Stimolo per questo lavoro è stato il reperimento di materiale documentario nell’Archivio storico dello Stato Maggiore dell’Esercito italiano relativamente ad una “questione valacca”, in particolare di un Memorandum del popolo valacco al popolo italiano trasmesso nel 1918 al ministro degli esteri Sonnino e redatto da un comitato di azione nazionale valacco. Alla fine del primo conflitto mondiale, nel periodo che precede la delicata fase delle trattative di pace e gli accordi internazionali che saranno ispirati all’affermazione e al riconoscimento dei diritti di nazionalità proclamati nei quattordici punti del presidente americano Wilson, fra i popoli che, incoraggiati da questo clima, chiedevano il riconoscimento dell’esistenza della propria nazionalità si inseriva il popolo valacco del sud. Si trattava di quella parte del popolo romeno che si definiva ‘aromeno’ o valacco e che, discendente dai coloni romani che avevano popolato l’area geografica della Dacia nella Penisola Balcanica, le spinte slave del VI secolo avevano successivamente separato dai romeni del Nord del Danubio. Sottoposte nei secoli a ripetuti tentativi di ellenizzazione da parte dei vicini greci (e del relativo clero ortodosso) queste popolazioni avevano tentato di opporsi e di conservare la propria identità nazionale. In questo contesto, essendo rimasta irrisolta dopo le guerre balcaniche la questione dell’attribuzione delle regioni abitate da queste popolazioni alla Grecia o all’Albania, ambienti militari italiani avanzavano interessanti proposte di soluzione sollecitando il governo italiano a farsi garante, assieme al governo romeno, da una parte del rispetto dei diritti di quelle popolazioni e dall’altra di un assetto territoriale che tutelasse gli interessi italiani in queste terre. In più, però, il Memorandum dava voce ai nazionalisti valacchi e puntava ad ottenere un ulteriore coinvolgimento italiano non solo al fine di una collaborazione italo-romena, ma richiedendo espressamente una protezione esclusiva da parte dell’Italia di fronte ai mai cessati tentativi di ellenizzazione. E ciò veniva fatto in virtù di una proclamata latinità che mirava a sottolineare le comuni origini romane dei due popoli e la volontà di ricongiungersi al Seggio del Pontefice romano al fine di creare un clero valacco indipendente sia da quello greco che da quello romeno e bulgaro (sulla scia di quanto proposto nella seconda metà dell’Ottocento da Apostol Mărgărit). Si chiedeva in sostanza che l’Italia si facesse custode e garante, sulla base di questa unione sul terreno religioso, dell’avvenire dei valacchi uniti a Roma, facendosi portavoce, al Congresso della Pace, del diritto di nazionalità del popolo valacco.

"Les valaques constituent l'héritage colonial légitime de Rome éternelle": la 'via' romana a difesa dell'identità nazionale valacca.

PELLEGRINO, MANUELA
2004-01-01

Abstract

Stimolo per questo lavoro è stato il reperimento di materiale documentario nell’Archivio storico dello Stato Maggiore dell’Esercito italiano relativamente ad una “questione valacca”, in particolare di un Memorandum del popolo valacco al popolo italiano trasmesso nel 1918 al ministro degli esteri Sonnino e redatto da un comitato di azione nazionale valacco. Alla fine del primo conflitto mondiale, nel periodo che precede la delicata fase delle trattative di pace e gli accordi internazionali che saranno ispirati all’affermazione e al riconoscimento dei diritti di nazionalità proclamati nei quattordici punti del presidente americano Wilson, fra i popoli che, incoraggiati da questo clima, chiedevano il riconoscimento dell’esistenza della propria nazionalità si inseriva il popolo valacco del sud. Si trattava di quella parte del popolo romeno che si definiva ‘aromeno’ o valacco e che, discendente dai coloni romani che avevano popolato l’area geografica della Dacia nella Penisola Balcanica, le spinte slave del VI secolo avevano successivamente separato dai romeni del Nord del Danubio. Sottoposte nei secoli a ripetuti tentativi di ellenizzazione da parte dei vicini greci (e del relativo clero ortodosso) queste popolazioni avevano tentato di opporsi e di conservare la propria identità nazionale. In questo contesto, essendo rimasta irrisolta dopo le guerre balcaniche la questione dell’attribuzione delle regioni abitate da queste popolazioni alla Grecia o all’Albania, ambienti militari italiani avanzavano interessanti proposte di soluzione sollecitando il governo italiano a farsi garante, assieme al governo romeno, da una parte del rispetto dei diritti di quelle popolazioni e dall’altra di un assetto territoriale che tutelasse gli interessi italiani in queste terre. In più, però, il Memorandum dava voce ai nazionalisti valacchi e puntava ad ottenere un ulteriore coinvolgimento italiano non solo al fine di una collaborazione italo-romena, ma richiedendo espressamente una protezione esclusiva da parte dell’Italia di fronte ai mai cessati tentativi di ellenizzazione. E ciò veniva fatto in virtù di una proclamata latinità che mirava a sottolineare le comuni origini romane dei due popoli e la volontà di ricongiungersi al Seggio del Pontefice romano al fine di creare un clero valacco indipendente sia da quello greco che da quello romeno e bulgaro (sulla scia di quanto proposto nella seconda metà dell’Ottocento da Apostol Mărgărit). Si chiedeva in sostanza che l’Italia si facesse custode e garante, sulla base di questa unione sul terreno religioso, dell’avvenire dei valacchi uniti a Roma, facendosi portavoce, al Congresso della Pace, del diritto di nazionalità del popolo valacco.
File in questo prodotto:
Non ci sono file associati a questo prodotto.

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11587/119678
 Attenzione

Attenzione! I dati visualizzati non sono stati sottoposti a validazione da parte dell'ateneo

Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact