Il contributo descrive i risultati della ricerca triennale di archeologia dei paesaggi costieri condotta nell'ambito del progetto Interreg Italia-Slovenia IIIA "AltoAdriatico", che ha preso in esame la fascia costiera dalle Foci del Timavo e Pirano, con l’obiettivo di rileggere forme, modalità e fasi del popolamento antico e ridisegnare la fisionomia che questo comprensorio unitario mostrava in antico. Per quanto riguarda il territorio italiano, pur nell’evidente organicità, si notano alcuni settori che presentano caratteristiche peculiari. Il più orientale, coincidente con il lacus Timavi, è forse quello che più violentemente è stato alterato dall’azione dell’uomo: in antico doveva essere caratterizzato da una laguna protetta da isole, con un’ampia zona boschiva verso terra e insediamenti di vario genere lungo o in prossimità delle acque dolci e salate: luoghi di culto, residenze e centri produttivi, forse un'ampia zona termale e soprattutto, approdi di servizio alle singole ville ed uno o piu complessi propriamente portuali. Dopo il Lacus Timavi aveva inizio un tratto di costa alta, sicuramente meno ospitale ma non privo di risorse: nella zona era fiorente l’ estrazione della pietra – che continua ancora oggi nelle cave di Aurisina – e a questo tipo di attività erano probabilmente collegate alcune delle ville individuate sul ciglione carsico. Probabilmente, visto dal mare, questo paesaggio non doveva essere molto diverso dall’attuale: ville su più livelli, basse e seminascoste tra la vegetazione, con piccoli approdi, la cui forma, tipica dei tratti di costa rettilinei - con un molo a U o a “Γ” e, talvolta, con un secondo braccio minore per ridurre l’imboccatura - è stata replicata dai mandracchi di età moderna (Cedas, S. Croce, Filtri, Canovella, ecc.). Gli insediamenti di questo comprensorio potrebbero essere riferiti alla tipologia della villa suburbana: si tratterebbe di proprietà di famiglie che nel centro urbano avevano interessi politici e amministrativi e avevano così la possibilità di conciliare otium e negotium; i piccoli approdi/imbarcaderi erano destinati forse, come gli attuali, all’attracco delle imbarcazioni che facevano la spola con Tergeste, per il trasporto di uomini e rifornimenti. Nel territorio muggesano la conformazione del paesaggio è molto più duttile e disponibile allo sfruttamento delle risorse agricole. L’olivocultura è anche oggi una voce produttiva importante Sono chiaramente evidenti – grazie alla documentazione archeologica miracolosamente conservatasi - due nuclei a vocazione marittima: uno alla foce dell’Ospo, l’altro nell’insenatura di S. Bartolomeo; minore “visibilità” ha invece quello che, secondo Kandler e Degrassi, doveva coincidere con il porto cittadino, l’attuale piazza di Muggia L’epineion dell’Ospo mostra stanziamenti portuali alla foce ed una serie di insediamenti che probabilmente usavano la via fluviale, originariamente più spostata a nord. La baia di S. Bartolomeo, delimitata dai due avancorpi di Punta Sottile e Punta Grossa, è lo scenario emblematico di questo progetto: attualmente è “tagliata” in due da un confine, ma in antico rappresentava un comparto unitario, con una serie di presenze lungo la riva e nella fascia immediatamente retrostante. A Punta Sottile, nella parte più interna dell’insenatura e a Punta Grossa sono state indagati, nel corso del Progetto “AltoAdriatico”, piccoli moli di servizio alle ville retrostanti, segnalati in anni recenti, poderose strutture di attracco e peschiere. Tutte queste evidenze sommerse erano sicuramente in relazione con edifici sulla riva, di cui si vedevano tracce fino a qualche decennio fa. Attività estrattiva e sfruttamento delle risorse agricole e marittime dovevano caratterizzare questo comprensorio, che si distingue per ricchezza ed entità del suo patrimonio storico-archeologico.

Terre di mare: paesaggi costieri dal Timavo alla penisola muggesana

AURIEMMA, Rita;
2012-01-01

Abstract

Il contributo descrive i risultati della ricerca triennale di archeologia dei paesaggi costieri condotta nell'ambito del progetto Interreg Italia-Slovenia IIIA "AltoAdriatico", che ha preso in esame la fascia costiera dalle Foci del Timavo e Pirano, con l’obiettivo di rileggere forme, modalità e fasi del popolamento antico e ridisegnare la fisionomia che questo comprensorio unitario mostrava in antico. Per quanto riguarda il territorio italiano, pur nell’evidente organicità, si notano alcuni settori che presentano caratteristiche peculiari. Il più orientale, coincidente con il lacus Timavi, è forse quello che più violentemente è stato alterato dall’azione dell’uomo: in antico doveva essere caratterizzato da una laguna protetta da isole, con un’ampia zona boschiva verso terra e insediamenti di vario genere lungo o in prossimità delle acque dolci e salate: luoghi di culto, residenze e centri produttivi, forse un'ampia zona termale e soprattutto, approdi di servizio alle singole ville ed uno o piu complessi propriamente portuali. Dopo il Lacus Timavi aveva inizio un tratto di costa alta, sicuramente meno ospitale ma non privo di risorse: nella zona era fiorente l’ estrazione della pietra – che continua ancora oggi nelle cave di Aurisina – e a questo tipo di attività erano probabilmente collegate alcune delle ville individuate sul ciglione carsico. Probabilmente, visto dal mare, questo paesaggio non doveva essere molto diverso dall’attuale: ville su più livelli, basse e seminascoste tra la vegetazione, con piccoli approdi, la cui forma, tipica dei tratti di costa rettilinei - con un molo a U o a “Γ” e, talvolta, con un secondo braccio minore per ridurre l’imboccatura - è stata replicata dai mandracchi di età moderna (Cedas, S. Croce, Filtri, Canovella, ecc.). Gli insediamenti di questo comprensorio potrebbero essere riferiti alla tipologia della villa suburbana: si tratterebbe di proprietà di famiglie che nel centro urbano avevano interessi politici e amministrativi e avevano così la possibilità di conciliare otium e negotium; i piccoli approdi/imbarcaderi erano destinati forse, come gli attuali, all’attracco delle imbarcazioni che facevano la spola con Tergeste, per il trasporto di uomini e rifornimenti. Nel territorio muggesano la conformazione del paesaggio è molto più duttile e disponibile allo sfruttamento delle risorse agricole. L’olivocultura è anche oggi una voce produttiva importante Sono chiaramente evidenti – grazie alla documentazione archeologica miracolosamente conservatasi - due nuclei a vocazione marittima: uno alla foce dell’Ospo, l’altro nell’insenatura di S. Bartolomeo; minore “visibilità” ha invece quello che, secondo Kandler e Degrassi, doveva coincidere con il porto cittadino, l’attuale piazza di Muggia L’epineion dell’Ospo mostra stanziamenti portuali alla foce ed una serie di insediamenti che probabilmente usavano la via fluviale, originariamente più spostata a nord. La baia di S. Bartolomeo, delimitata dai due avancorpi di Punta Sottile e Punta Grossa, è lo scenario emblematico di questo progetto: attualmente è “tagliata” in due da un confine, ma in antico rappresentava un comparto unitario, con una serie di presenze lungo la riva e nella fascia immediatamente retrostante. A Punta Sottile, nella parte più interna dell’insenatura e a Punta Grossa sono state indagati, nel corso del Progetto “AltoAdriatico”, piccoli moli di servizio alle ville retrostanti, segnalati in anni recenti, poderose strutture di attracco e peschiere. Tutte queste evidenze sommerse erano sicuramente in relazione con edifici sulla riva, di cui si vedevano tracce fino a qualche decennio fa. Attività estrattiva e sfruttamento delle risorse agricole e marittime dovevano caratterizzare questo comprensorio, che si distingue per ricchezza ed entità del suo patrimonio storico-archeologico.
2012
9788896940815
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11587/120089
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