Il 1917 segna il crollo definitivo dell’Impero russo e vede acuirsi le questioni relative all’indipendenza delle diverse realtà nazionali un tempo comprese nel dominio zarista. Quella dell’Ucraina è una situazione particolarmente delicata: i suoi territori, al confine tra Europa occidentale e orientale, diventano infatti oggetto di una violenta contesa fra Russia bolscevica e Polonia, mentre forti spinte indipendentiste mirano ad ottenere il riconoscimento dell’autonomia nazionale. La comunità internazionale è tanto più coinvolta in quanto interessata non solo a frenare il dilagare del bolscevismo, proprio attraverso i territori ucraini, ma anche a salvaguardare e gestire i propri interessi economici nel granaio d’Europa. In questo contesto si inserisce la voce degli ufficiali italiani di stanza in Russia e Polonia tra il 1917 e il 1920 – anni che circoscrivono il periodo relativo alle ricerche svolte presso l’Archivio dell’Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito e coadiuvate da una ricerca bibliografica condotta presso l’Oost-Europa Institut della Facoltà di studi dell’Europa orientale dell’Università di Amsterdam e il Pontificio Istituto Orientale di Roma. Attraverso la ricca documentazione archivistica si è cercato di analizzare il particolare punto di vista di chi ha vissuto da vicino l’esperienza di quegli anni e ha tentato di cogliere le diverse sfumature di un conflitto interno doloroso e cruento. Dopo aver ricostruito il contrasto plurisecolare tra Russia e Ucraina (nel quale si è andata inserendo anche la Polonia) per il possesso delle terre considerate “culla” della civiltà slava, sono stati di volta in volta esaminati, attraverso la documentazione selezionata, i rapporti dell’Ucraina rivoluzionaria non solo con Russia e Polonia ma anche con le potenze europee preoccupate per il destino delle regioni più orientali d’Europa, per poi terminare con una disamina di come veniva effettivamente percepita dagli ufficiali italiani la realtà “geografica” ucraina e quali fossero le soluzioni auspicate per pacificare e tenere sotto controllo quelle terre. Nel ricostruire tali soluzioni emerge come l’analisi fornita dagli ufficiali italiani vada letta alla luce di una ben precisa linea interpretativa che individua il nemico in assoluto nel bolscevismo, di cui si teme il dilagare in Europa “fino alle sponde dell’Adriatico”. Le strategie faticosamente individuate dagli ufficiali italiani lungo lo snodarsi complesso e tortuoso degli avvenimenti mirano quindi a considerare con particolare attenzione la nascita delle diverse nazioni quale baluardo, dopo il crollo della Russia una e indivisibile, per contrastare l’avanzata bolscevica. Nel caos generato dall’anarchia l’Ucraina assume allora un ruolo di primaria importanza, poiché lì si decide la sorte di tutta la Russia e si giocano pure gli interessi economici degli Imperi centrali e delle Potenze alleate (interessi dai quali l’Italia - secondo i suggerimenti degli ufficiali delle due Missioni militari - non doveva escludersi). La ricerca punta a mostrare come le strategie messe a fuoco negli ambienti militari italiani e il giudizio sulla consistenza nazionale dell’Ucraina subiscano, già agli inizi del 1918, un radicale cambiamento, probabilmente attribuibile al “tradimento” dell’Ucraina maturatosi con la firma della “pace del pane”. Col 1920 tra gli ufficiali italiani trova infatti sempre maggior seguito la linea polacca ostile al riconoscimento non solo di uno Stato repubblicano ucraino ma della stessa nazione ucraina. Seguendo tale linea la negazione della specificità ucraina, definita “creazione artificiosa” della politica asburgica, genera significativi consensi alla luce di un netto rifiuto del bolscevismo, ovvero di quel temibile nemico che si sarebbe potuto insinuare attraverso il “cuneo”, la “porta aperta” dell’Ucraina occidentale se questa, anziché essere attribuita alla Polonia, fosse stata riconosciuta Stato autonomo e indipendente.

Ucraina: "invenzione geografica" o "Stato sovrano"? La rivoluzione del 1917 nella documentazione militare italiana.

PELLEGRINO, MANUELA
2006-01-01

Abstract

Il 1917 segna il crollo definitivo dell’Impero russo e vede acuirsi le questioni relative all’indipendenza delle diverse realtà nazionali un tempo comprese nel dominio zarista. Quella dell’Ucraina è una situazione particolarmente delicata: i suoi territori, al confine tra Europa occidentale e orientale, diventano infatti oggetto di una violenta contesa fra Russia bolscevica e Polonia, mentre forti spinte indipendentiste mirano ad ottenere il riconoscimento dell’autonomia nazionale. La comunità internazionale è tanto più coinvolta in quanto interessata non solo a frenare il dilagare del bolscevismo, proprio attraverso i territori ucraini, ma anche a salvaguardare e gestire i propri interessi economici nel granaio d’Europa. In questo contesto si inserisce la voce degli ufficiali italiani di stanza in Russia e Polonia tra il 1917 e il 1920 – anni che circoscrivono il periodo relativo alle ricerche svolte presso l’Archivio dell’Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito e coadiuvate da una ricerca bibliografica condotta presso l’Oost-Europa Institut della Facoltà di studi dell’Europa orientale dell’Università di Amsterdam e il Pontificio Istituto Orientale di Roma. Attraverso la ricca documentazione archivistica si è cercato di analizzare il particolare punto di vista di chi ha vissuto da vicino l’esperienza di quegli anni e ha tentato di cogliere le diverse sfumature di un conflitto interno doloroso e cruento. Dopo aver ricostruito il contrasto plurisecolare tra Russia e Ucraina (nel quale si è andata inserendo anche la Polonia) per il possesso delle terre considerate “culla” della civiltà slava, sono stati di volta in volta esaminati, attraverso la documentazione selezionata, i rapporti dell’Ucraina rivoluzionaria non solo con Russia e Polonia ma anche con le potenze europee preoccupate per il destino delle regioni più orientali d’Europa, per poi terminare con una disamina di come veniva effettivamente percepita dagli ufficiali italiani la realtà “geografica” ucraina e quali fossero le soluzioni auspicate per pacificare e tenere sotto controllo quelle terre. Nel ricostruire tali soluzioni emerge come l’analisi fornita dagli ufficiali italiani vada letta alla luce di una ben precisa linea interpretativa che individua il nemico in assoluto nel bolscevismo, di cui si teme il dilagare in Europa “fino alle sponde dell’Adriatico”. Le strategie faticosamente individuate dagli ufficiali italiani lungo lo snodarsi complesso e tortuoso degli avvenimenti mirano quindi a considerare con particolare attenzione la nascita delle diverse nazioni quale baluardo, dopo il crollo della Russia una e indivisibile, per contrastare l’avanzata bolscevica. Nel caos generato dall’anarchia l’Ucraina assume allora un ruolo di primaria importanza, poiché lì si decide la sorte di tutta la Russia e si giocano pure gli interessi economici degli Imperi centrali e delle Potenze alleate (interessi dai quali l’Italia - secondo i suggerimenti degli ufficiali delle due Missioni militari - non doveva escludersi). La ricerca punta a mostrare come le strategie messe a fuoco negli ambienti militari italiani e il giudizio sulla consistenza nazionale dell’Ucraina subiscano, già agli inizi del 1918, un radicale cambiamento, probabilmente attribuibile al “tradimento” dell’Ucraina maturatosi con la firma della “pace del pane”. Col 1920 tra gli ufficiali italiani trova infatti sempre maggior seguito la linea polacca ostile al riconoscimento non solo di uno Stato repubblicano ucraino ma della stessa nazione ucraina. Seguendo tale linea la negazione della specificità ucraina, definita “creazione artificiosa” della politica asburgica, genera significativi consensi alla luce di un netto rifiuto del bolscevismo, ovvero di quel temibile nemico che si sarebbe potuto insinuare attraverso il “cuneo”, la “porta aperta” dell’Ucraina occidentale se questa, anziché essere attribuita alla Polonia, fosse stata riconosciuta Stato autonomo e indipendente.
2006
8887940681
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11587/116282
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