Oggi trionfa una cultura dove tutto ha un prezzo e non un valore, dove l’economia di mercato ha monetizzato doni e affetti e cura, e tradotto qualità e valori in quantità e ricchezza ostentabile, e questa non ha più alcun legame con la soggettività e l’identità sociale data da riflessione, pensiero e cultura dei soggetti. Questo è l’esordio dal saggio di Marisa Forcina. Senza mitizzare il passato, afferma che, dietro il “dono” della nascita, o dietro l’espressione “s’era comprato un bambino” era invece una soggettività rappresentata anche dal riflessivo si\se, che rendeva le donne portatrici di un’identità sociale e questa, nel bene e nel male, legava a sé il fatto della nascita, rappresentandolo come l’esperienza privilegiata del femminile. Nella storia politica si è parlato di autodeterminazione dei popoli, e anche delle donne, afferma Forcina citando Adriana Cavarero, e si è utilizzato il corpo politico sempre come una metafora organologica, con testa, cuore, membra. Ma, nella metafora politica, tutti questi elementi sono esangui, statici e senza vita, ossia senza possibilità di cambiamento e senza nascita. Semplicemente sono costruiti secondo un’idea e una volta per tutte. Ecco perché occorre innovare lessici e comportamenti: perché una cultura della nascita è una cultura essenzialmente politica, dove, come nella politica, i corpi non possono essere separati. I corpi delle donne e di chi nasce sono insieme soggetti viventi e titolari di diritti e devono essere soggetti di decisione e di responsabilità sia nel privato che nello spazio pubblico, sia nel mondo comune che in quello politico e giuridico.
Per una cultura della nascita
FORCINA, Marisa
2011-01-01
Abstract
Oggi trionfa una cultura dove tutto ha un prezzo e non un valore, dove l’economia di mercato ha monetizzato doni e affetti e cura, e tradotto qualità e valori in quantità e ricchezza ostentabile, e questa non ha più alcun legame con la soggettività e l’identità sociale data da riflessione, pensiero e cultura dei soggetti. Questo è l’esordio dal saggio di Marisa Forcina. Senza mitizzare il passato, afferma che, dietro il “dono” della nascita, o dietro l’espressione “s’era comprato un bambino” era invece una soggettività rappresentata anche dal riflessivo si\se, che rendeva le donne portatrici di un’identità sociale e questa, nel bene e nel male, legava a sé il fatto della nascita, rappresentandolo come l’esperienza privilegiata del femminile. Nella storia politica si è parlato di autodeterminazione dei popoli, e anche delle donne, afferma Forcina citando Adriana Cavarero, e si è utilizzato il corpo politico sempre come una metafora organologica, con testa, cuore, membra. Ma, nella metafora politica, tutti questi elementi sono esangui, statici e senza vita, ossia senza possibilità di cambiamento e senza nascita. Semplicemente sono costruiti secondo un’idea e una volta per tutte. Ecco perché occorre innovare lessici e comportamenti: perché una cultura della nascita è una cultura essenzialmente politica, dove, come nella politica, i corpi non possono essere separati. I corpi delle donne e di chi nasce sono insieme soggetti viventi e titolari di diritti e devono essere soggetti di decisione e di responsabilità sia nel privato che nello spazio pubblico, sia nel mondo comune che in quello politico e giuridico.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.