nella rappresentanza politica con quote che oscillano dall’85 al 100% e continuano a strutturare un governo, che può essere definito mal-governo nella duplice accezione del termine che nel senso inglese corrisponde a maschile e in quello italiano di cattivo?. Forcina sostiene che prima ancora che sulla legittima necessità di un riequilibrio della rappresentanza politica forse dobbiamo cominciare a riesaminare la struttura della democrazia che, oggi più di ieri, non può essere solo, come sosteneva Schumpeter “quell’accorgimento istituzionale per arrivare a decisioni politiche nel quale alcune persone acquistano il potere di decidere mediante una lotta competitiva per il voto popolare”. La democrazia, sostiene M.F. non è affatto la prassi del governo decisionale gestito dal potere di alcune persone, anche se tale potere sia stato acquistato mediante la delega e la rappresentanza politica, perché la democrazia si nutre dei bisogni consapevoli, della partecipazione condivisa, dell’ uguaglianza di opportunità, della progettualità partecipe di tutti i cittadini: uomini e donne. E, in particolare le donne hanno mostrato che la loro presenza come cittadine consapevoli e attive è indispensabile per connotare lo spazio pubblico come spazio democratico.
2009
9788854825468
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