Il contributo analizza le prove di autocommento di Amelia Rosselli, a lungo rimaste inedite, portate sopra la sua prima raccolta, "Variazioni belliche" e dapprima inviate a Pasolini affinché accompagnassero la pubblicazione delle poesie. Sulla scorta delle opere cliniche di studiosi del linguaggio schizoide (ad esempio quello stesso Binswanger che ebbe in cura Amelia Rosselli negli anni Cinquanta e che scrisse pagine memorabili sul manierismo del linguaggio psicotico, Stuchlik con la sua teoria delle "druse verbali", Pfersdorff coi suoi studi sull'ossessione interpretativa paraetimologica ancora nelle patologie psicotiche) ed effettuando una minuziosa ricostruzione dell'infanzia di Amelia e dei suoi traumi nel rapporto con la tragedia familiare (la Rosselli era figlia di Aldo martire dell'antifascismo), l'autore cerca di dimostrare le interferenze del linguaggio psicotico nella poesia della Rosselli, sottraendola a una superficiale, indistinta e impura voga celebrativa ma anche additando i punti di fuga verso esiti liberatori di grande valore lirico nella lotta hölderliniana che la poetessa condusse per tutta la vita, fino al suicidio, contro il demone della follia.
Amelia Rosselli dinanzi a se stessa: "fatti estremi" e "vita balorda".
PUCCETTI, Valter Leonardo
2010-01-01
Abstract
Il contributo analizza le prove di autocommento di Amelia Rosselli, a lungo rimaste inedite, portate sopra la sua prima raccolta, "Variazioni belliche" e dapprima inviate a Pasolini affinché accompagnassero la pubblicazione delle poesie. Sulla scorta delle opere cliniche di studiosi del linguaggio schizoide (ad esempio quello stesso Binswanger che ebbe in cura Amelia Rosselli negli anni Cinquanta e che scrisse pagine memorabili sul manierismo del linguaggio psicotico, Stuchlik con la sua teoria delle "druse verbali", Pfersdorff coi suoi studi sull'ossessione interpretativa paraetimologica ancora nelle patologie psicotiche) ed effettuando una minuziosa ricostruzione dell'infanzia di Amelia e dei suoi traumi nel rapporto con la tragedia familiare (la Rosselli era figlia di Aldo martire dell'antifascismo), l'autore cerca di dimostrare le interferenze del linguaggio psicotico nella poesia della Rosselli, sottraendola a una superficiale, indistinta e impura voga celebrativa ma anche additando i punti di fuga verso esiti liberatori di grande valore lirico nella lotta hölderliniana che la poetessa condusse per tutta la vita, fino al suicidio, contro il demone della follia.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.