La rappresentanza politica deve prima di tutto favorire la raffigurazione delle diversità politiche presenti nella società o assicurare una migliore efficacia nell’azione di governo? Il volume ripercorre la storia della rappresentanza politica in Italia dagli ultimi decenni del XIX secolo fino ai primi anni del regime fascista. Dopo un’analisi del concetto di “rappresentanza” nell’Ottocento, con particolare riferimento al caso italiano ed alla riforma elettorale del 1882, l’Autore si sofferma sul periodo post-bellico che va dal 1919 al 1923, quando la crisi di rappresentatività dello Stato venutasi a creare in seguito ai mutamenti determinati dalla guerra accese il dibattito sulle riforme istituzionali. Dalle principali riviste politiche dell’epoca emergono i termini di un confronto che si sviluppa dapprima intorno all’introduzione della proporzionale (1919), poi della legge Acerbo del 1923. Maturata in tempi stranamente brevi, quest’ultima (che per paradosso ricalcava un analogo progetto presentato qualche anno prima dal socialista Matteotti) segnò un punto di rottura netto con le precedenti leggi elettorali del periodo liberale e fu pensata nella prospettiva di favorire il radicamento e la legittimazione parlamentare del movimento mussoliniano, costituendo un passaggio fondamentale per l’impianto dello Stato fascista.

Tra decidere e rappresentare. La rappresentanza politica dal XIX secolo alla Legge Acerbo

PELLICCIARI, Igor
2004-01-01

Abstract

La rappresentanza politica deve prima di tutto favorire la raffigurazione delle diversità politiche presenti nella società o assicurare una migliore efficacia nell’azione di governo? Il volume ripercorre la storia della rappresentanza politica in Italia dagli ultimi decenni del XIX secolo fino ai primi anni del regime fascista. Dopo un’analisi del concetto di “rappresentanza” nell’Ottocento, con particolare riferimento al caso italiano ed alla riforma elettorale del 1882, l’Autore si sofferma sul periodo post-bellico che va dal 1919 al 1923, quando la crisi di rappresentatività dello Stato venutasi a creare in seguito ai mutamenti determinati dalla guerra accese il dibattito sulle riforme istituzionali. Dalle principali riviste politiche dell’epoca emergono i termini di un confronto che si sviluppa dapprima intorno all’introduzione della proporzionale (1919), poi della legge Acerbo del 1923. Maturata in tempi stranamente brevi, quest’ultima (che per paradosso ricalcava un analogo progetto presentato qualche anno prima dal socialista Matteotti) segnò un punto di rottura netto con le precedenti leggi elettorali del periodo liberale e fu pensata nella prospettiva di favorire il radicamento e la legittimazione parlamentare del movimento mussoliniano, costituendo un passaggio fondamentale per l’impianto dello Stato fascista.
2004
8849809069
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