Dopo le Pasquinate romane del Cunquecento (a cura di Valerio Marucci, Antonio Marzo e Angelo Romano, Roma, alerno Editrice, 1984, 2 voll.), questa nuova raccolta di testi pasquineschi non solo offre un’ulteriore messe di materiali in gran parte inediti, ma allarga e precisa il discorso critico su uno dei piú interessanti fenomeni letterari del Cinquecento italiano. I componimenti qui raccolti dimostrano infatti l’esistenza – finora insospettata – di un secondo filone del pasquinismo, parallelo a quello principale, quanto l’altro vivace, attivo anch’sso fin dai primo decenni del Cinquecento (e non solo a Roma, ma anchea Venezia: ed è questa acquisizione nuova) all’interno di una cerchia di pubblico culturalmente selezionata. Destinato prevalentemente non al torso romano di Pasquino, ma al torchio tipografico, questi testi si discostano notevolmente dalle pasquinate tradizionali: sul piano strutturale, infatti, abbandonano la lapidaria e pungente brevitas del sonetto per distendersi in forme di piú ampio respiro (il lamento, la frottola, l’epistola in versi, ecc.), mentre su quello tematico ampliano i consueti temi pasquineschi, legati all’invettiva e alla polemica personale, per farsi eco della crisi socio-economica che travagliava Roma in quel difficile scorcio del secolo XVI, della quale offrono una ricostruzione inedita, spiritosa e trasgressiva, ma non banale, anzi per molti versi seria e “impegnata”.
Pasquino e dintorni
MARZO, Antonio
1990-01-01
Abstract
Dopo le Pasquinate romane del Cunquecento (a cura di Valerio Marucci, Antonio Marzo e Angelo Romano, Roma, alerno Editrice, 1984, 2 voll.), questa nuova raccolta di testi pasquineschi non solo offre un’ulteriore messe di materiali in gran parte inediti, ma allarga e precisa il discorso critico su uno dei piú interessanti fenomeni letterari del Cinquecento italiano. I componimenti qui raccolti dimostrano infatti l’esistenza – finora insospettata – di un secondo filone del pasquinismo, parallelo a quello principale, quanto l’altro vivace, attivo anch’sso fin dai primo decenni del Cinquecento (e non solo a Roma, ma anchea Venezia: ed è questa acquisizione nuova) all’interno di una cerchia di pubblico culturalmente selezionata. Destinato prevalentemente non al torso romano di Pasquino, ma al torchio tipografico, questi testi si discostano notevolmente dalle pasquinate tradizionali: sul piano strutturale, infatti, abbandonano la lapidaria e pungente brevitas del sonetto per distendersi in forme di piú ampio respiro (il lamento, la frottola, l’epistola in versi, ecc.), mentre su quello tematico ampliano i consueti temi pasquineschi, legati all’invettiva e alla polemica personale, per farsi eco della crisi socio-economica che travagliava Roma in quel difficile scorcio del secolo XVI, della quale offrono una ricostruzione inedita, spiritosa e trasgressiva, ma non banale, anzi per molti versi seria e “impegnata”.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.