Mai come in questi ultimi vent’anni tanto interesse è stato riservato a Pasquino e alla sua fortuna letteraria. Il sistematico lavoro di recupero testuale condensato nei due vo-lumi di Pasquinate romane del Cinquecento e nelle successive edizioni di testi pasqui-neschi, pur limitato alla sola produzione in volgare, ha offerto agli studiosi un materiale documentario sufficientemente ampio per ricostruire le diverse fasi evolutive del pa-squinismo e precisarne caratteri, forme e tempi nonché i rapporti con l’ambiente socio-culturale nel quale si è sviluppato e con gli scrittori, primo tra tutti l’Aretino, che hanno contribuito in maniera determinante alla sua affermazione. Questo sforzo di sistemazio-ne storico-critica non ha però investito in egual misura tutte le problematiche pasquine-sche, lasciandone alcune ancora indefinite o del tutto in ombra. È appunto il caso del rapporto di Pasquino con le altre statue parlanti che, intorno alla metà del Cinquecento, sorsero in varie città d’Italia, e poi anche al di là delle Alpi, e tra le quali il veneziano Gobbo di Rialto riveste un’importanza particolare, non fosse altro che per il suo primato cronologico. Sull’esempio romano, si affermò infatti, anche a Venezia, la consuetudine di appiccare componimenti satirici anonimi ad una statua, il cosiddetto Gobbo di Rialto, che divenne ben presto un interlocutore vivacemente polemico di Pasquino. Fu Marin Sanudo, nei suoi Diarii, a fornirci alcune indicazioni essenziali sulle origi-ni del Gobbo e qualche informazione utile a ricostruire, sia pure a grandi linee, vista la penuria di documenti, le fasi iniziali dell’attività poetica del realtino. Ci rende noto so-prattutto che l’Aretino, già da qualche anno stabilitosi a Venezia, ebbe un ruolo impor-tante, se non decisivo, nell’affermarsi, anche nella Serenissima, della consuetudine ro-mana di affiggere in luoghi pubblici componimenti satirici. E tale deve essere stata la sua maldicenza, da divenire egli stesso bersaglio privilegiato delle prime “pasquinate” veneziane. Tuttavia la produzione che si richiama esplicitamente al realtino, almeno nel-la sua fase iniziale, non è costituita da invettive ad personam, ma piuttosto da esercizi letterari, corrispondenze amichevoli e “reportages giornalistici” sull’attualità politica. Veicolato da stampe e composizioni popolari, il nome del Gobbo salí comunque ben presto a grande fama, tanto da costituire una seria minaccia per la gloria di mastro Pa-squino, che dall’alto del suo piedistallo incominciò a fremere di rabbia e di gelosia. Il contrattacco fu immediato e affidato a una “disfida” epistolare, un lungo componimento in ottave, la cui tecnica ricorda molto da vicino il rinfaccio della tenzone medievale. Si tratta di un testo molto importante, non solo perché finora è l’unico che documenti le re-lazioni cinquecentesche tra le due statue “parlanti”, ma anche come fonte di utili infor-mazioni sulla natura letteraria e politica del Gobbo e sulla perdurante, storica inimicizia di due città in lotta tra loro per affermare, da una parte, il primato del proprio potere spi-rituale e temporale, e, dall’altra, l’intangibilità della propria libertà.
Pasquino e il Gobbo di Rialto
MARZO, Antonio
2006-01-01
Abstract
Mai come in questi ultimi vent’anni tanto interesse è stato riservato a Pasquino e alla sua fortuna letteraria. Il sistematico lavoro di recupero testuale condensato nei due vo-lumi di Pasquinate romane del Cinquecento e nelle successive edizioni di testi pasqui-neschi, pur limitato alla sola produzione in volgare, ha offerto agli studiosi un materiale documentario sufficientemente ampio per ricostruire le diverse fasi evolutive del pa-squinismo e precisarne caratteri, forme e tempi nonché i rapporti con l’ambiente socio-culturale nel quale si è sviluppato e con gli scrittori, primo tra tutti l’Aretino, che hanno contribuito in maniera determinante alla sua affermazione. Questo sforzo di sistemazio-ne storico-critica non ha però investito in egual misura tutte le problematiche pasquine-sche, lasciandone alcune ancora indefinite o del tutto in ombra. È appunto il caso del rapporto di Pasquino con le altre statue parlanti che, intorno alla metà del Cinquecento, sorsero in varie città d’Italia, e poi anche al di là delle Alpi, e tra le quali il veneziano Gobbo di Rialto riveste un’importanza particolare, non fosse altro che per il suo primato cronologico. Sull’esempio romano, si affermò infatti, anche a Venezia, la consuetudine di appiccare componimenti satirici anonimi ad una statua, il cosiddetto Gobbo di Rialto, che divenne ben presto un interlocutore vivacemente polemico di Pasquino. Fu Marin Sanudo, nei suoi Diarii, a fornirci alcune indicazioni essenziali sulle origi-ni del Gobbo e qualche informazione utile a ricostruire, sia pure a grandi linee, vista la penuria di documenti, le fasi iniziali dell’attività poetica del realtino. Ci rende noto so-prattutto che l’Aretino, già da qualche anno stabilitosi a Venezia, ebbe un ruolo impor-tante, se non decisivo, nell’affermarsi, anche nella Serenissima, della consuetudine ro-mana di affiggere in luoghi pubblici componimenti satirici. E tale deve essere stata la sua maldicenza, da divenire egli stesso bersaglio privilegiato delle prime “pasquinate” veneziane. Tuttavia la produzione che si richiama esplicitamente al realtino, almeno nel-la sua fase iniziale, non è costituita da invettive ad personam, ma piuttosto da esercizi letterari, corrispondenze amichevoli e “reportages giornalistici” sull’attualità politica. Veicolato da stampe e composizioni popolari, il nome del Gobbo salí comunque ben presto a grande fama, tanto da costituire una seria minaccia per la gloria di mastro Pa-squino, che dall’alto del suo piedistallo incominciò a fremere di rabbia e di gelosia. Il contrattacco fu immediato e affidato a una “disfida” epistolare, un lungo componimento in ottave, la cui tecnica ricorda molto da vicino il rinfaccio della tenzone medievale. Si tratta di un testo molto importante, non solo perché finora è l’unico che documenti le re-lazioni cinquecentesche tra le due statue “parlanti”, ma anche come fonte di utili infor-mazioni sulla natura letteraria e politica del Gobbo e sulla perdurante, storica inimicizia di due città in lotta tra loro per affermare, da una parte, il primato del proprio potere spi-rituale e temporale, e, dall’altra, l’intangibilità della propria libertà.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.