Nel contributo si produce una lettura della più antica delle “Cinque storie ferraresi” di Giorgio Bassani. Attraverso un’attenta escussione delle varianti di questo racconto, che è passato attraverso ben cinque redazioni, con importanti varianti formali e sostanziali cambiamenti nell’intreccio, l’autore rinviene l’azione del modello flaubertiano, in particolare di “Une vie”, nella narrazione del nulla dei giorni, della ciclica monotonia (la quale trita insensibilmente le illusioni e le disperde) che ingoia la vita di una ragazza del popolo, Lida Mantovani, sedotta da una figura sorprendentemente negativa di giovane ebreo, David, e sposata e “riscattata” da una figura invece di popolano buono ma tronfio e ottuso, Oreste Benetti, che presto la lascerà vedova con un figlio quasi disabile. L’analisi si sofferma in particolare sui meccanismi sotteraneamente ironici che, nella narrazione bassaniana, sgretolano le certezze buonsensaie, i pregiudizi e le illusioni piccolo-borghesi, secondo una visione nichilistica del tempo individuale, intrecciato vanamente e talvolta derisoriamente a quello della Grande Storia, che trova consonanza, per tanti aspetti, con analoga fenomenologia nelle restanti “Storie ferraresi”. Nell’indagine su quest’autentica “scrittura dell’oblio”, si rivelano le intertestualità con situazioni e tecniche narrative della grande cinematografia dell’epoca in cui il racconto è focalizzato (a cavallo fra le due decadi del ventennio fascista), ed essenzialmente con opere dei grandi Lubitsch (il cui “Principe studente” è indirettamente richiamato in un episodio, ambientato al cinematografo, del racconto) e Ophüls.

Processi di desemantizzazione narrativa in «Lida Mantovani»

PUCCETTI, Valter Leonardo
2008-01-01

Abstract

Nel contributo si produce una lettura della più antica delle “Cinque storie ferraresi” di Giorgio Bassani. Attraverso un’attenta escussione delle varianti di questo racconto, che è passato attraverso ben cinque redazioni, con importanti varianti formali e sostanziali cambiamenti nell’intreccio, l’autore rinviene l’azione del modello flaubertiano, in particolare di “Une vie”, nella narrazione del nulla dei giorni, della ciclica monotonia (la quale trita insensibilmente le illusioni e le disperde) che ingoia la vita di una ragazza del popolo, Lida Mantovani, sedotta da una figura sorprendentemente negativa di giovane ebreo, David, e sposata e “riscattata” da una figura invece di popolano buono ma tronfio e ottuso, Oreste Benetti, che presto la lascerà vedova con un figlio quasi disabile. L’analisi si sofferma in particolare sui meccanismi sotteraneamente ironici che, nella narrazione bassaniana, sgretolano le certezze buonsensaie, i pregiudizi e le illusioni piccolo-borghesi, secondo una visione nichilistica del tempo individuale, intrecciato vanamente e talvolta derisoriamente a quello della Grande Storia, che trova consonanza, per tanti aspetti, con analoga fenomenologia nelle restanti “Storie ferraresi”. Nell’indagine su quest’autentica “scrittura dell’oblio”, si rivelano le intertestualità con situazioni e tecniche narrative della grande cinematografia dell’epoca in cui il racconto è focalizzato (a cavallo fra le due decadi del ventennio fascista), ed essenzialmente con opere dei grandi Lubitsch (il cui “Principe studente” è indirettamente richiamato in un episodio, ambientato al cinematografo, del racconto) e Ophüls.
2008
9788846720665
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