Si stima che in Europa le persone con disabilità siano attorno ai 35 milioni di persone, in Italia poco meno di 3 milioni, il 5% della popolazione sopra i sei anni e il 19% della popolazione sopra i 65 anni. Per tutti costoro si studiano e si progettano forme di accessibilità, perché non abbiano ad essere escluse dall’universo delle nuove tecnologie. Nel saggio ci si chiede se questo possa bastare o se invece non si debba andare oltre. Ipotizzando, infatti, una influenza profonda e per molti aspetti efficace delle nuove tecnologie sui processi di pensiero e la natura stessa della conoscenza, oltre che sulle interazioni con l’ambiente, sino al punto da ritenere che esse possano caratterizzare la nostra mente come “bio-tecnologica” e ibrida, si può pervenire ad una parallela revisione dei discorsi sull’apprendimento e degli stili didattici, oltre che sugli obiettivi generali assegnati ai processi di integrazione. Non è più sufficiente garantire, ai soggetti con specifiche esigenze, l’accesso agli strumenti della informazione e della cultura; occorre andare oltre e permettere loro di padroneggiare questi contesti e quindi anche la propria relazione con il mondo e con la storia. Non basta garantire a tutti l’accessibilità, ma occorre farlo con la premura di portare l’attenzione al di là della stessa accessibilità, sulle frontiere più avanzate dello sviluppo tecnologico, là dove i processi di integrazione possono trovare supporti nuovi, di straordinaria efficacia, e possono confrontarsi con obiettivi che sono ancora da disegnare nel loro compiuto profilo.
Oltre l’accessibilità. Prospettive di integrazione tecnologicamente assistita
PAPARELLA, Nicola
2007-01-01
Abstract
Si stima che in Europa le persone con disabilità siano attorno ai 35 milioni di persone, in Italia poco meno di 3 milioni, il 5% della popolazione sopra i sei anni e il 19% della popolazione sopra i 65 anni. Per tutti costoro si studiano e si progettano forme di accessibilità, perché non abbiano ad essere escluse dall’universo delle nuove tecnologie. Nel saggio ci si chiede se questo possa bastare o se invece non si debba andare oltre. Ipotizzando, infatti, una influenza profonda e per molti aspetti efficace delle nuove tecnologie sui processi di pensiero e la natura stessa della conoscenza, oltre che sulle interazioni con l’ambiente, sino al punto da ritenere che esse possano caratterizzare la nostra mente come “bio-tecnologica” e ibrida, si può pervenire ad una parallela revisione dei discorsi sull’apprendimento e degli stili didattici, oltre che sugli obiettivi generali assegnati ai processi di integrazione. Non è più sufficiente garantire, ai soggetti con specifiche esigenze, l’accesso agli strumenti della informazione e della cultura; occorre andare oltre e permettere loro di padroneggiare questi contesti e quindi anche la propria relazione con il mondo e con la storia. Non basta garantire a tutti l’accessibilità, ma occorre farlo con la premura di portare l’attenzione al di là della stessa accessibilità, sulle frontiere più avanzate dello sviluppo tecnologico, là dove i processi di integrazione possono trovare supporti nuovi, di straordinaria efficacia, e possono confrontarsi con obiettivi che sono ancora da disegnare nel loro compiuto profilo.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.