L’obiezione di coscienza, intesa come istituto giuridico positivamente riconosciuto (obiezione secundum legem), ha goduto in Italia di una particolare fortuna, sia pratica sia teorica, in regime di servizio militare obbligatorio, consentendo di svolgere, per motivi di coscienza, il servizio civile in alternativa a quello militare. Oggi, sospesa la leva obbligatoria, le nuove frontiere dell’obiezione di coscienza riguardano soprattutto il campo della bioetica, nei suoi molteplici settori, particolarmente sensibili al fatto di coscienza (aborto, eutanasia, testamento biologico, sterilizzazione volontaria, ricombinazioni genetiche, procreazione medicalmente assistita, sperimentazione su animali, ecc.). Anche l’accentuarsi del pluralismo etnico e culturale (c.d. “multiculturalismo”) introduce nella nostra società numerose istanze identitarie che reclamano un loro “diritto alla differenza”, talora riconducibile a nuove ipotesi di obiezione di coscienza (sia riconosciute sia rivendicate). Emerge così il punto cruciale di ogni forma di obiezione di coscienza: la determinazione, cioè, del limite fin dove l'ordinamento può o deve ampliare la sfera delle libertà riconosciute, al fine di consentire a più persone, di diversa cultura o di diversa religione, di convivere nella stessa “casa comune”, senza rinunciare alla propria identità, preservando tuttavia, nello stesso tempo, un nucleo essenziale di valori e di solidarietà comuni, allo scopo di garantire le ragioni di unità dell'ordinamento giuridico. L’istituto (e, ancor prima, il “fenomeno”) dell’obiezione, nonostante gli aspetti di problematicità che in talune circostanze va assumendo (ma la storia dell’obiezione di coscienza è sempre stata una storia di problematicità e di criticità), conserva ancora oggi una perdurante attualità ed un rilevante spessore concettuale. Sempre che di essa si custodisca una nozione sufficientemente precisa ed identificante. E sempre che essa sia interpretata e vissuta prima di tutto come una questione “di valore”.
I nuovi volti di Antigone. Le obiezioni di coscienza nell'esperienza giuridica contemporanea, Prólogo di Rafael Navarro Valls
TURCHI, Vincenzo
2009-01-01
Abstract
L’obiezione di coscienza, intesa come istituto giuridico positivamente riconosciuto (obiezione secundum legem), ha goduto in Italia di una particolare fortuna, sia pratica sia teorica, in regime di servizio militare obbligatorio, consentendo di svolgere, per motivi di coscienza, il servizio civile in alternativa a quello militare. Oggi, sospesa la leva obbligatoria, le nuove frontiere dell’obiezione di coscienza riguardano soprattutto il campo della bioetica, nei suoi molteplici settori, particolarmente sensibili al fatto di coscienza (aborto, eutanasia, testamento biologico, sterilizzazione volontaria, ricombinazioni genetiche, procreazione medicalmente assistita, sperimentazione su animali, ecc.). Anche l’accentuarsi del pluralismo etnico e culturale (c.d. “multiculturalismo”) introduce nella nostra società numerose istanze identitarie che reclamano un loro “diritto alla differenza”, talora riconducibile a nuove ipotesi di obiezione di coscienza (sia riconosciute sia rivendicate). Emerge così il punto cruciale di ogni forma di obiezione di coscienza: la determinazione, cioè, del limite fin dove l'ordinamento può o deve ampliare la sfera delle libertà riconosciute, al fine di consentire a più persone, di diversa cultura o di diversa religione, di convivere nella stessa “casa comune”, senza rinunciare alla propria identità, preservando tuttavia, nello stesso tempo, un nucleo essenziale di valori e di solidarietà comuni, allo scopo di garantire le ragioni di unità dell'ordinamento giuridico. L’istituto (e, ancor prima, il “fenomeno”) dell’obiezione, nonostante gli aspetti di problematicità che in talune circostanze va assumendo (ma la storia dell’obiezione di coscienza è sempre stata una storia di problematicità e di criticità), conserva ancora oggi una perdurante attualità ed un rilevante spessore concettuale. Sempre che di essa si custodisca una nozione sufficientemente precisa ed identificante. E sempre che essa sia interpretata e vissuta prima di tutto come una questione “di valore”.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.