Considerando che, secondo la classificazione weberiana la vita cittadina, pur caratterizzata da principi di legalità e razionalità, è però anche connotata, oltre che da rapporti razionali e formali di convivenza ‘civile’, da tutto un tessuto di rapporti informali, non governati da norme, in cui si incanalano le tensioni, si rileva che questi fenomeni vengono certamente accentuati dal disgregarsi del senso della comunità che caratterizza le metropoli odierne e richiedono una revisione dei criteri di gestione degli interventi di educazione e di animazione socio culturale. La città che si configura come metropoli ramificata, in cui piccole e grandi comunità urbane vengono messe in rete e coordinate nei servizi e nelle attività, non è più luogo di convivenza fra uguali, ma luogo di incontro delle differenze, spesso luogo di convivenza di individualismi, di interessi diversificati e spesso contrastanti che stentano a trovare la forma del convivere. I progetti di intervanto socio educativo devono misurarsi con le dimensioni emotive, le forme reattive, le modalità di pensiero e con le rappresentazioni simboliche che turbano la convivenza dei diversi e generano forme di ghettizzazione e di discriminazione. La mediazione e l’animazione culturale richiedono che si dia ampio spazio agli aspetti relazionali e all’esercizio personalizzato della leadership. Vengono analizzati i criteri con cui incrementare forme di animazione socio-culturale che percorrano non soltanto le vie istituzionali e formali dell’intervento ma anche le vie delle aggregazioni e delle associazioni spontanee, incidendo sul tessuto della convivenza all’interno della città anche attraverso la micro-comunicazione degli scambi interpersonali che, grazie alle nuove tecnologie, non è più soltanto una comunicazione locale ma sempre più una comunicazione globale. Considerando che i concetti di “locale” e di “globale” nella società post moderna vanno rivisti e che vivere in una città non è essere chiusi dentro delle mura protettive, ma, per usare un concetto ormai accreditato, essere affacciati sul mondo e partecipare degli avvenimenti globali, si propongono linee guida per promuovere integrazione e partecipazione. Si sottolinea che i livelli di intervento necessari sono quelli della progettazione socio-politica e culturale che coinvolge la pubblica amministrazione. Vengono valutati i limiti delle più consuete forme di intervento per l’educazione interculturale pensate come settoriali e destinate alla conoscenza epidermica delle ‘culture altre’ in chiave folkloristica, sufficienti a promuovere accettazione, anche interesse, ma non a generare una reale compartecipazione. Si rileva l’importanza dei ‘soggetti plurali’ che emergono come gruppo di opinione, rilevano i problemi, prospettano e propongono delle soluzioni e giungono alla creazione di un tessuto di rapporti, alla nascita di qualche durevole collaborazione. Si propone che l’intero quadro delle iniziative volte all’integrazione socio-politica si realizzi in luoghi di incontro, di dialogo fra le differenze, e nell’ottica di un concetto di città interculturale intesa come area di convivenza solidale e non di aggregazione di uguali e di segregazione dei diversi.

La città interculturale: quale educazione?

PERUCCA, Angela
2007-01-01

Abstract

Considerando che, secondo la classificazione weberiana la vita cittadina, pur caratterizzata da principi di legalità e razionalità, è però anche connotata, oltre che da rapporti razionali e formali di convivenza ‘civile’, da tutto un tessuto di rapporti informali, non governati da norme, in cui si incanalano le tensioni, si rileva che questi fenomeni vengono certamente accentuati dal disgregarsi del senso della comunità che caratterizza le metropoli odierne e richiedono una revisione dei criteri di gestione degli interventi di educazione e di animazione socio culturale. La città che si configura come metropoli ramificata, in cui piccole e grandi comunità urbane vengono messe in rete e coordinate nei servizi e nelle attività, non è più luogo di convivenza fra uguali, ma luogo di incontro delle differenze, spesso luogo di convivenza di individualismi, di interessi diversificati e spesso contrastanti che stentano a trovare la forma del convivere. I progetti di intervanto socio educativo devono misurarsi con le dimensioni emotive, le forme reattive, le modalità di pensiero e con le rappresentazioni simboliche che turbano la convivenza dei diversi e generano forme di ghettizzazione e di discriminazione. La mediazione e l’animazione culturale richiedono che si dia ampio spazio agli aspetti relazionali e all’esercizio personalizzato della leadership. Vengono analizzati i criteri con cui incrementare forme di animazione socio-culturale che percorrano non soltanto le vie istituzionali e formali dell’intervento ma anche le vie delle aggregazioni e delle associazioni spontanee, incidendo sul tessuto della convivenza all’interno della città anche attraverso la micro-comunicazione degli scambi interpersonali che, grazie alle nuove tecnologie, non è più soltanto una comunicazione locale ma sempre più una comunicazione globale. Considerando che i concetti di “locale” e di “globale” nella società post moderna vanno rivisti e che vivere in una città non è essere chiusi dentro delle mura protettive, ma, per usare un concetto ormai accreditato, essere affacciati sul mondo e partecipare degli avvenimenti globali, si propongono linee guida per promuovere integrazione e partecipazione. Si sottolinea che i livelli di intervento necessari sono quelli della progettazione socio-politica e culturale che coinvolge la pubblica amministrazione. Vengono valutati i limiti delle più consuete forme di intervento per l’educazione interculturale pensate come settoriali e destinate alla conoscenza epidermica delle ‘culture altre’ in chiave folkloristica, sufficienti a promuovere accettazione, anche interesse, ma non a generare una reale compartecipazione. Si rileva l’importanza dei ‘soggetti plurali’ che emergono come gruppo di opinione, rilevano i problemi, prospettano e propongono delle soluzioni e giungono alla creazione di un tessuto di rapporti, alla nascita di qualche durevole collaborazione. Si propone che l’intero quadro delle iniziative volte all’integrazione socio-politica si realizzi in luoghi di incontro, di dialogo fra le differenze, e nell’ottica di un concetto di città interculturale intesa come area di convivenza solidale e non di aggregazione di uguali e di segregazione dei diversi.
2007
9788860811899
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11587/327341
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