La radiofonia soffre di un’eccessiva frammentazione, per la presenza sia di micro-imprese, sia di tipologie di radio con ragioni sociali differenti: ciò ha comportato la proliferazione di associazioni imprenditoriali contrapposte. Sono nati perciò contratti diversificati, soprattutto relativamente al riconoscimento dei giornalisti come categoria in sé. Poiché i sindacati quasi non riescono a entrare nelle aziende, paradossalmente sperano in un cambiamento affidato all’avvento di nuove tecnologie o alla creazione di agenzie interinali ad hoc, soluzioni certo diverse, ma accomunate dall’essere al di fuori della contrattazione sindacale. Per chi lavora nelle radio, ancor prima del problema del precariato, c’è il problema del lavoro nero in molte radio commerciali, o non retribuito in quelle non commerciali. Per le radio comunitarie e politiche c’è carenza di finanziamenti, che tendono ad essere ulterior-mente tagliati, con il rischio della chiusura anche di radio locali che svolgono un servizio di informazione locale di buona qualità. C’è dunque un problema di insicurezza del lavoro, oltre che di basse retribuzioni, tranne che nelle strutture più grandi ed affermate: è il caso di un gruppo di radio locali romane che ha fatto una politica di stabilizzazione del personale (in cui abbiamo fatto diverse interviste). L’altro aspetto da considerare è l’organizzazione produttiva che può anche essere minimale: nelle radio piccole e medie si fa lavoro di squadra, spesso mescolando produzione e ricerca della pubblicità e/o facendo sì che chi conduce un programma curi anche la parte tecnica di messa in onda. Solo nelle radio più grandi, nazionali o che si ap-poggiano ad un network, c’è netta diversificazione delle figure produttive, con il vantaggio spesso, ma non sempre, di migliori retribuzioni.

Il mondo delle radio private

Fasano A.
;
2011-01-01

Abstract

La radiofonia soffre di un’eccessiva frammentazione, per la presenza sia di micro-imprese, sia di tipologie di radio con ragioni sociali differenti: ciò ha comportato la proliferazione di associazioni imprenditoriali contrapposte. Sono nati perciò contratti diversificati, soprattutto relativamente al riconoscimento dei giornalisti come categoria in sé. Poiché i sindacati quasi non riescono a entrare nelle aziende, paradossalmente sperano in un cambiamento affidato all’avvento di nuove tecnologie o alla creazione di agenzie interinali ad hoc, soluzioni certo diverse, ma accomunate dall’essere al di fuori della contrattazione sindacale. Per chi lavora nelle radio, ancor prima del problema del precariato, c’è il problema del lavoro nero in molte radio commerciali, o non retribuito in quelle non commerciali. Per le radio comunitarie e politiche c’è carenza di finanziamenti, che tendono ad essere ulterior-mente tagliati, con il rischio della chiusura anche di radio locali che svolgono un servizio di informazione locale di buona qualità. C’è dunque un problema di insicurezza del lavoro, oltre che di basse retribuzioni, tranne che nelle strutture più grandi ed affermate: è il caso di un gruppo di radio locali romane che ha fatto una politica di stabilizzazione del personale (in cui abbiamo fatto diverse interviste). L’altro aspetto da considerare è l’organizzazione produttiva che può anche essere minimale: nelle radio piccole e medie si fa lavoro di squadra, spesso mescolando produzione e ricerca della pubblicità e/o facendo sì che chi conduce un programma curi anche la parte tecnica di messa in onda. Solo nelle radio più grandi, nazionali o che si ap-poggiano ad un network, c’è netta diversificazione delle figure produttive, con il vantaggio spesso, ma non sempre, di migliori retribuzioni.
2011
978-88-568-3456-7
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