Il problema dei rapporti tra Stato e Chiesa nel Regno di Napoli si presentava, nella prima metà del Settecento, in forma più grave che in qualsiasi altro Stato italiano. Non solo il clero era molto numeroso e godeva, come del resto negli altri Stati, di amplissimi privilegi fiscali e giudiziari, non solo la proprietà ecclesiastica era estesissima, ma avveniva anche che una parte notevole delle rendite ecclesiastiche andasse annualmente fuori dello Stato. Il contributo del Regno alla fiscalità pontificia oscillava tra il milione e mezzo e i due milioni di ducati annui; inoltre la chiesa meridionale era anche l’unica nella penisola a godere della totale immunità dai carichi fiscali ordinari dello Stato. Il Regno di Napoli, insomma, poteva a ben ragione essere inserito al primo posto in quel “paradiso dei monaci” che era l’Italia agli occhi del Montesquieu. Il saggio prende in esame le vicende del patrimonio della Chiesa (in particolare quello terriero) dal riformismo settecentesco alla liquidazione postunitaria. Un'analisi di lungo periodo permette di comprendere meglio la reale portata delle varie fasi del processo di smantellamento delle proprietà ecclesiastiche, mettendo in evidenza dinamiche politiche e conseguenze economico-sociali che altrimenti rischiano di rimanere nascoste, se studiate in un contesto temporale limitato allo svolgersi di ciascuna.
La dissoluzione del patrimonio ecclesiastico nell’Italia meridionale (secoli XVIII – XIX)
MINECCIA, Francesco
2006-01-01
Abstract
Il problema dei rapporti tra Stato e Chiesa nel Regno di Napoli si presentava, nella prima metà del Settecento, in forma più grave che in qualsiasi altro Stato italiano. Non solo il clero era molto numeroso e godeva, come del resto negli altri Stati, di amplissimi privilegi fiscali e giudiziari, non solo la proprietà ecclesiastica era estesissima, ma avveniva anche che una parte notevole delle rendite ecclesiastiche andasse annualmente fuori dello Stato. Il contributo del Regno alla fiscalità pontificia oscillava tra il milione e mezzo e i due milioni di ducati annui; inoltre la chiesa meridionale era anche l’unica nella penisola a godere della totale immunità dai carichi fiscali ordinari dello Stato. Il Regno di Napoli, insomma, poteva a ben ragione essere inserito al primo posto in quel “paradiso dei monaci” che era l’Italia agli occhi del Montesquieu. Il saggio prende in esame le vicende del patrimonio della Chiesa (in particolare quello terriero) dal riformismo settecentesco alla liquidazione postunitaria. Un'analisi di lungo periodo permette di comprendere meglio la reale portata delle varie fasi del processo di smantellamento delle proprietà ecclesiastiche, mettendo in evidenza dinamiche politiche e conseguenze economico-sociali che altrimenti rischiano di rimanere nascoste, se studiate in un contesto temporale limitato allo svolgersi di ciascuna.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.