Il volume è frutto del ritrovamento del manoscritto autografo recante l'ultima produzione poetica del letterato novecentesco Nino Pinto. Nato a Lecce nel 1928, Pinto attese agli studi universitari a Firenze, dove conseguì la laurea in Lettere con Bruno Migliorini e Gianfranco Contini. Si spostò poi a Nancy, dove iniziò a collaborare al Trésor de la langue français, occupandosi degli italianismi nella lingua francese. Tornato dopo quattro anni in Toscana e presa dimora a Prato, lavorò all’impresa dell’Opera del Vocabolario italiano. La sua, dunque, fu una formazione prevalentemente linguistica, che trovò poi sbocco nella scrittura letteraria e segnatamente poetica. Al debutto (tardivo) nel 1999 con la raccolta di poesie Fiori di cera, egli giunse a stampare in vita ben 17 sillogi di versi, più un libretto teatrale e da ultimo due racconti, sempre per i tipi della casa editrice Genesi. La sua poesia si affida a soluzioni di corto respiro, che si reggono su misure decisamente brevi, sia di versi sia di strofe, che ricalcano gli schemi dell’epigrafe e dell’aforisma. Tra condensazione stilistica e profondità di pensiero oscilla il pendolo lirico di Pinto, con versi che riportano in superficie un intimo scenario di cupa sofferenza e di acuto disincanto. Il “ritorno” non simboleggia altro che la smania del recupero delle piccole gioie del passato, la vigorosa riappropriazione della libertà di azione, la tensione indomita verso l’appagamento dei palpiti d’amore, il desiderio smodato di rituffarsi nell’agone della vita, che per lui coincideva con la poesia. È un messaggio conclusivo, dunque, quello affidato ai versi de Il ritorno, di lotta e di radicamento alla vita, che consente di superare, e quindi anche di aggiornare, la cifra esclusiva del pessimismo esistenziale con cui ci si è accostati sinora alla poesia del colto e riservato (ma anche ironico e pronto alla battuta intelligente) scrittore di origini salentine. Permettendogli, peraltro, di sancire un vincolo ancor più saldo col prediletto modello leopardiano. Il libretto recuperato e sottratto all’oblio è dunque una sorta di testamento spirituale di Nino Pinto, un lascito etico-valoriale a uso dei suoi lettori, da intendere quale consuntivo di tutta un’esperienza creativa e quindi della sua visione del mondo. Le 191 poesie che si pubblicano per la prima volta figurano manoscritte all’interno di un quaderno a righi con anelli, custodito a Lecce presso la dimora natale di Nino Pinto. La trascrizione ha seguito un criterio conservativo, intervenendo unicamente in presenza di sviste e salti di lettere. Ritenendo utile dar conto della stratigrafia dei testi, e quindi delle scelte compiute dall’autore, si è deciso di registrare in nota le poesie soppresse.

Nino Pinto, Il Ritorno, a cura di Andrea Scardicchio

Andrea Scardicchio
2017-01-01

Abstract

Il volume è frutto del ritrovamento del manoscritto autografo recante l'ultima produzione poetica del letterato novecentesco Nino Pinto. Nato a Lecce nel 1928, Pinto attese agli studi universitari a Firenze, dove conseguì la laurea in Lettere con Bruno Migliorini e Gianfranco Contini. Si spostò poi a Nancy, dove iniziò a collaborare al Trésor de la langue français, occupandosi degli italianismi nella lingua francese. Tornato dopo quattro anni in Toscana e presa dimora a Prato, lavorò all’impresa dell’Opera del Vocabolario italiano. La sua, dunque, fu una formazione prevalentemente linguistica, che trovò poi sbocco nella scrittura letteraria e segnatamente poetica. Al debutto (tardivo) nel 1999 con la raccolta di poesie Fiori di cera, egli giunse a stampare in vita ben 17 sillogi di versi, più un libretto teatrale e da ultimo due racconti, sempre per i tipi della casa editrice Genesi. La sua poesia si affida a soluzioni di corto respiro, che si reggono su misure decisamente brevi, sia di versi sia di strofe, che ricalcano gli schemi dell’epigrafe e dell’aforisma. Tra condensazione stilistica e profondità di pensiero oscilla il pendolo lirico di Pinto, con versi che riportano in superficie un intimo scenario di cupa sofferenza e di acuto disincanto. Il “ritorno” non simboleggia altro che la smania del recupero delle piccole gioie del passato, la vigorosa riappropriazione della libertà di azione, la tensione indomita verso l’appagamento dei palpiti d’amore, il desiderio smodato di rituffarsi nell’agone della vita, che per lui coincideva con la poesia. È un messaggio conclusivo, dunque, quello affidato ai versi de Il ritorno, di lotta e di radicamento alla vita, che consente di superare, e quindi anche di aggiornare, la cifra esclusiva del pessimismo esistenziale con cui ci si è accostati sinora alla poesia del colto e riservato (ma anche ironico e pronto alla battuta intelligente) scrittore di origini salentine. Permettendogli, peraltro, di sancire un vincolo ancor più saldo col prediletto modello leopardiano. Il libretto recuperato e sottratto all’oblio è dunque una sorta di testamento spirituale di Nino Pinto, un lascito etico-valoriale a uso dei suoi lettori, da intendere quale consuntivo di tutta un’esperienza creativa e quindi della sua visione del mondo. Le 191 poesie che si pubblicano per la prima volta figurano manoscritte all’interno di un quaderno a righi con anelli, custodito a Lecce presso la dimora natale di Nino Pinto. La trascrizione ha seguito un criterio conservativo, intervenendo unicamente in presenza di sviste e salti di lettere. Ritenendo utile dar conto della stratigrafia dei testi, e quindi delle scelte compiute dall’autore, si è deciso di registrare in nota le poesie soppresse.
2017
9788874146376
File in questo prodotto:
Non ci sono file associati a questo prodotto.

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11587/415372
 Attenzione

Attenzione! I dati visualizzati non sono stati sottoposti a validazione da parte dell'ateneo

Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact