PROGETTO DI RICERCA Studio dell'interferenza di ioni metallici nel meccanismo d'azione dell'artemisina. Titolare del progetto: Antonucci Daniela Ente di Ricerca: Università degli Studi di Lecce Soggetto imprenditoriale: Lachifarma s.r.l Tutor Universitario: Prof. Benedetti Michele Tutor aziendale: Dott. Merendino Alessandro 1. Base di partenza scientifica Il paludismo (malaria) colpisce da 300 a 500 milioni di persone ogni anno in più di 90 paesi, di cui il 90% in Africa. Fra 1,5 e 2 milioni di persone muoiono ogni anno di cui da 1,3 a 1,8 milioni di bambini. Il Plasmodium falciparum è il principale parassita responsabile della diffusione della malattia nell’uomo a cui viene trasmesso attraverso la puntura della femmina della zanzara Anopheles. L’emergere di popolazioni di P. falciparum resistenti ai più comuni farmaci antimalarici, quali ad esempio la clorochina, ha determinato in anni recenti l’interesse verso l’uso di farmaci alternativi quali ad esempio l’Artemisina (1-3). In verità, una intera classe di farmaci antiplasmodiali derivati dall'Artemisina sono oggi di largo uso da soli e/o in combinazione con altre terapie, in particolare nei casi in cui sono presenti fenomeni di resistenza agli anti-plasmodiali convenzionali.(1,4) L’Artemisina è un lattone sesquiterpenico, prodotto nelle parti aeree della pianta Artemisia Annua L. (1,5,6), che risulta essere il capostipite di tutta una serie di importanti farmaci antimalarici. Artemisia annua L. (Asteraceae, Asteroideae, Anthemideae) è una pianta erbacea annuale autoctona dell’Asia, molto conosciuta ed utilizzata in Cina con il nome tradizionale di “qinghao”. La pianta risulta ora naturalizzata in diverse parti del mondo, inclusa l’Italia (1). A. annua è uno degli esempi più noti dell’impiego in medicina moderna di un farmaco naturale tradizionale. Nella medicina popolare la pianta è stata infatti per secoli utilizzata come febbrifugo, nel trattamento della malaria (1,7). Indagini fitochimiche hanno, in tempi più recenti, portato all’isolamento del principio attivo, l’Artemisina, appunto(1,5,6). Fatto rivelante e singolare è che la specie A. annua è praticamente l’unica del genere Artemisia a produrre tale principio attivo. Le parti della pianta dove si è riscontrata la maggior produzione di Artemisina sono le foglie e le infiorescenze; basse quantità sono state invece trovate nei cauli. Non è stata, invece, evidenziata alcuna capacità di sintesi del principio attivo nelle radici. L’Artemisina viene sintetizzata in vivo attraverso la via dell’acido mevalonico. Il processo di formazione di questo metabolita è stato oggetto di diversi studi (1,7,8), tuttavia non tutti i passaggi di bioconversione sono stati ancora delucidati. Da un precursore del tipo del bisabolo, attraverso l’intermedio 4,11-amorfadiene, a seguito di reazioni di ossidazione e riduzione, si arriva alla formazione dell’acido artemisinico (acido arteannuico) e dell’acido diidroartemisinico. Quest’ultimo può chimicamente essere convertito nel principio attivo mediante reazione di foto-ossidazione in condizioni simili a quelle che normalmente potrebbero verificarsi in vivo suggerendo la non implicazione di enzimi nei passaggi biosintetici successivi (9). In accordo con questa ipotesi, diversi prodotti metabolici derivanti dall’autoossidazione dell’acido diidroartemisinico sono stati infatti isolati da A. annua (9, 10). La struttura molecolare dell’artemisina è di fondamentale importanza per la sua azione antimalarica. Essa è costituita da un lattone sesquiterpenico, in cui si distinguono un anello triossanico(A) comprendente un gruppo perossidico -O-O-, un lattone (B), un cicloesano (C) e un oxacicloeptano(D). (11) L’attività antimalarica è legata essenzialmente alla presenza degli anelli A e B, e in particolare al legame perossidico. Uno dei principali meccanismi proposti prevede, infatti, che proprio il legame perossidico sia ridotto dallo ione ferroso Fe2+ presente nell’eme libero, che si accumula all'interno del parassita. Il plasmodio, infatti, per sopravvivere metabolizza quasi il 25% dell'emoglobina dei globuli rossi in cui esso si insinua e si accresce, esso, però, non può eliminare il ferro nelle cellule del sangue di cui si nutre, e lo immagazzina. L'artemisina rende questo ferro tossico per il parassita. La rottura del ponte perossidico, O-O, infatti, determina la formazione di due radicali ossilici asimmetrici, che in seguito ad una serie di ri-arrangiamenti interni darebbero vita a radicali centrati sul carbonio, efficaci nel colpire alcuni siti proteici del parassita (12). L’Artemisina e i suoi derivati non inducono, al contrario dei comuni farmaci antimalarici, resistenza da parte del parassita. L’azione del farmaco naturale appare inoltre più rapida rispetto ai farmaci di sintesi convenzionali, si riporta infatti una “clearance” del parassita dal sangue in molti casi entro le 48 ore dall’inizio del trattamento. A questo aspetto positivo si associa anche la scarsa rilevanza di effetti collaterali mostrata dall’Artemisina, anche se è stato dimostrato che essa, così come alcuni dei suoi derivati, in alcuni casi, può indurre nei cani e nei gatti delle neuropatologie e delle forme di anemia, per fortuna nell'uomo questi effetti sono meno significativi (13-15). Inoltre va aggiunto che la capacità che ha l'Artemisina di reagire con il Fe2+ , ha attirato l'attenzione di un'équipe di ricercatori dell'Università di Washington, a Seattle. Le cellule cancerose, così come fanno i parassiti della malaria, raccolgono e accumulano al loro interno il ferro, che utilizzano per riprodursi e dividersi. Ciò ha come conseguenza che le cellule cancerose hanno una concentrazione in ferro, molto più elevata rispetto alle cellule normali, e quindi costituirebbero un bersaglio specifico e diretto per l'Artemisina. Questo ruolo, però, non è stato ancora ben studiato. La necessità di avere a disposizione nuovi farmaci antimalarici, dotati di elevata efficacia, scarsa tossicità e a costo contenuto e che riescano a superare la resistenza di alcuni ceppi di parassiti ai farmaci antimalarici tradizionali, spinge scienziati di tutto il mondo a perseverare nella ricerca e a migliorare sempre di più la terapia, soprattutto perché a causa dei cambiamenti climatici che portano ad una tropicalizzazione dei territori, la malaria è tornata a minacciare i Paesi dove era stata debellata da tempo, divenendo quindi insieme all’AIDS ed alla tubercolosi una problematica sanitaria di rilevanza mondiale. 2. Descrizione del Progetto Sulla base delle evidenze sopra riportate, appare di interesse intraprendere una ricerca sistematica su questo principio attivo antimalarico, includendo gli aspetti correlati alla sua reattività non solo con il Fe2+, ma anche con altri tipi di metalli presenti nei sistemi biologici e che quindi potrebbero interferire nel meccanismo d'azione. Fino ad ora è stata posta molta attenzione, quasi esclusivamente, sulle interazioni che l'Artemisina ha con l'atomo di Fe2+ contenuto nel gruppo eme libero intraparassitario, dal momento che questo è presente in quantità considerevoli rispetto ad altri metalli. Si è riusciti ad ottenere, così, la certezza che l'efficacia dell'artemisina come farmaco antimalarico sia proprio dovuta alla presenza del Fe2+. Tuttavia, il meccanismo d'azione non è stato completamente caratterizzato. Sarebbe, invece, molto importante conoscere il meccanismo esatto di reazione, al fine di poter ottenere farmaci ancora più efficaci. Ė, inoltre, interessante studiare la reattività dell'Artemisina e dei suoi derivati anche con altri metalli presenti nei sistemi biologici. Sono, infatti, numerosi i metalloenzimi conosciuti (16-23), presenti in ambiente cellulare e non, che hanno metalli diversi dal ferro nei loro centri attivi. È, quindi, molto interessante sapere se ioni diversi dal ferro possano indurre ugualmente la scissione dell'artemisina, con conseguente formazione di radicali liberi, o se comunque l'interazione di questa con altri ioni metallici possa incentivare, modificare o, addirittura, inibire l'attività antimalarica del farmaco naturale. Inoltre esiste sempre la possibilità che, sia il plasmodio della malaria che le cellule cancerose possano dare un up-take preferenziale di complessi metallici, eventualmente somministrati in associazione con l’Artemisina, allo scopo di amplificare e indirizzare gli effetti verso i target biologici prefissati. Da qui nasce, quindi, l'idea, da una parte, di studiare la reattività del farmaco con vari ioni metallici, in differenti stadi di ossidazione, presenti in ambiente cellulare oppure non facenti proprio parte dei sistemi biologici, al fine di ottenere intermedi, in grado di confermare la reattività in vivo proposta teoricamente per il farmaco; dall'altra di testare, in un secondo momento, l'attività dei nuovi complessi sia da soli che in concomitanza con il farmaco. Il fatto che sia stato ottenuto un modello di funzionamento dell'Artemisina nel debellare ed abbattere la parassitemia è di enorme importanza, ma altrettanto importante sarebbe trovare le condizioni in cui il farmaco meglio esprime le sue potenzialità e quelle in cui, invece, la sua efficacia diminuisce. Obiettivo del progetto è, dunque, quello di ampliare le conoscenze disponibili sulla possibile reattività del farmaco in ambiente cellulare, quindi di ottimizzare il suo impiego farmacologico. Operativamente i compiti da svolgere nello sviluppo del progetto saranno ripartiti in base alle esperienze pregresse di ricerca. Questi possono essere riassunti nel seguente modo: -Ricerca di metodi di sintesi di composti di coordinazione dell'artemisina con differenti metalli. -Caratterizzazione NMR dei complessi ottenuti. -Realizzazione di test di citotossicità di tipo biologico. -Studio dei possibili miglioramenti del processo di produzione e di assunzione del farmaco alla luce dei risultati ottenuti. BIBLIOGRAFIA 1) Dhingra V, Rao KV, Narasu ML: Life Sci. 66, 279, 2000 2) Lindon, J. C.; Nicholson, J. K.; Everett, J. R. NMR spectroscopy of biofluids. Ann. Rep. Nucl. Magn. Reson. Spectrosc. 1999, 38, 1-88. 3) Nicholson, J. K.; Wilson, I. D. High Prog. Nucl. Magn. Reson. Spectrosc. 1989, 21, 449-501. 4) Ni G. Balint, Pharmacol. Therap. 90 (2001) 261–265. 5) Luo XD, Shen CC: Med. Res. Rev. 7, 29, 1987 6) Lisgarten JN, Potter BS, Bantuzeko C, Palmer RA: J. Chem. Crystallogr. 28, 539, 1998. 7) Bruneton J: Pharmacognosy-Phytochemistry,Medicinal Plants, Intercept Ltd., London, 1999. 8) Dewick PM: Medicinal Natural Products – A Biosynthetic Approach, Wiley, London, 2001. 9) Mannina, L.; Cristinzio, M.; Sobolev, A. P.; Ragni, P.; Segre, A. Journal of Agricultural and Food Chemistry 2004, 52, (26), 7988-7996. 10) Sobolev, A. P.; Segre, A.; Lamanna, R. Magnetic Resonance in Chemistry 2003, 41, (4), 237-245. 11) SG. Marconi, S. Monti, F. Manoli, A. Degli Esposti, A. Guerrini: Circular Dichroism studies on Artemisinin and Epiartemisinin in solution and in -cyclodextrin, Helv.Chim.Acta, 87, 2368, 2004; 12) Alberti, D. Macciantelli, G. Marconi: Free radicals formed by addition of antimalaric Artemisinin (Qinghaosu,QHS) to human serum. An ESR-Spin Trapping investigation, Research on Chemical Intermediates (RCI), 30, 615, 2004; 13) W. Classen, B. Altmann, P. Gretener, C. Souppart, P. Skelton-Stroud, G. Krinke, Exp. Tox. Path. 51 (1999) 507–516. 14) A.R. Bilia, D. Lazari, L. Messori, V. Taglioli, C. Temperini, F.F. Vincieri, Life Sci. 70 (2002) 769–778. 15) J.T. Kim, J.Y. Park, H.S. Seo, H.G. Oh, J.W. Noh, J.H. Kim, D.Y. Kim, H.J. Youn, Vet. Parasit. 103 (2002) 53–63. 16) R. H. Holm, P. Kennepohl, E. I. Solomon, Chem. Rev. (1996), 96, 2239; 17) D. H. Flint, R. M. Allen, Chem. Rev.1996, 96, 2315; 18) H. Beinert, M. C. Kennedy, C. D. Stout, Chem. Rev. (1996), 96, 2335; 19) D. E.Wilcox, Chem. Rev. 1996, 96, 2435; 20) P. J. Stephens, D. R. Jollie, A. Warshel, Chem. Rev. (1996), 96, 2491; 21) S. W. Ragsdale, M. Kumar, Chem. Rev. (1996), 96, 2515; 22) J. P. Klinman, Chem. Rev. 1996, 96, 2541; 23) M. K. Johnson, D. C. Rees, M. W. W. Adams, Chem. Rev. (1996), 96, 2817.

Studio dell'interferenza di ioni metallici nel meccanismo d'azione dell'artemisinina

BENEDETTI, MICHELE;
2007-01-01

Abstract

PROGETTO DI RICERCA Studio dell'interferenza di ioni metallici nel meccanismo d'azione dell'artemisina. Titolare del progetto: Antonucci Daniela Ente di Ricerca: Università degli Studi di Lecce Soggetto imprenditoriale: Lachifarma s.r.l Tutor Universitario: Prof. Benedetti Michele Tutor aziendale: Dott. Merendino Alessandro 1. Base di partenza scientifica Il paludismo (malaria) colpisce da 300 a 500 milioni di persone ogni anno in più di 90 paesi, di cui il 90% in Africa. Fra 1,5 e 2 milioni di persone muoiono ogni anno di cui da 1,3 a 1,8 milioni di bambini. Il Plasmodium falciparum è il principale parassita responsabile della diffusione della malattia nell’uomo a cui viene trasmesso attraverso la puntura della femmina della zanzara Anopheles. L’emergere di popolazioni di P. falciparum resistenti ai più comuni farmaci antimalarici, quali ad esempio la clorochina, ha determinato in anni recenti l’interesse verso l’uso di farmaci alternativi quali ad esempio l’Artemisina (1-3). In verità, una intera classe di farmaci antiplasmodiali derivati dall'Artemisina sono oggi di largo uso da soli e/o in combinazione con altre terapie, in particolare nei casi in cui sono presenti fenomeni di resistenza agli anti-plasmodiali convenzionali.(1,4) L’Artemisina è un lattone sesquiterpenico, prodotto nelle parti aeree della pianta Artemisia Annua L. (1,5,6), che risulta essere il capostipite di tutta una serie di importanti farmaci antimalarici. Artemisia annua L. (Asteraceae, Asteroideae, Anthemideae) è una pianta erbacea annuale autoctona dell’Asia, molto conosciuta ed utilizzata in Cina con il nome tradizionale di “qinghao”. La pianta risulta ora naturalizzata in diverse parti del mondo, inclusa l’Italia (1). A. annua è uno degli esempi più noti dell’impiego in medicina moderna di un farmaco naturale tradizionale. Nella medicina popolare la pianta è stata infatti per secoli utilizzata come febbrifugo, nel trattamento della malaria (1,7). Indagini fitochimiche hanno, in tempi più recenti, portato all’isolamento del principio attivo, l’Artemisina, appunto(1,5,6). Fatto rivelante e singolare è che la specie A. annua è praticamente l’unica del genere Artemisia a produrre tale principio attivo. Le parti della pianta dove si è riscontrata la maggior produzione di Artemisina sono le foglie e le infiorescenze; basse quantità sono state invece trovate nei cauli. Non è stata, invece, evidenziata alcuna capacità di sintesi del principio attivo nelle radici. L’Artemisina viene sintetizzata in vivo attraverso la via dell’acido mevalonico. Il processo di formazione di questo metabolita è stato oggetto di diversi studi (1,7,8), tuttavia non tutti i passaggi di bioconversione sono stati ancora delucidati. Da un precursore del tipo del bisabolo, attraverso l’intermedio 4,11-amorfadiene, a seguito di reazioni di ossidazione e riduzione, si arriva alla formazione dell’acido artemisinico (acido arteannuico) e dell’acido diidroartemisinico. Quest’ultimo può chimicamente essere convertito nel principio attivo mediante reazione di foto-ossidazione in condizioni simili a quelle che normalmente potrebbero verificarsi in vivo suggerendo la non implicazione di enzimi nei passaggi biosintetici successivi (9). In accordo con questa ipotesi, diversi prodotti metabolici derivanti dall’autoossidazione dell’acido diidroartemisinico sono stati infatti isolati da A. annua (9, 10). La struttura molecolare dell’artemisina è di fondamentale importanza per la sua azione antimalarica. Essa è costituita da un lattone sesquiterpenico, in cui si distinguono un anello triossanico(A) comprendente un gruppo perossidico -O-O-, un lattone (B), un cicloesano (C) e un oxacicloeptano(D). (11) L’attività antimalarica è legata essenzialmente alla presenza degli anelli A e B, e in particolare al legame perossidico. Uno dei principali meccanismi proposti prevede, infatti, che proprio il legame perossidico sia ridotto dallo ione ferroso Fe2+ presente nell’eme libero, che si accumula all'interno del parassita. Il plasmodio, infatti, per sopravvivere metabolizza quasi il 25% dell'emoglobina dei globuli rossi in cui esso si insinua e si accresce, esso, però, non può eliminare il ferro nelle cellule del sangue di cui si nutre, e lo immagazzina. L'artemisina rende questo ferro tossico per il parassita. La rottura del ponte perossidico, O-O, infatti, determina la formazione di due radicali ossilici asimmetrici, che in seguito ad una serie di ri-arrangiamenti interni darebbero vita a radicali centrati sul carbonio, efficaci nel colpire alcuni siti proteici del parassita (12). L’Artemisina e i suoi derivati non inducono, al contrario dei comuni farmaci antimalarici, resistenza da parte del parassita. L’azione del farmaco naturale appare inoltre più rapida rispetto ai farmaci di sintesi convenzionali, si riporta infatti una “clearance” del parassita dal sangue in molti casi entro le 48 ore dall’inizio del trattamento. A questo aspetto positivo si associa anche la scarsa rilevanza di effetti collaterali mostrata dall’Artemisina, anche se è stato dimostrato che essa, così come alcuni dei suoi derivati, in alcuni casi, può indurre nei cani e nei gatti delle neuropatologie e delle forme di anemia, per fortuna nell'uomo questi effetti sono meno significativi (13-15). Inoltre va aggiunto che la capacità che ha l'Artemisina di reagire con il Fe2+ , ha attirato l'attenzione di un'équipe di ricercatori dell'Università di Washington, a Seattle. Le cellule cancerose, così come fanno i parassiti della malaria, raccolgono e accumulano al loro interno il ferro, che utilizzano per riprodursi e dividersi. Ciò ha come conseguenza che le cellule cancerose hanno una concentrazione in ferro, molto più elevata rispetto alle cellule normali, e quindi costituirebbero un bersaglio specifico e diretto per l'Artemisina. Questo ruolo, però, non è stato ancora ben studiato. La necessità di avere a disposizione nuovi farmaci antimalarici, dotati di elevata efficacia, scarsa tossicità e a costo contenuto e che riescano a superare la resistenza di alcuni ceppi di parassiti ai farmaci antimalarici tradizionali, spinge scienziati di tutto il mondo a perseverare nella ricerca e a migliorare sempre di più la terapia, soprattutto perché a causa dei cambiamenti climatici che portano ad una tropicalizzazione dei territori, la malaria è tornata a minacciare i Paesi dove era stata debellata da tempo, divenendo quindi insieme all’AIDS ed alla tubercolosi una problematica sanitaria di rilevanza mondiale. 2. Descrizione del Progetto Sulla base delle evidenze sopra riportate, appare di interesse intraprendere una ricerca sistematica su questo principio attivo antimalarico, includendo gli aspetti correlati alla sua reattività non solo con il Fe2+, ma anche con altri tipi di metalli presenti nei sistemi biologici e che quindi potrebbero interferire nel meccanismo d'azione. Fino ad ora è stata posta molta attenzione, quasi esclusivamente, sulle interazioni che l'Artemisina ha con l'atomo di Fe2+ contenuto nel gruppo eme libero intraparassitario, dal momento che questo è presente in quantità considerevoli rispetto ad altri metalli. Si è riusciti ad ottenere, così, la certezza che l'efficacia dell'artemisina come farmaco antimalarico sia proprio dovuta alla presenza del Fe2+. Tuttavia, il meccanismo d'azione non è stato completamente caratterizzato. Sarebbe, invece, molto importante conoscere il meccanismo esatto di reazione, al fine di poter ottenere farmaci ancora più efficaci. Ė, inoltre, interessante studiare la reattività dell'Artemisina e dei suoi derivati anche con altri metalli presenti nei sistemi biologici. Sono, infatti, numerosi i metalloenzimi conosciuti (16-23), presenti in ambiente cellulare e non, che hanno metalli diversi dal ferro nei loro centri attivi. È, quindi, molto interessante sapere se ioni diversi dal ferro possano indurre ugualmente la scissione dell'artemisina, con conseguente formazione di radicali liberi, o se comunque l'interazione di questa con altri ioni metallici possa incentivare, modificare o, addirittura, inibire l'attività antimalarica del farmaco naturale. Inoltre esiste sempre la possibilità che, sia il plasmodio della malaria che le cellule cancerose possano dare un up-take preferenziale di complessi metallici, eventualmente somministrati in associazione con l’Artemisina, allo scopo di amplificare e indirizzare gli effetti verso i target biologici prefissati. Da qui nasce, quindi, l'idea, da una parte, di studiare la reattività del farmaco con vari ioni metallici, in differenti stadi di ossidazione, presenti in ambiente cellulare oppure non facenti proprio parte dei sistemi biologici, al fine di ottenere intermedi, in grado di confermare la reattività in vivo proposta teoricamente per il farmaco; dall'altra di testare, in un secondo momento, l'attività dei nuovi complessi sia da soli che in concomitanza con il farmaco. Il fatto che sia stato ottenuto un modello di funzionamento dell'Artemisina nel debellare ed abbattere la parassitemia è di enorme importanza, ma altrettanto importante sarebbe trovare le condizioni in cui il farmaco meglio esprime le sue potenzialità e quelle in cui, invece, la sua efficacia diminuisce. Obiettivo del progetto è, dunque, quello di ampliare le conoscenze disponibili sulla possibile reattività del farmaco in ambiente cellulare, quindi di ottimizzare il suo impiego farmacologico. Operativamente i compiti da svolgere nello sviluppo del progetto saranno ripartiti in base alle esperienze pregresse di ricerca. Questi possono essere riassunti nel seguente modo: -Ricerca di metodi di sintesi di composti di coordinazione dell'artemisina con differenti metalli. -Caratterizzazione NMR dei complessi ottenuti. -Realizzazione di test di citotossicità di tipo biologico. -Studio dei possibili miglioramenti del processo di produzione e di assunzione del farmaco alla luce dei risultati ottenuti. BIBLIOGRAFIA 1) Dhingra V, Rao KV, Narasu ML: Life Sci. 66, 279, 2000 2) Lindon, J. C.; Nicholson, J. K.; Everett, J. R. NMR spectroscopy of biofluids. Ann. Rep. Nucl. Magn. Reson. Spectrosc. 1999, 38, 1-88. 3) Nicholson, J. K.; Wilson, I. D. High Prog. Nucl. Magn. Reson. Spectrosc. 1989, 21, 449-501. 4) Ni G. Balint, Pharmacol. Therap. 90 (2001) 261–265. 5) Luo XD, Shen CC: Med. Res. Rev. 7, 29, 1987 6) Lisgarten JN, Potter BS, Bantuzeko C, Palmer RA: J. Chem. Crystallogr. 28, 539, 1998. 7) Bruneton J: Pharmacognosy-Phytochemistry,Medicinal Plants, Intercept Ltd., London, 1999. 8) Dewick PM: Medicinal Natural Products – A Biosynthetic Approach, Wiley, London, 2001. 9) Mannina, L.; Cristinzio, M.; Sobolev, A. P.; Ragni, P.; Segre, A. Journal of Agricultural and Food Chemistry 2004, 52, (26), 7988-7996. 10) Sobolev, A. P.; Segre, A.; Lamanna, R. Magnetic Resonance in Chemistry 2003, 41, (4), 237-245. 11) SG. Marconi, S. Monti, F. Manoli, A. Degli Esposti, A. Guerrini: Circular Dichroism studies on Artemisinin and Epiartemisinin in solution and in -cyclodextrin, Helv.Chim.Acta, 87, 2368, 2004; 12) Alberti, D. Macciantelli, G. Marconi: Free radicals formed by addition of antimalaric Artemisinin (Qinghaosu,QHS) to human serum. An ESR-Spin Trapping investigation, Research on Chemical Intermediates (RCI), 30, 615, 2004; 13) W. Classen, B. Altmann, P. Gretener, C. Souppart, P. Skelton-Stroud, G. Krinke, Exp. Tox. Path. 51 (1999) 507–516. 14) A.R. Bilia, D. Lazari, L. Messori, V. Taglioli, C. Temperini, F.F. Vincieri, Life Sci. 70 (2002) 769–778. 15) J.T. Kim, J.Y. Park, H.S. Seo, H.G. Oh, J.W. Noh, J.H. Kim, D.Y. Kim, H.J. Youn, Vet. Parasit. 103 (2002) 53–63. 16) R. H. Holm, P. Kennepohl, E. I. Solomon, Chem. Rev. (1996), 96, 2239; 17) D. H. Flint, R. M. Allen, Chem. Rev.1996, 96, 2315; 18) H. Beinert, M. C. Kennedy, C. D. Stout, Chem. Rev. (1996), 96, 2335; 19) D. E.Wilcox, Chem. Rev. 1996, 96, 2435; 20) P. J. Stephens, D. R. Jollie, A. Warshel, Chem. Rev. (1996), 96, 2491; 21) S. W. Ragsdale, M. Kumar, Chem. Rev. (1996), 96, 2515; 22) J. P. Klinman, Chem. Rev. 1996, 96, 2541; 23) M. K. Johnson, D. C. Rees, M. W. W. Adams, Chem. Rev. (1996), 96, 2817.
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