Gotihawa si trova nel Tarai nepalese, la fascia pianeggiante ai confini con l’India. Il sito è noto perché vi sorge parte di una colonna votiva eretta dall’imperatore maurya Ashoka (III sec. a.C.) e perché fa parte di un ristretto numero di siti legati alla fase iniziale del Buddhismo. Gli scavi, organizzati dall’Istituto per l’Africa e l’Oriente di Roma, hanno portato alla luce la fondazione della colonna, il grande stupa che vi sorge accanto e, nella parte più antica del deposito, un abitato (VII-V sec. a.C.). Tali ricerche hanno come obiettivo di stabilire una sequenza affidabile per l’archeologia medio-gangetica, e di chiarire quindi importanti aspetti della storia del Buddhismo. I resti animali oggetto di questa breve nota provengono da alcune unità stratigrafiche indagate negli anni 1998 e 1999. I frammenti ossei appartengono in prevalenza a bovini o bufali, tuttavia la percentuale degli animali selvatici (circa il 25%) indica che la caccia, esercitata soprattutto su grossi cervidi come il sambar (Cervus unicolor), il barasingha (Cervus duvauceli) e il muntjak (Muntiacus muntjak), non era di importanza secondaria.

Ricerche archeozoologiche a Gotihawa (Nepal)

DE GROSSI MAZZORIN, Jacopo;
2005-01-01

Abstract

Gotihawa si trova nel Tarai nepalese, la fascia pianeggiante ai confini con l’India. Il sito è noto perché vi sorge parte di una colonna votiva eretta dall’imperatore maurya Ashoka (III sec. a.C.) e perché fa parte di un ristretto numero di siti legati alla fase iniziale del Buddhismo. Gli scavi, organizzati dall’Istituto per l’Africa e l’Oriente di Roma, hanno portato alla luce la fondazione della colonna, il grande stupa che vi sorge accanto e, nella parte più antica del deposito, un abitato (VII-V sec. a.C.). Tali ricerche hanno come obiettivo di stabilire una sequenza affidabile per l’archeologia medio-gangetica, e di chiarire quindi importanti aspetti della storia del Buddhismo. I resti animali oggetto di questa breve nota provengono da alcune unità stratigrafiche indagate negli anni 1998 e 1999. I frammenti ossei appartengono in prevalenza a bovini o bufali, tuttavia la percentuale degli animali selvatici (circa il 25%) indica che la caccia, esercitata soprattutto su grossi cervidi come il sambar (Cervus unicolor), il barasingha (Cervus duvauceli) e il muntjak (Muntiacus muntjak), non era di importanza secondaria.
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