Le cause di attardamento del Mezzogiorno sono storiche, politiche e culturali e sono da rinvenirsi nella persistenza, in una sostanziale sfiducia nei meccanismi della partecipazione e della democrazia, anche per via del ruolo giocato da sempre da un clientelismo opprimente, basato su una logica familistica, che ha portato all’occupazione/perversione dell’amministrazione pubblica, incapace di pervenire ad una visione sufficientemente generale delle questioni. Logica familistica significa che le organizzazioni sono letteralmente colonizzate, sicché ruoli, competenze e funzioni vengono gestiti secondo logiche che subordinano l’amministrazione al potere, al consenso, alle parentele e alle affiliazioni. Le organizzazioni si strutturano in tal modo come reti di inclusione/esclusione. Risulta allora prioritario un impegno volto alla ricostruzione della cultura affinché le virtù civiche finalmente attecchiscano e la politica assuma il senso che le è più consono: di partecipazioni alla res publica, avvertita come qualcosa che è al di là dei nostri più prossimi interessi, ma nello stesso tempo come l’unica cosa della quale valga occuparsi per dare una prospettiva reale ai nostri più prossimi interessi. L’industrializzazione del Mezzogiorno all’indomani del secondo dopoguerra si dimostrò del tutto inadeguata a produrre quei cambiamenti culturali di cui il Sud avrebbe necessitato; anzi senza risolvere le antiche problematiche ne produsse di nuove disarticolando, anche a causa dei fenomeni migratori generati dall’abbandono delle campagne conseguente ad un disinteresse del mondo politico verso il mondo contadino a favore d’un industrialismo acritico e facilone, il tessuto sociale e producendo ancora maggiore vulnerabilità delle fasce sociali più deboli, completamente espropriate di ogni più minima autonomia dai servizi di uno Stato sociale elargiti con discrezionalità finalizzata a produrre servilismo cinicamente utilizzato dai potenti di turno sul mercato della politica nazionale.

Postfazione

COLAZZO, Salvatore
2008-01-01

Abstract

Le cause di attardamento del Mezzogiorno sono storiche, politiche e culturali e sono da rinvenirsi nella persistenza, in una sostanziale sfiducia nei meccanismi della partecipazione e della democrazia, anche per via del ruolo giocato da sempre da un clientelismo opprimente, basato su una logica familistica, che ha portato all’occupazione/perversione dell’amministrazione pubblica, incapace di pervenire ad una visione sufficientemente generale delle questioni. Logica familistica significa che le organizzazioni sono letteralmente colonizzate, sicché ruoli, competenze e funzioni vengono gestiti secondo logiche che subordinano l’amministrazione al potere, al consenso, alle parentele e alle affiliazioni. Le organizzazioni si strutturano in tal modo come reti di inclusione/esclusione. Risulta allora prioritario un impegno volto alla ricostruzione della cultura affinché le virtù civiche finalmente attecchiscano e la politica assuma il senso che le è più consono: di partecipazioni alla res publica, avvertita come qualcosa che è al di là dei nostri più prossimi interessi, ma nello stesso tempo come l’unica cosa della quale valga occuparsi per dare una prospettiva reale ai nostri più prossimi interessi. L’industrializzazione del Mezzogiorno all’indomani del secondo dopoguerra si dimostrò del tutto inadeguata a produrre quei cambiamenti culturali di cui il Sud avrebbe necessitato; anzi senza risolvere le antiche problematiche ne produsse di nuove disarticolando, anche a causa dei fenomeni migratori generati dall’abbandono delle campagne conseguente ad un disinteresse del mondo politico verso il mondo contadino a favore d’un industrialismo acritico e facilone, il tessuto sociale e producendo ancora maggiore vulnerabilità delle fasce sociali più deboli, completamente espropriate di ogni più minima autonomia dai servizi di uno Stato sociale elargiti con discrezionalità finalizzata a produrre servilismo cinicamente utilizzato dai potenti di turno sul mercato della politica nazionale.
2008
9788884061034
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