In anni recenti la riflessione storiografica ha dedicato una crescente attenzione al rapporto tra esercizio del potere e processi di produzione/gestione delle scritture, intese, queste ultime, come dei veri e propri strumenti di governo, in grado di garantire il corretto funzionamento dell’apparato amministrativo di regni, principati, repubbliche, comuni o signorie, più o meno estesi. Volgendo lo sguardo ai secoli XIV-XV, successivi alla cosiddetta e maggiormente indagata “rivoluzione delle scritture”, l’interazione tra pratica scrittoria e azione governativa rappresenta ormai una pista d’indagine imprescindibile per valutare il livello di maturità dei sistemi di governo, l’efficacia delle soluzioni amministrative adottate, l’incisività del potere regio e/o signorile, e per cogliere, al tempo stesso, i linguaggi politici adottati dai diversi protagonisti nella prassi quotidiana. La scrittura ha risposto alle necessità pratiche della governance, ha agevolato l’autorità pubblica nell’esercizio delle proprie funzioni, ha consentito di monitorare tutta una serie di attività chiave per la gestione del potere, come, ad esempio, l’esazione dei tributi, la riscossione dei proventi patrimoniali e giurisdizionali, il controllo del territorio o la rilevazione dei residenti. Nel corso del Quattrocento, il consolidamento delle istituzioni politiche che costituivano il sistema degli stati italiani tardomedievali ha fatto registrare un significativo incremento della produzione documentaria, nel Nord come nel Sud della penisola, sebbene le vicende legate alla gestione e alla conservazione della stessa abbiano seguito percorsi differenti a seconda dei contesti. Alla luce di ciò, ci si propone di indagare uno dei più importanti archivi signorili del Mezzogiorno quattrocentesco, l’archivio del principe di Taranto, Giovanni Antonio Orsini del Balzo, investito, nel tempo, da un vasto processo di dispersione – sul quale torneremo in seguito – che pesa fortemente sui tentativi di ricostruzione dell’originario stato di consistenza. Obiettivo del presente contributo non è quello di offrire una descrizione analitica della documentazione orsiniana superstite nel suo complesso, – un’operazione, questa, che comporterebbe una rassegna anche delle scritture, numericamente inferiori, accolte per varie ragioni in diversi archivi italiani ed esteri – , bensì quello di fare il punto sul nucleo più consistente di carte, provenienti dal principato di Taranto, confluito nel fondo della Regia Camera della Sommaria dell’Archivio di Stato di Napoli. Prima di procedere in questa direzione, può tuttavia tornare utile descrivere, brevemente, il quadro documentario nel suo insieme, precisando le differenti tipologie testuali cui fece ricorso l’apparato politico-amministrativo dei signori di Taranto

La signoria rurale nell'Italia del tardo medioevo. Archivi e poteri feudali nel Mezzogiorno (secoli XIV-XV)

luciana petracca
2021-01-01

Abstract

In anni recenti la riflessione storiografica ha dedicato una crescente attenzione al rapporto tra esercizio del potere e processi di produzione/gestione delle scritture, intese, queste ultime, come dei veri e propri strumenti di governo, in grado di garantire il corretto funzionamento dell’apparato amministrativo di regni, principati, repubbliche, comuni o signorie, più o meno estesi. Volgendo lo sguardo ai secoli XIV-XV, successivi alla cosiddetta e maggiormente indagata “rivoluzione delle scritture”, l’interazione tra pratica scrittoria e azione governativa rappresenta ormai una pista d’indagine imprescindibile per valutare il livello di maturità dei sistemi di governo, l’efficacia delle soluzioni amministrative adottate, l’incisività del potere regio e/o signorile, e per cogliere, al tempo stesso, i linguaggi politici adottati dai diversi protagonisti nella prassi quotidiana. La scrittura ha risposto alle necessità pratiche della governance, ha agevolato l’autorità pubblica nell’esercizio delle proprie funzioni, ha consentito di monitorare tutta una serie di attività chiave per la gestione del potere, come, ad esempio, l’esazione dei tributi, la riscossione dei proventi patrimoniali e giurisdizionali, il controllo del territorio o la rilevazione dei residenti. Nel corso del Quattrocento, il consolidamento delle istituzioni politiche che costituivano il sistema degli stati italiani tardomedievali ha fatto registrare un significativo incremento della produzione documentaria, nel Nord come nel Sud della penisola, sebbene le vicende legate alla gestione e alla conservazione della stessa abbiano seguito percorsi differenti a seconda dei contesti. Alla luce di ciò, ci si propone di indagare uno dei più importanti archivi signorili del Mezzogiorno quattrocentesco, l’archivio del principe di Taranto, Giovanni Antonio Orsini del Balzo, investito, nel tempo, da un vasto processo di dispersione – sul quale torneremo in seguito – che pesa fortemente sui tentativi di ricostruzione dell’originario stato di consistenza. Obiettivo del presente contributo non è quello di offrire una descrizione analitica della documentazione orsiniana superstite nel suo complesso, – un’operazione, questa, che comporterebbe una rassegna anche delle scritture, numericamente inferiori, accolte per varie ragioni in diversi archivi italiani ed esteri – , bensì quello di fare il punto sul nucleo più consistente di carte, provenienti dal principato di Taranto, confluito nel fondo della Regia Camera della Sommaria dell’Archivio di Stato di Napoli. Prima di procedere in questa direzione, può tuttavia tornare utile descrivere, brevemente, il quadro documentario nel suo insieme, precisando le differenti tipologie testuali cui fece ricorso l’apparato politico-amministrativo dei signori di Taranto
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