Questo saggio, utilizzando tutte le fonti disponibili, ricostruisce le premesse teoriche e politiche della riforma giudiziaria francese del 1790. La discussione sulla riforma dell’ordinamento giudiziario impegna l’Assemblea Nazionale Costituente dal marzo all’agosto 1790 quando, con la costituzionalizzazione della giuria penale quale giudice del fatto, sarà definitivamente superata la fase transitoria retta dai decreti Beaumetz (8-9 ottobre 1789), risultando acquisito un modello processuale tendenzialmente accusatorio. Il pluralismo giurisdizionale d’Antico Regime, già posto sotto accusa nel corso della seduta-fiume iniziata il pomeriggio del 4 agosto 1789 era stato praticamente proscritto con l’approvazione definitiva della Déclaration des Droits de l’Homme et du Citoyen. Gli stessi Parlamenti e Consigli superiori (Corti di giustizia apicali nella Francia d'Antico Regime), malgrado il grande prestigio culturale di molti suoi esponenti (testimoniato anche dalla qualificata rappresentanza da essi deputata alla Costituente), erano però diventati antinomici rispetto al Nouveau Régime costituzionale delineatosi dopo la crisi estiva del 14 luglio/4 agosto 1789, visto che i Parlamenti, dopo essersi impoliticamente opposti al raddoppio del Terzo Stato, avevano poi manifestato una nuova propensione per la fronda, rifiutandosi di interinare testi d’importanza fondamentale. I tempi per una revisione generale dell’intero ordinamento giudiziario erano considerati maturi. Se ne era reso conto lo stesso Comité de Constitution a maggioranza monarchienne, quando per bocca dell’avvocato Nicolas Bergasse, sin dal 17 agosto 1789 aveva delineato, forse a malincuore, un nuovo sistema al cui interno non vi era più posto per i Parlamenti. Il secondo Comité de Constitution uscito dal rinnovo del 12 settembre 1789 nel volgere di pochi mesi fu in grado di presentare all’Assemblea un nuovo testo legislativo (che sviluppava le premesse teoriche del Progetto Bergasse) letto da Jacques-Guillaume Thouret nelle sedute di martedì 22 dicembre 1789 (i primi dieci Titoli) e di martedì 2 febbraio 1790 (gli ultimi sei Titoli). Così formulato, il nuovo progetto comprendeva sedici titoli preceduti da brevi Observations sommaires concernenti i lavori preparatorî. All’interno di un impianto concettuale reso più saldo dall’avvenuto riordinamento delle amministrazioni locali rese tutte elettive, ritroviamo i giudici di pace nei cantoni, un doppio ordine di tribunali nei distretti e nei dipartimenti, le Corti Superiori interdipartimentali, una Corte suprema di revisione in luogo del vecchio Conseil des Parties, infine, un’Alta Corte Nazionale per giudicare gli attentati alla costituzione. Le materie di polizia diventavano di competenza delle Municipalità; quanto ai giurati, il Comitato si riservava un successivo intervento. Il saggio mette anche a fuoco il ruolo svolto all'epoca dal filosofo e giurista britannico Jeremy Bentham, che viveva con attenta partecipazione gli eventi assembleari d’Oltremanica. Presa, pertanto, visione dei primi dieci titoli del progetto Thouret letti in aula il 22 dicembre 1789, nel giro di novanta giorni, nel marzo 1790, Bentham aveva pubblicato un suo contro-progetto di indubbia originalità, accompagnato da un confronto sinottico dei due testi e da osservazioni critiche rivolte al testo del Comité de Constitution. Non risulta che l’Assemblea Nazionale abbia tenuto in alcun conto la brochure che pure le era stata inviata in omaggio. Pare, anzi, che il veto di Sieyès abbia fatto abortire un tentativo di traduzione. Difatti, l’originalissimo contro-progetto Bentham non rappresentava solo un’alternativa a Thouret, essendo altresì antitetico rispetto all’Apperçu (progetto di riforma giudiziaria) presentato a suo tempo dall'abate Sieyès. Bentham, pur approvando alcuni dei criteri informatori della riforma (in particolare la gratuità della giustizia, la pubblicità dei giudizi penali e l’imparzialità nell’ordine di assegnazione delle cause), cominciò a considerarla nel suo insieme come un’occasione mancata. Decise, pertanto, di procedere alla stesura di un commento sistematico del progetto Thouret; muovendo, ancora una volta, dalla convinzione di poter influire sulle scelte di politica legislativa dell’Assemblea Nazionale Costituente. La critica benthamiana al progetto 22 dicembre 1789 si sviluppa in tre direzioni, attingendo ampiamente ad argomentazioni di tipo razionalista, non prive di efficacia. Del progetto Thouret sono, innanzi tutto, criticati gli ambigui rapporti tra re e amministrazione della giustizia civile e penale; in secondo luogo, l’eccessiva frammentazione giurisdizionale; infine, la preferenza attribuita agli organi giudicanti collegiali, che paiono sovrastare le competenze residuali riconosciute al giudice di pace monocratico. Ma l'approvazione definitiva del Progetto Thouret non fu compromessa da Bentham, bensì da una iniziativa maturata in Assemblea all'interno di uno dei suoi Comitati tecnici: il Comité pour la réforme de la Jurisprudence criminelle, delineatosi nella primavera 1790 quale antagonista del Comité de Constitution. Infatti, il deputato Adrien Du Port (già magistrato, consigliere al Parlamento di Parigi) contrappone a quello del Comité de Constitution (illustrato da Thouret) un proprio contro-progetto: i Principes et Plan sur l’établissement de l’Ordre judiciaire (marzo 1790), comunicando ai colleghi una parte del suo programma di riforme giudiziarie approntato in lunghi anni di riflessioni, forte di un passato parlamentare di spicco e di una crescente considerazione all’interno della Costituente. I Principes si presentano alla stregua di una contro-relazione, che ha il merito di mettere al centro del dibattito l’istituzione della giuria, la critica serrata alle intime incongruenze del progetto Thouret, la natura probabilistica delle decisioni giudiziarie. Da questa lezione procedurale sarebbe sortita, con il sostanziale accantonamento del progetto Thouret 22 dicembre 1789, una inversione dell’ordine delle priorità legislative stabilite dal Comitato grazie alla deliberazione preliminare sull’adozione della giuria che avrebbe, a sua volta, reso inevitabile l’immediata riforma del quadro legislativo penale. Lo schema di riforma duportiano descrive un modulo giudiziario semplificato che prevede l’intervento dei giurati nei processi civili e penali. Il filo conduttore dei Principes è dato dall’asserzione che i giudici non debbano interpretare le leggi, ma limitarsi ad applicarle; partendo dalla differenza esistente tra legge (ambito generale) e sentenza (decisione sul caso singolo) l’intero problema processuale è focalizzato intorno ai momenti dell’accertamento di un fatto (nei limiti della sussistenza/insussistenza), della sua valutazione giuridica (legalità/illegalità) e della sua imputabilità a qualcuno. L’asse portante del piano di riforma illustrato da Adrien Du Port è la giuria popolare: i giurati eletti dai cittadini e ricusabili dalle parti avrebbero garantito l’imparzialità delle decisioni, sottraendo a giudici professionali ridotti nel numero (e anche essi eletti) ogni potere decisionale. La giuria diventa la chiave di volta del nuovo sistema processuale perché in piena crisi rivoluzionaria solo un coinvolgimento popolare immediato (soprattutto in materia penale) avrebbe potuto restituire credibilità all’amministrazione della giustizia, impedendo che la progressiva delegittimazione delle strutture giudiziarie suggerisse alle componenti più esagitate del patriottismo di piazza soluzioni alternative di stampo draconiano, estranee al quadro di legalità delineato dalla Costituente. Questo saggio, utilizzando tutte le fonti disponibili, ricostruisce le premesse teoriche e politiche della riforma giudiziaria francese del 1790. La discussione sulla riforma dell’ordinamento giudiziario impegna l’Assemblea Nazionale Costituente dal marzo all’agosto 1790 quando, con la costituzionalizzazione della giuria penale quale giudice del fatto, sarà definitivamente superata la fase transitoria retta dai decreti Beaumetz (8-9 ottobre 1789), risultando acquisito un modello processuale tendenzialmente accusatorio. Il pluralismo giurisdizionale d’Antico Regime, già posto sotto accusa nel corso della seduta-fiume iniziata il pomeriggio del 4 agosto 1789 era stato praticamente proscritto con l’approvazione definitiva della Déclaration des Droits de l’Homme et du Citoyen. Gli stessi Parlamenti e Consigli superiori (Corti di giustizia apicali nella Francia d'Antico Regime), malgrado il grande prestigio culturale di molti suoi esponenti (testimoniato anche dalla qualificata rappresentanza da essi deputata alla Costituente), erano però diventati antinomici rispetto al Nouveau Régime costituzionale delineatosi dopo la crisi estiva del 14 luglio/4 agosto 1789, visto che i Parlamenti, dopo essersi impoliticamente opposti al raddoppio del Terzo Stato, avevano poi manifestato una nuova propensione per la fronda, rifiutandosi di interinare testi d’importanza fondamentale. I tempi per una revisione generale dell’intero ordinamento giudiziario erano considerati maturi. Se ne era reso conto lo stesso Comité de Constitution a maggioranza monarchienne, quando per bocca dell’avvocato Nicolas Bergasse, sin dal 17 agosto 1789 aveva delineato, forse a malincuore, un nuovo sistema al cui interno non vi era più posto per i Parlamenti. Il secondo Comité de Constitution uscito dal rinnovo del 12 settembre 1789 nel volgere di pochi mesi fu in grado di presentare all’Assemblea un nuovo testo legislativo (che sviluppava le premesse teoriche del Progetto Bergasse) letto da Jacques-Guillaume Thouret nelle sedute di martedì 22 dicembre 1789 (i primi dieci Titoli) e di martedì 2 febbraio 1790 (gli ultimi sei Titoli). Così formulato, il nuovo progetto comprendeva sedici titoli preceduti da brevi Observations sommaires concernenti i lavori preparatorî. All’interno di un impianto concettuale reso più saldo dall’avvenuto riordinamento delle amministrazioni locali rese tutte elettive, ritroviamo i giudici di pace nei cantoni, un doppio ordine di tribunali nei distretti e nei dipartimenti, le Corti Superiori interdipartimentali, una Corte suprema di revisione in luogo del vecchio Conseil des Parties, infine, un’Alta Corte Nazionale per giudicare gli attentati alla costituzione. Le materie di polizia diventavano di competenza delle Municipalità; quanto ai giurati, il Comitato si riservava un successivo intervento. Il saggio mette anche a fuoco il ruolo svolto all'epoca dal filosofo e giurista britannico Jeremy Bentham, che viveva con attenta partecipazione gli eventi assembleari d’Oltremanica. Presa, pertanto, visione dei primi dieci titoli del progetto Thouret letti in aula il 22 dicembre 1789, nel giro di novanta giorni, nel marzo 1790, Bentham aveva pubblicato un suo contro-progetto di indubbia originalità, accompagnato da un confronto sinottico dei due testi e da osservazioni critiche rivolte al testo del Comité de Constitution. Non risulta che l’Assemblea Nazionale abbia tenuto in alcun conto la brochure che pure le era stata inviata in omaggio. Pare, anzi, che il veto di Sieyès abbia fatto abortire un tentativo di traduzione. Difatti, l’originalissimo contro-progetto Bentham non rappresentava solo un’alternativa a Thouret, essendo altresì antitetico rispetto all’Apperçu (progetto di riforma giudiziaria) presentato a suo tempo dall'abate Sieyès. Bentham, pur approvando alcuni dei criteri informatori della riforma (in particolare la gratuità della giustizia, la pubblicità dei giudizi penali e l’imparzialità nell’ordine di assegnazione delle cause), cominciò a considerarla nel suo insieme come un’occasione mancata. Decise, pertanto, di procedere alla stesura di un commento sistematico del progetto Thouret; muovendo, ancora una volta, dalla convinzione di poter influire sulle scelte di politica legislativa dell’Assemblea Nazionale Costituente. La critica benthamiana al progetto 22 dicembre 1789 si sviluppa in tre direzioni, attingendo ampiamente ad argomentazioni di tipo razionalista, non prive di efficacia. Del progetto Thouret sono, innanzi tutto, criticati gli ambigui rapporti tra re e amministrazione della giustizia civile e penale; in secondo luogo, l’eccessiva frammentazione giurisdizionale; infine, la preferenza attribuita agli organi giudicanti collegiali, che paiono sovrastare le competenze residuali riconosciute al giudice di pace monocratico. Ma l'approvazione definitiva del Progetto Thouret non fu compromessa da Bentham, bensì da una iniziativa maturata in Assemblea all'interno di uno dei suoi Comitati tecnici: il Comité pour la réforme de la Jurisprudence criminelle, delineatosi nella primavera 1790 quale antagonista del Comité de Constitution. Infatti, il deputato Adrien Du Port (già magistrato, consigliere al Parlamento di Parigi) contrappone a quello del Comité de Constitution (illustrato da Thouret) un proprio contro-progetto: i Principes et Plan sur l’établissement de l’Ordre judiciaire (marzo 1790), comunicando ai colleghi una parte del suo programma di riforme giudiziarie approntato in lunghi anni di riflessioni, forte di un passato parlamentare di spicco e di una crescente considerazione all’interno della Costituente. I Principes si presentano alla stregua di una contro-relazione, che ha il merito di mettere al centro del dibattito l’istituzione della giuria, la critica serrata alle intime incongruenze del progetto Thouret, la natura probabilistica delle decisioni giudiziarie. Da questa lezione procedurale sarebbe sortita, con il sostanziale accantonamento del progetto Thouret 22 dicembre 1789, una inversione dell’ordine delle priorità legislative stabilite dal Comitato grazie alla deliberazione preliminare sull’adozione della giuria che avrebbe, a sua volta, reso inevitabile l’immediata riforma del quadro legislativo penale. Lo schema di riforma duportiano descrive un modulo giudiziario semplificato che prevede l’intervento dei giurati nei processi civili e penali. Il filo conduttore dei Principes è dato dall’asserzione che i giudici non debbano interpretare le leggi, ma limitarsi ad applicarle; partendo dalla differenza esistente tra legge (ambito generale) e sentenza (decisione sul caso singolo) l’intero problema processuale è focalizzato intorno ai momenti dell’accertamento di un fatto (nei limiti della sussistenza/insussistenza), della sua valutazione giuridica (legalità/illegalità) e della sua imputabilità a qualcuno. L’asse portante del piano di riforma illustrato da Adrien Du Port è la giuria popolare: i giurati eletti dai cittadini e ricusabili dalle parti avrebbero garantito l’imparzialità delle decisioni, sottraendo a giudici professionali ridotti nel numero (e anche essi eletti) ogni potere decisionale. La giuria diventa la chiave di volta del nuovo sistema processuale perché in piena crisi rivoluzionaria solo un coinvolgimento popolare immediato (soprattutto in materia penale) avrebbe potuto restituire credibilità all’amministrazione della giustizia, impedendo che la progressiva delegittimazione delle strutture giudiziarie suggerisse alle componenti più esagitate del patriottismo di piazza soluzioni alternative di stampo draconiano, estranee al quadro di legalità delineato dalla Costituente.
«Qu’une Révolution absolue s’opère»… I deputati-giuristi e la riforma dell’ordinamento giudiziario alla Costituente francese (17 agosto 1789/24 agosto 1790)
MARTUCCI, ROBERTO
2011-01-01
Abstract
Questo saggio, utilizzando tutte le fonti disponibili, ricostruisce le premesse teoriche e politiche della riforma giudiziaria francese del 1790. La discussione sulla riforma dell’ordinamento giudiziario impegna l’Assemblea Nazionale Costituente dal marzo all’agosto 1790 quando, con la costituzionalizzazione della giuria penale quale giudice del fatto, sarà definitivamente superata la fase transitoria retta dai decreti Beaumetz (8-9 ottobre 1789), risultando acquisito un modello processuale tendenzialmente accusatorio. Il pluralismo giurisdizionale d’Antico Regime, già posto sotto accusa nel corso della seduta-fiume iniziata il pomeriggio del 4 agosto 1789 era stato praticamente proscritto con l’approvazione definitiva della Déclaration des Droits de l’Homme et du Citoyen. Gli stessi Parlamenti e Consigli superiori (Corti di giustizia apicali nella Francia d'Antico Regime), malgrado il grande prestigio culturale di molti suoi esponenti (testimoniato anche dalla qualificata rappresentanza da essi deputata alla Costituente), erano però diventati antinomici rispetto al Nouveau Régime costituzionale delineatosi dopo la crisi estiva del 14 luglio/4 agosto 1789, visto che i Parlamenti, dopo essersi impoliticamente opposti al raddoppio del Terzo Stato, avevano poi manifestato una nuova propensione per la fronda, rifiutandosi di interinare testi d’importanza fondamentale. I tempi per una revisione generale dell’intero ordinamento giudiziario erano considerati maturi. Se ne era reso conto lo stesso Comité de Constitution a maggioranza monarchienne, quando per bocca dell’avvocato Nicolas Bergasse, sin dal 17 agosto 1789 aveva delineato, forse a malincuore, un nuovo sistema al cui interno non vi era più posto per i Parlamenti. Il secondo Comité de Constitution uscito dal rinnovo del 12 settembre 1789 nel volgere di pochi mesi fu in grado di presentare all’Assemblea un nuovo testo legislativo (che sviluppava le premesse teoriche del Progetto Bergasse) letto da Jacques-Guillaume Thouret nelle sedute di martedì 22 dicembre 1789 (i primi dieci Titoli) e di martedì 2 febbraio 1790 (gli ultimi sei Titoli). Così formulato, il nuovo progetto comprendeva sedici titoli preceduti da brevi Observations sommaires concernenti i lavori preparatorî. All’interno di un impianto concettuale reso più saldo dall’avvenuto riordinamento delle amministrazioni locali rese tutte elettive, ritroviamo i giudici di pace nei cantoni, un doppio ordine di tribunali nei distretti e nei dipartimenti, le Corti Superiori interdipartimentali, una Corte suprema di revisione in luogo del vecchio Conseil des Parties, infine, un’Alta Corte Nazionale per giudicare gli attentati alla costituzione. Le materie di polizia diventavano di competenza delle Municipalità; quanto ai giurati, il Comitato si riservava un successivo intervento. Il saggio mette anche a fuoco il ruolo svolto all'epoca dal filosofo e giurista britannico Jeremy Bentham, che viveva con attenta partecipazione gli eventi assembleari d’Oltremanica. Presa, pertanto, visione dei primi dieci titoli del progetto Thouret letti in aula il 22 dicembre 1789, nel giro di novanta giorni, nel marzo 1790, Bentham aveva pubblicato un suo contro-progetto di indubbia originalità, accompagnato da un confronto sinottico dei due testi e da osservazioni critiche rivolte al testo del Comité de Constitution. Non risulta che l’Assemblea Nazionale abbia tenuto in alcun conto la brochure che pure le era stata inviata in omaggio. Pare, anzi, che il veto di Sieyès abbia fatto abortire un tentativo di traduzione. Difatti, l’originalissimo contro-progetto Bentham non rappresentava solo un’alternativa a Thouret, essendo altresì antitetico rispetto all’Apperçu (progetto di riforma giudiziaria) presentato a suo tempo dall'abate Sieyès. Bentham, pur approvando alcuni dei criteri informatori della riforma (in particolare la gratuità della giustizia, la pubblicità dei giudizi penali e l’imparzialità nell’ordine di assegnazione delle cause), cominciò a considerarla nel suo insieme come un’occasione mancata. Decise, pertanto, di procedere alla stesura di un commento sistematico del progetto Thouret; muovendo, ancora una volta, dalla convinzione di poter influire sulle scelte di politica legislativa dell’Assemblea Nazionale Costituente. La critica benthamiana al progetto 22 dicembre 1789 si sviluppa in tre direzioni, attingendo ampiamente ad argomentazioni di tipo razionalista, non prive di efficacia. Del progetto Thouret sono, innanzi tutto, criticati gli ambigui rapporti tra re e amministrazione della giustizia civile e penale; in secondo luogo, l’eccessiva frammentazione giurisdizionale; infine, la preferenza attribuita agli organi giudicanti collegiali, che paiono sovrastare le competenze residuali riconosciute al giudice di pace monocratico. Ma l'approvazione definitiva del Progetto Thouret non fu compromessa da Bentham, bensì da una iniziativa maturata in Assemblea all'interno di uno dei suoi Comitati tecnici: il Comité pour la réforme de la Jurisprudence criminelle, delineatosi nella primavera 1790 quale antagonista del Comité de Constitution. Infatti, il deputato Adrien Du Port (già magistrato, consigliere al Parlamento di Parigi) contrappone a quello del Comité de Constitution (illustrato da Thouret) un proprio contro-progetto: i Principes et Plan sur l’établissement de l’Ordre judiciaire (marzo 1790), comunicando ai colleghi una parte del suo programma di riforme giudiziarie approntato in lunghi anni di riflessioni, forte di un passato parlamentare di spicco e di una crescente considerazione all’interno della Costituente. I Principes si presentano alla stregua di una contro-relazione, che ha il merito di mettere al centro del dibattito l’istituzione della giuria, la critica serrata alle intime incongruenze del progetto Thouret, la natura probabilistica delle decisioni giudiziarie. Da questa lezione procedurale sarebbe sortita, con il sostanziale accantonamento del progetto Thouret 22 dicembre 1789, una inversione dell’ordine delle priorità legislative stabilite dal Comitato grazie alla deliberazione preliminare sull’adozione della giuria che avrebbe, a sua volta, reso inevitabile l’immediata riforma del quadro legislativo penale. Lo schema di riforma duportiano descrive un modulo giudiziario semplificato che prevede l’intervento dei giurati nei processi civili e penali. Il filo conduttore dei Principes è dato dall’asserzione che i giudici non debbano interpretare le leggi, ma limitarsi ad applicarle; partendo dalla differenza esistente tra legge (ambito generale) e sentenza (decisione sul caso singolo) l’intero problema processuale è focalizzato intorno ai momenti dell’accertamento di un fatto (nei limiti della sussistenza/insussistenza), della sua valutazione giuridica (legalità/illegalità) e della sua imputabilità a qualcuno. L’asse portante del piano di riforma illustrato da Adrien Du Port è la giuria popolare: i giurati eletti dai cittadini e ricusabili dalle parti avrebbero garantito l’imparzialità delle decisioni, sottraendo a giudici professionali ridotti nel numero (e anche essi eletti) ogni potere decisionale. La giuria diventa la chiave di volta del nuovo sistema processuale perché in piena crisi rivoluzionaria solo un coinvolgimento popolare immediato (soprattutto in materia penale) avrebbe potuto restituire credibilità all’amministrazione della giustizia, impedendo che la progressiva delegittimazione delle strutture giudiziarie suggerisse alle componenti più esagitate del patriottismo di piazza soluzioni alternative di stampo draconiano, estranee al quadro di legalità delineato dalla Costituente. Questo saggio, utilizzando tutte le fonti disponibili, ricostruisce le premesse teoriche e politiche della riforma giudiziaria francese del 1790. La discussione sulla riforma dell’ordinamento giudiziario impegna l’Assemblea Nazionale Costituente dal marzo all’agosto 1790 quando, con la costituzionalizzazione della giuria penale quale giudice del fatto, sarà definitivamente superata la fase transitoria retta dai decreti Beaumetz (8-9 ottobre 1789), risultando acquisito un modello processuale tendenzialmente accusatorio. Il pluralismo giurisdizionale d’Antico Regime, già posto sotto accusa nel corso della seduta-fiume iniziata il pomeriggio del 4 agosto 1789 era stato praticamente proscritto con l’approvazione definitiva della Déclaration des Droits de l’Homme et du Citoyen. Gli stessi Parlamenti e Consigli superiori (Corti di giustizia apicali nella Francia d'Antico Regime), malgrado il grande prestigio culturale di molti suoi esponenti (testimoniato anche dalla qualificata rappresentanza da essi deputata alla Costituente), erano però diventati antinomici rispetto al Nouveau Régime costituzionale delineatosi dopo la crisi estiva del 14 luglio/4 agosto 1789, visto che i Parlamenti, dopo essersi impoliticamente opposti al raddoppio del Terzo Stato, avevano poi manifestato una nuova propensione per la fronda, rifiutandosi di interinare testi d’importanza fondamentale. I tempi per una revisione generale dell’intero ordinamento giudiziario erano considerati maturi. Se ne era reso conto lo stesso Comité de Constitution a maggioranza monarchienne, quando per bocca dell’avvocato Nicolas Bergasse, sin dal 17 agosto 1789 aveva delineato, forse a malincuore, un nuovo sistema al cui interno non vi era più posto per i Parlamenti. Il secondo Comité de Constitution uscito dal rinnovo del 12 settembre 1789 nel volgere di pochi mesi fu in grado di presentare all’Assemblea un nuovo testo legislativo (che sviluppava le premesse teoriche del Progetto Bergasse) letto da Jacques-Guillaume Thouret nelle sedute di martedì 22 dicembre 1789 (i primi dieci Titoli) e di martedì 2 febbraio 1790 (gli ultimi sei Titoli). Così formulato, il nuovo progetto comprendeva sedici titoli preceduti da brevi Observations sommaires concernenti i lavori preparatorî. All’interno di un impianto concettuale reso più saldo dall’avvenuto riordinamento delle amministrazioni locali rese tutte elettive, ritroviamo i giudici di pace nei cantoni, un doppio ordine di tribunali nei distretti e nei dipartimenti, le Corti Superiori interdipartimentali, una Corte suprema di revisione in luogo del vecchio Conseil des Parties, infine, un’Alta Corte Nazionale per giudicare gli attentati alla costituzione. Le materie di polizia diventavano di competenza delle Municipalità; quanto ai giurati, il Comitato si riservava un successivo intervento. Il saggio mette anche a fuoco il ruolo svolto all'epoca dal filosofo e giurista britannico Jeremy Bentham, che viveva con attenta partecipazione gli eventi assembleari d’Oltremanica. Presa, pertanto, visione dei primi dieci titoli del progetto Thouret letti in aula il 22 dicembre 1789, nel giro di novanta giorni, nel marzo 1790, Bentham aveva pubblicato un suo contro-progetto di indubbia originalità, accompagnato da un confronto sinottico dei due testi e da osservazioni critiche rivolte al testo del Comité de Constitution. Non risulta che l’Assemblea Nazionale abbia tenuto in alcun conto la brochure che pure le era stata inviata in omaggio. Pare, anzi, che il veto di Sieyès abbia fatto abortire un tentativo di traduzione. Difatti, l’originalissimo contro-progetto Bentham non rappresentava solo un’alternativa a Thouret, essendo altresì antitetico rispetto all’Apperçu (progetto di riforma giudiziaria) presentato a suo tempo dall'abate Sieyès. Bentham, pur approvando alcuni dei criteri informatori della riforma (in particolare la gratuità della giustizia, la pubblicità dei giudizi penali e l’imparzialità nell’ordine di assegnazione delle cause), cominciò a considerarla nel suo insieme come un’occasione mancata. Decise, pertanto, di procedere alla stesura di un commento sistematico del progetto Thouret; muovendo, ancora una volta, dalla convinzione di poter influire sulle scelte di politica legislativa dell’Assemblea Nazionale Costituente. La critica benthamiana al progetto 22 dicembre 1789 si sviluppa in tre direzioni, attingendo ampiamente ad argomentazioni di tipo razionalista, non prive di efficacia. Del progetto Thouret sono, innanzi tutto, criticati gli ambigui rapporti tra re e amministrazione della giustizia civile e penale; in secondo luogo, l’eccessiva frammentazione giurisdizionale; infine, la preferenza attribuita agli organi giudicanti collegiali, che paiono sovrastare le competenze residuali riconosciute al giudice di pace monocratico. Ma l'approvazione definitiva del Progetto Thouret non fu compromessa da Bentham, bensì da una iniziativa maturata in Assemblea all'interno di uno dei suoi Comitati tecnici: il Comité pour la réforme de la Jurisprudence criminelle, delineatosi nella primavera 1790 quale antagonista del Comité de Constitution. Infatti, il deputato Adrien Du Port (già magistrato, consigliere al Parlamento di Parigi) contrappone a quello del Comité de Constitution (illustrato da Thouret) un proprio contro-progetto: i Principes et Plan sur l’établissement de l’Ordre judiciaire (marzo 1790), comunicando ai colleghi una parte del suo programma di riforme giudiziarie approntato in lunghi anni di riflessioni, forte di un passato parlamentare di spicco e di una crescente considerazione all’interno della Costituente. I Principes si presentano alla stregua di una contro-relazione, che ha il merito di mettere al centro del dibattito l’istituzione della giuria, la critica serrata alle intime incongruenze del progetto Thouret, la natura probabilistica delle decisioni giudiziarie. Da questa lezione procedurale sarebbe sortita, con il sostanziale accantonamento del progetto Thouret 22 dicembre 1789, una inversione dell’ordine delle priorità legislative stabilite dal Comitato grazie alla deliberazione preliminare sull’adozione della giuria che avrebbe, a sua volta, reso inevitabile l’immediata riforma del quadro legislativo penale. Lo schema di riforma duportiano descrive un modulo giudiziario semplificato che prevede l’intervento dei giurati nei processi civili e penali. Il filo conduttore dei Principes è dato dall’asserzione che i giudici non debbano interpretare le leggi, ma limitarsi ad applicarle; partendo dalla differenza esistente tra legge (ambito generale) e sentenza (decisione sul caso singolo) l’intero problema processuale è focalizzato intorno ai momenti dell’accertamento di un fatto (nei limiti della sussistenza/insussistenza), della sua valutazione giuridica (legalità/illegalità) e della sua imputabilità a qualcuno. L’asse portante del piano di riforma illustrato da Adrien Du Port è la giuria popolare: i giurati eletti dai cittadini e ricusabili dalle parti avrebbero garantito l’imparzialità delle decisioni, sottraendo a giudici professionali ridotti nel numero (e anche essi eletti) ogni potere decisionale. La giuria diventa la chiave di volta del nuovo sistema processuale perché in piena crisi rivoluzionaria solo un coinvolgimento popolare immediato (soprattutto in materia penale) avrebbe potuto restituire credibilità all’amministrazione della giustizia, impedendo che la progressiva delegittimazione delle strutture giudiziarie suggerisse alle componenti più esagitate del patriottismo di piazza soluzioni alternative di stampo draconiano, estranee al quadro di legalità delineato dalla Costituente.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.