L’Italia e l’India, due civiltà molto lontane e profondamente diverse tra loro, sono venute in contatto sin da epoche antichissime, operando uno scambio di pensiero e di esperienze di vita proficuo e duraturo. Intensi sono stati i rapporti commerciali già in epoca romana, interrotti con la decadenza dell’impero. I paesi dell’Est col tempo sono stati avvolti da un alone leggendario, venendo a mancare del tutto notizie dirette su di essi. Con Marco Polo l’Oriente fu di nuovo riscoperto, grazie all’opera di mercanti e viaggiatori, ma anche di missionari, che con i loro scritti hanno posto le prime basi per lo sviluppo degli studi indologici in Italia. Questo campo di ricerca ha avuto una notevole accelerazione soprattutto nel’900. Riguardo al collezionismo il mondo culturale italiano sette-ottocentesco era ancora molto provinciale, pur cominciando ad assorbire il pensiero filosofico e religioso indiano. Sono solo i missionari a portare alcuni oggetti dall’India, per altro di livello etnologico e di scarso valore artistico. La prima collezione d’arte indiana di una certa importanza fu fatta dal Cardinale Stefano Borgia che costituì la ‘sezione indiana’ del suo famoso Museo di Velletri. Altra collezione d’arte indiana fu quella dello studioso indologo Angelo de Gubernatis, raccolta a Firenze, alla quale se ne possono aggiungere poche altre. Il collezionismo d’arte indiana in Italia si è sviluppato piuttosto recentemente e vede negli anni 50 del secolo passato la formazione di importanti collezioni private. Anche il Museo Nazionale d’Arte Orientale ha arricchito il suo patrimonio artistico con acquisti e lasciti. Oltre alla storia delle collezioni, l’articolo esamina alcuni dei loro oggetti di maggior pregio, indicandone l’epoca e il luogo di provenienza.
L’India in Italia: il collezionismo dal 18° al 20° secolo
CIMINO, ROSA MARIA
2004-01-01
Abstract
L’Italia e l’India, due civiltà molto lontane e profondamente diverse tra loro, sono venute in contatto sin da epoche antichissime, operando uno scambio di pensiero e di esperienze di vita proficuo e duraturo. Intensi sono stati i rapporti commerciali già in epoca romana, interrotti con la decadenza dell’impero. I paesi dell’Est col tempo sono stati avvolti da un alone leggendario, venendo a mancare del tutto notizie dirette su di essi. Con Marco Polo l’Oriente fu di nuovo riscoperto, grazie all’opera di mercanti e viaggiatori, ma anche di missionari, che con i loro scritti hanno posto le prime basi per lo sviluppo degli studi indologici in Italia. Questo campo di ricerca ha avuto una notevole accelerazione soprattutto nel’900. Riguardo al collezionismo il mondo culturale italiano sette-ottocentesco era ancora molto provinciale, pur cominciando ad assorbire il pensiero filosofico e religioso indiano. Sono solo i missionari a portare alcuni oggetti dall’India, per altro di livello etnologico e di scarso valore artistico. La prima collezione d’arte indiana di una certa importanza fu fatta dal Cardinale Stefano Borgia che costituì la ‘sezione indiana’ del suo famoso Museo di Velletri. Altra collezione d’arte indiana fu quella dello studioso indologo Angelo de Gubernatis, raccolta a Firenze, alla quale se ne possono aggiungere poche altre. Il collezionismo d’arte indiana in Italia si è sviluppato piuttosto recentemente e vede negli anni 50 del secolo passato la formazione di importanti collezioni private. Anche il Museo Nazionale d’Arte Orientale ha arricchito il suo patrimonio artistico con acquisti e lasciti. Oltre alla storia delle collezioni, l’articolo esamina alcuni dei loro oggetti di maggior pregio, indicandone l’epoca e il luogo di provenienza.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.