I resti faunistici rinvenuti nei diversi contesti urbani di San Salvo ci forniscono un quadro dell’importanza economica e alimentare delle diverse specie animali tra il VI e il XVII secolo. La quantità di frammenti ossei riferibili alle principali categorie di animali domestici (bovini, ovicaprini e suini) sembra indicare un maggior consumo di carne bovina tra il VI-VIII secolo e i secoli che vanno dal XIII al XIX in cui sembra affermarsi maggiormente la pastorizia. Il campione bovino, in tutte le fasi abitative, è composto prevalentemente da individui adulti macellati soltanto alla fine del loro ciclo lavorativo nei campi e da scarsi individui più giovani, allevati più propriamente per la produzione carnea. Gli ovicaprini sembrano essere costituiti soprattutto da pecore, solo nel XIII-XIV secolo si ha una maggior presenza di resti di capra. Il campione dei secoli XIII-XIV mostra una pastorizia articolata e la presenza di animali giovani e vecchi sottolinea un interesse sia per la produzione di carne che di lana e latte. Invece il campione dei secoli XVI-XVII, costituito quasi esclusivamente da individui adulti di cui la maggior parte senili, indica una particolare attenzione per la produzione di lana. I resti suini del VI-VIII secolo appartengono tutti a individui giovani o subadulti e ciò indica la ricerca di tagli di carne più pregiata. Molto particolare è invece il campione proveniente dal riempimento superiore di una sepoltura a camera ipogea, databile tra il VII e il IX secolo, che ha restituito 250 resti ossei di maialini appartenenti ad almeno 20 individui di cui 17 appena nati; gli scheletri erano pressoché completi e senza tracce di preparazione alimentare. Nelle fasi più tarde sono invece presenti sia animali giovani che adulti. Il maiale, oltre ad essere fonte di carne sia fresca che conservata, salata o affumicata, forniva anche la gran parte dei grassi alimentari (lardo, strutto) usata nella preparazione dei cibi. Il consumo di pollame sembra invece da riferirsi ad un’economia a conduzione domestica. L’allevamento degli animali da cortile, come galline e oche doveva infatti fornire un contributo soprattutto per l’economia familiare dei ceti meno abbienti. Gli equidi (cavallo e asino) sono scarsissimi e compaiono solo nelle fasi finali di occupazione e probabilmente non utilizzati nell’alimentazione. Infine tra gli scarsi animali selvatici sono presenti cervi, caprioli e cinghiali. Mentre tra le piccole prede sono documentati tassi, volpi e istrici probabilmente cacciati con lacci e trappole. E’ inoltre documentata la cattura di testudinati e rane, e il consumo di pesce e di molluschi marini (ostrica, piè d’asino e seppia).

Indagini archeozoologiche presso il centro medievale di S. Salvo (Chieti)

DE GROSSI MAZZORIN, Jacopo;DE VENUTO, GIOVANNI
2010-01-01

Abstract

I resti faunistici rinvenuti nei diversi contesti urbani di San Salvo ci forniscono un quadro dell’importanza economica e alimentare delle diverse specie animali tra il VI e il XVII secolo. La quantità di frammenti ossei riferibili alle principali categorie di animali domestici (bovini, ovicaprini e suini) sembra indicare un maggior consumo di carne bovina tra il VI-VIII secolo e i secoli che vanno dal XIII al XIX in cui sembra affermarsi maggiormente la pastorizia. Il campione bovino, in tutte le fasi abitative, è composto prevalentemente da individui adulti macellati soltanto alla fine del loro ciclo lavorativo nei campi e da scarsi individui più giovani, allevati più propriamente per la produzione carnea. Gli ovicaprini sembrano essere costituiti soprattutto da pecore, solo nel XIII-XIV secolo si ha una maggior presenza di resti di capra. Il campione dei secoli XIII-XIV mostra una pastorizia articolata e la presenza di animali giovani e vecchi sottolinea un interesse sia per la produzione di carne che di lana e latte. Invece il campione dei secoli XVI-XVII, costituito quasi esclusivamente da individui adulti di cui la maggior parte senili, indica una particolare attenzione per la produzione di lana. I resti suini del VI-VIII secolo appartengono tutti a individui giovani o subadulti e ciò indica la ricerca di tagli di carne più pregiata. Molto particolare è invece il campione proveniente dal riempimento superiore di una sepoltura a camera ipogea, databile tra il VII e il IX secolo, che ha restituito 250 resti ossei di maialini appartenenti ad almeno 20 individui di cui 17 appena nati; gli scheletri erano pressoché completi e senza tracce di preparazione alimentare. Nelle fasi più tarde sono invece presenti sia animali giovani che adulti. Il maiale, oltre ad essere fonte di carne sia fresca che conservata, salata o affumicata, forniva anche la gran parte dei grassi alimentari (lardo, strutto) usata nella preparazione dei cibi. Il consumo di pollame sembra invece da riferirsi ad un’economia a conduzione domestica. L’allevamento degli animali da cortile, come galline e oche doveva infatti fornire un contributo soprattutto per l’economia familiare dei ceti meno abbienti. Gli equidi (cavallo e asino) sono scarsissimi e compaiono solo nelle fasi finali di occupazione e probabilmente non utilizzati nell’alimentazione. Infine tra gli scarsi animali selvatici sono presenti cervi, caprioli e cinghiali. Mentre tra le piccole prede sono documentati tassi, volpi e istrici probabilmente cacciati con lacci e trappole. E’ inoltre documentata la cattura di testudinati e rane, e il consumo di pesce e di molluschi marini (ostrica, piè d’asino e seppia).
2010
9788874981434
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