Nel contesto dei corsi universitari, compresi a loro volta in un quadro di rapporti istituzionali molto strutturati, il parlato risulta fortemente condizionato da alcune variabili pragmatico-interazionali. La capacità di trasmettere conoscenze sembra dipendere da quella di sapere organizzare l’interazione, nelle sue fasi di introduzione, sviluppo, conclusione. Fra gli interlocutori, docente- studente, oltre ad esserci un’asimmetria di ruolo , vi è anche un’asimmetria enciclopedica, essendo il leader interazionale anche portatore di una serie, di un ‘programma’ di informazioni che ha trasmesso allo studente a lezione o attraverso l’assegnazione di un programma di studio. L’esame rappresenta il momento in cui si ha la verifica di questo processo di trasmissione. Nella situazione ‘esame’ è richiesto l’uso di un parlato speciale, riportato, che rimanda allo scritto, ai testi del programma preparato o al parlato delle lezioni accademiche, in un contorno temporale che evade, in più punti, da quello contingente dell’esame stesso. Questo parlato istituzionale, sebbene diverso da quello colloquiale informale, rispetta i criteri generali della conversazione. Come fa notare Grice, ogni dialogo è frutto di un lavoro di collaborazione fra due persone che si sono date uno scopo comune. Come in tutte le comunicazioni verbali, le conoscenze enciclopediche su cui si basa la comunicazione non comprendono solo informazioni, il sapere, ma anche schemi di comportamento, il saper fare, il saper fare linguistico, il saper strutturare il proprio discorso in una determinata situazione, secondo le aspettative dell’interlocutore. Questa dinamica di convergenza pragmatica, perché l’interazione vada a buon fine, emerge in tutti i frammenti di esami universitari analizzati nel contributo. Sono numerosi i segnali di solidarietà, cooperazione e attenuazione del grado emotivo, dell’ansia, dello studente da parte del docente (“Cosa mi porta di programma”, “parliamo un po’”, “vogliamo partire”), che rimandano allo stile pedagogico del docente, alla voce pedagogica che accompagna, in questi casi, il ruolo di esaminatore. Il plurale di solidarietà (“parliamo”, “vogliamo parlare”, ecc.) è una forma di ordine particolarmente mitigata nella forza illocutoria. La mimica, la postura, lo sguardo, il ricorso a elementi tipici del parlato, come i segnali discorsivi, caratterizzano l'interazione studente-docente, come il parlato in generale. Nell’organizzazione e nella produzione di un parlato altamente pianificato, sottoposto a valutazione, sono punti di riferimento non solo le abilità linguistiche, che tengono conto delle indicazioni del Quadro comune europeo, ma anche le abilità pragmatiche, psico-cognitive, perché parlare in modo efficace ed efficiente richiede complesse competenze multimodali.

Il parlato all’Università. Competenze e valutazione

TEMPESTA, Immacolata
2011-01-01

Abstract

Nel contesto dei corsi universitari, compresi a loro volta in un quadro di rapporti istituzionali molto strutturati, il parlato risulta fortemente condizionato da alcune variabili pragmatico-interazionali. La capacità di trasmettere conoscenze sembra dipendere da quella di sapere organizzare l’interazione, nelle sue fasi di introduzione, sviluppo, conclusione. Fra gli interlocutori, docente- studente, oltre ad esserci un’asimmetria di ruolo , vi è anche un’asimmetria enciclopedica, essendo il leader interazionale anche portatore di una serie, di un ‘programma’ di informazioni che ha trasmesso allo studente a lezione o attraverso l’assegnazione di un programma di studio. L’esame rappresenta il momento in cui si ha la verifica di questo processo di trasmissione. Nella situazione ‘esame’ è richiesto l’uso di un parlato speciale, riportato, che rimanda allo scritto, ai testi del programma preparato o al parlato delle lezioni accademiche, in un contorno temporale che evade, in più punti, da quello contingente dell’esame stesso. Questo parlato istituzionale, sebbene diverso da quello colloquiale informale, rispetta i criteri generali della conversazione. Come fa notare Grice, ogni dialogo è frutto di un lavoro di collaborazione fra due persone che si sono date uno scopo comune. Come in tutte le comunicazioni verbali, le conoscenze enciclopediche su cui si basa la comunicazione non comprendono solo informazioni, il sapere, ma anche schemi di comportamento, il saper fare, il saper fare linguistico, il saper strutturare il proprio discorso in una determinata situazione, secondo le aspettative dell’interlocutore. Questa dinamica di convergenza pragmatica, perché l’interazione vada a buon fine, emerge in tutti i frammenti di esami universitari analizzati nel contributo. Sono numerosi i segnali di solidarietà, cooperazione e attenuazione del grado emotivo, dell’ansia, dello studente da parte del docente (“Cosa mi porta di programma”, “parliamo un po’”, “vogliamo partire”), che rimandano allo stile pedagogico del docente, alla voce pedagogica che accompagna, in questi casi, il ruolo di esaminatore. Il plurale di solidarietà (“parliamo”, “vogliamo parlare”, ecc.) è una forma di ordine particolarmente mitigata nella forza illocutoria. La mimica, la postura, lo sguardo, il ricorso a elementi tipici del parlato, come i segnali discorsivi, caratterizzano l'interazione studente-docente, come il parlato in generale. Nell’organizzazione e nella produzione di un parlato altamente pianificato, sottoposto a valutazione, sono punti di riferimento non solo le abilità linguistiche, che tengono conto delle indicazioni del Quadro comune europeo, ma anche le abilità pragmatiche, psico-cognitive, perché parlare in modo efficace ed efficiente richiede complesse competenze multimodali.
2011
9788856841121
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