Nella Francia della post-Restaurazione, in lungo e in largo percorsa da rigide linee ideologiche di demarcazione, che la laceravano fin nelle coscienze, dividendola in sette e sottosette di carattere politico, sociale, religioso, filosofico, spuntavano da tutte le parti "sistemi generali e piani di riforme universali" (Sainte-Beuve). In questa "confusione di desideri e di sentimenti smarriti" (ID.) si levò vibrante la voce, ascoltata in Francia e in tutta Europa, del "geniale" (Marx) Pierre Leroux (1797-1870), «la mente più robusta della Francia» (Mazzini), presentando progetti di riforme sociali e istituzionali non già utopisticamente «inventati» a tavolino, in una perdita dei «contatti con la terra» (MARX), ma derivanti da un'analisi condotta sulla società francese negli ultimi quarant'anni della sua storia, allo scopo di individuare quella forza interiore di sviluppo, che la faceva marciare verso l'avvenire. La sua filosofia della storia, che aveva gettato, sì, le sue radici nella filosofia della storia sansimoniana, ma che poi si era autonomamente sviluppata, non metteva le leggi della storia sullo stesso piano delle leggi fisiche alla maniera condorcettiana e marxiana, riscattando, così, la capacità dell'uomo di gestire in piena libertà, sia pure drammaticamente, il proprio posto nel tempo e rivalutando il ruolo di quegli «amanti» della società (grandi filosofi, grandi legislatori, grandi rivelatori religiosi), nelle cui viscere, fecondate da quell'amore, ha sempre cominciato a spuntare per prima il germe della società futura. Il filosofo, e l'intellettuale in genere, acquista in questo modo un ruolo determinante e insostituibile nella storia dell'umanità e qualsiasi disimpegno (manifesto nella teoria hughiana dell'arte per l'arte e nel monadismo accademico dell'eclettismo) o qualsiasi strumentalizzazione (evidente in Cousin, che faceva politica della filosofia piuttosto che filosofia della politica) sottraeva all'umanità proprio quelle forze, che nutrivano nel proprio seno i germi del rinnovamento. Si capisce perché in questa monografia l'autore abbia cercato di focalizzare, nella polemica Leroux-Cousin, tutti quegli aspetti della filosofia sociale e religiosa leroussiana, che meglio la definiscono storicamente e meglio rendono giustizia storiografica ad un filosofo che, per non aver risparmiato i suoi colpi né contro la sinistra del socialismo "invadente" né contro la destra del liberalismo "antisociale", è stato presto dimenticato a causa di quel gioco assurdo di politica culturale, che salva dal naufragio dell'oblio solo un "certo" passato per meglio pilotare ideologicamente e opportunisticamente, alla maniera cousiniana, il proprio presente.

Filosofia religiosa di Leroux ed eclettismo di Cousin

FIORENTINO, Fernando
1992-01-01

Abstract

Nella Francia della post-Restaurazione, in lungo e in largo percorsa da rigide linee ideologiche di demarcazione, che la laceravano fin nelle coscienze, dividendola in sette e sottosette di carattere politico, sociale, religioso, filosofico, spuntavano da tutte le parti "sistemi generali e piani di riforme universali" (Sainte-Beuve). In questa "confusione di desideri e di sentimenti smarriti" (ID.) si levò vibrante la voce, ascoltata in Francia e in tutta Europa, del "geniale" (Marx) Pierre Leroux (1797-1870), «la mente più robusta della Francia» (Mazzini), presentando progetti di riforme sociali e istituzionali non già utopisticamente «inventati» a tavolino, in una perdita dei «contatti con la terra» (MARX), ma derivanti da un'analisi condotta sulla società francese negli ultimi quarant'anni della sua storia, allo scopo di individuare quella forza interiore di sviluppo, che la faceva marciare verso l'avvenire. La sua filosofia della storia, che aveva gettato, sì, le sue radici nella filosofia della storia sansimoniana, ma che poi si era autonomamente sviluppata, non metteva le leggi della storia sullo stesso piano delle leggi fisiche alla maniera condorcettiana e marxiana, riscattando, così, la capacità dell'uomo di gestire in piena libertà, sia pure drammaticamente, il proprio posto nel tempo e rivalutando il ruolo di quegli «amanti» della società (grandi filosofi, grandi legislatori, grandi rivelatori religiosi), nelle cui viscere, fecondate da quell'amore, ha sempre cominciato a spuntare per prima il germe della società futura. Il filosofo, e l'intellettuale in genere, acquista in questo modo un ruolo determinante e insostituibile nella storia dell'umanità e qualsiasi disimpegno (manifesto nella teoria hughiana dell'arte per l'arte e nel monadismo accademico dell'eclettismo) o qualsiasi strumentalizzazione (evidente in Cousin, che faceva politica della filosofia piuttosto che filosofia della politica) sottraeva all'umanità proprio quelle forze, che nutrivano nel proprio seno i germi del rinnovamento. Si capisce perché in questa monografia l'autore abbia cercato di focalizzare, nella polemica Leroux-Cousin, tutti quegli aspetti della filosofia sociale e religiosa leroussiana, che meglio la definiscono storicamente e meglio rendono giustizia storiografica ad un filosofo che, per non aver risparmiato i suoi colpi né contro la sinistra del socialismo "invadente" né contro la destra del liberalismo "antisociale", è stato presto dimenticato a causa di quel gioco assurdo di politica culturale, che salva dal naufragio dell'oblio solo un "certo" passato per meglio pilotare ideologicamente e opportunisticamente, alla maniera cousiniana, il proprio presente.
1992
9788870482225
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